
Se il vostro cuore se ne fotte dei carcerati, almeno ragionate col bieco portafoglio
Nonostante la condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo, i tre maggiori leader impegnati nella campagna elettorale sembrano non voler affrontare il tema della situazione inumana delle carceri italiane. Una questione non secondaria, viste le ripetute condanne da parte di numerose corti europee e internazionali, che ora rischia di diventare anche un problema economico. Eppure, quella che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha definito una «mortificante conferma dell’incapacità del nostro Stato di garantire i diritti elementari» non sembra interessare né Pier Luigi Bersani né Mario Monti, i quali non hanno finora comunicato cosa faranno per risolvere il problema. E non dice nulla Silvio Berlusconi, che pure una settimana prima dell’ennesima condanna della corte di Strasburgo, si era espresso contro l’uso della carcerazione preventiva, che da sola è responsabile del 40 per cento della popolazione detenuta (record che arriva al doppio della media europea). In questo panorama, gli unici a tenere sotto osservazione il fenomeno rimangono i radicali e alcuni parlamentari sparsi nei più diversi partiti.
1 MILIARDO DI EURO IN RISARCIMENTI. Se l’Italia fosse condannata a pagare per la situazione in cui versano i quasi 70mila detenuti italiani sarebbe costretta a pagare 1 miliardo di euro. Una bella somma. Già 550 detenuti sono pronti a ricorrere alla corte di Strasburgo. «Forse per fare progressi», suggerisce Il Foglio, in un editoriale in terza pagina, «converrà d’ora in avanti appellarsi non più al cuore, alla pietas dovuta agli ultimi fra gli ultimi, ma al bieco portafoglio». «Al ritmo di 15 mila euro a testa, per indennizzare tutti i detenuti i cui diritti sono stati violati, occorrerà una finanziaria».
LA LETTERA DI DI ROSA (CSM). Giovanna Di Rosa, magistrato e componente del Consiglio superiore della magistratura, rivolge oggi un appello alle forze politiche, pubblicato sul Corriere della Sera, perché si stanzino fondi, tagliati dal governo Monti, per le misure alternative: «L’Europa – scrive – condanna l’italia per lo stato del carcere. E noi che facciamo? L’anno scorso ci sono state tante parole e nessun fatto. Anzi uno c’è stato: il provvedimento assunto in sede di approvazione della legge di Stabilità che ha eliminato il finanziamento, già minimo, della legge Smuraglia, che da anni consentiva sgravi fiscali e contributivi agli imprenditori che assumono detenuti ed ex detenuti. Per il 2013 la direttiva del ministero della Giustizia sul carcere non fa sperare meglio. È scritto, sì, che si devono migliorare le condizioni detentive e ultimare il piano di edilizia carceraria, ma come? La costruzione di nuove carceri è costosa e lunga. Sono passati tanti anni da quando se ne parla e niente è accaduto. La direttiva promette un miglioramento delle condizioni di vita in carcere anche con la formazione professionale e l’avviamento al lavoro, da ricercarsi con la collaborazione di altre istituzione e di enti locali. La mia esperienza di magistrato di sorveglianza mi dice però che questi enti e istituzioni non hanno denari. Figuriamoci dunque quale sarà la situazione ora, senza neppure interventi delle imprese private, per la crisi in atto. Se i detenuti e gli ex detenuti avranno meno lavoro, saranno ancora meno le misure alternative che il magistrato potrà concedere. Certo, la magistratura dovrà fare sempre di più la sua parte, perché non c’è un solo detenuto in carcere che non vi sia stato collocato da un magistrato, ma certo non potrà dare misure alternative senza lavoro. adoperiamoci allora, subito, per un ripensamento concreto a una vicenda insostenibile giuridicamente, politicamente, umanamente. Basta parole. Occorre fare».
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