«Se il Pd si diventerà un movimento alla M5s, non avrà un futuro facile»

Di Peppe Rinaldi
26 Febbraio 2023
Marcello Sorgi: «Con Bonaccini sapremmo cosa aspettarci, con Schlein non so cosa resterebbe in piedi. Ma il Pd ha ancora iscritti veri che non vogliono che il partito muoia»
Elly Schlein e Stefano Bonaccini
Elly Schlein e Stefano Bonaccini, i due candidati alla segreteria del Pd (fotomontaggio Ansa)

«Cosa sarebbe il Pd di Stefano Bonaccini in qualche modo lo sappiamo. Cosa, invece, sarebbe con Elly Schlein è da vedere». Marcello Sorgi, firma e volto noto del giornalismo italiano, va dritto al punto durante la chiacchierata con Tempi. Tema: la scelta, imminente, del nuovo capo della segreteria di ciò che un tempo fu il Partito comunista italiano e che oggi, appunto, non si sa bene cosa sia pur sapendo cosa sia stato sin qui. Ancora poche ore e si vedrà. Forse.

Che idea ti sei fatto di questa corsa alla segreteria e cosa immagini possa venir fuori dalle urne di domenica?

Partiamo dicendo che si tratta di una partita molto sofferta, in corso da sei mesi. Il voto dei gazebo arriva a valere sette, forse otto volte gli iscritti, se ricordi la prima volta furono tre milioni i partecipanti, poi un milione e mezzo, poi un milione e duecentomila, insomma hanno sempre superato il milione. Domenica potrebbe esserci cattivo tempo, possono esserci altri fattori che interferiscono con il voto, questo non possiamo saperlo ma lo vedremo a breve.

L’affluenza in pratica avrà un ruolo determinante?

Io non credo a questa idea che una maggiore affluenza favorisca Elly Schlein e una minore, invece, avvantaggi Bonaccini. Maggiore o minore l’affluenza, secondo me cambierà poco.

La partita è chiusa intendi?

Non saprei dirti sinceramente, io li ho incontrati tutti e due più volte, l’ultima proprio ieri sera [giovedì, nda] con il presidente emiliano. Va detto che hanno fatto entrambi l’impossibile per mobilitare al massimo il partito. Poi c’è da verificare tutta la partita dei dirigenti, perché è chiaro che c’è molto nervosismo, soprattutto nella sinistra interna che non vede di buon occhio una eventuale segreteria Bonaccini. Non credo arriveranno a fare la scissione, come da qualche parte si paventa: del resto, hanno appena fatto la ricomposizione, sarebbe molto strano cedere a una scissione.

Strano “perfino” per il Partito democratico?

Ma sì, tu immagina a quel punto cosa possa accadere. Ora non vedo queste condizioni.

Secondo te è la volta buona che questo partito riesca a darsi un assetto stabile oppure la strada è ancora lunga?

Io penso che davanti al nuovo o alla nuova segretaria del Pd ci sono innanzitutto le elezioni europee, che, come sai, sono le sole elezioni che non presentano il problema delle alleanze, delle coalizioni ed altro. Con un impegno amministrativo notevole il Pd potrebbe arrivare a confermare di essere il primo partito di opposizione. Le europee per i 5 stelle non sono mai una buona occasione elettorale, il proporzionale puro ha questo come tratto distintivo, qui correranno in solitaria anche i partiti piccoli anche se non spostano molto il complesso del risultato.

Ma questo vale per tutti.

Certo, io invece credo che sia molto interessante vedere cosa combineranno alle europee Renzi e Calenda, soprattutto Calenda: ha avuto un exploit a Roma con il 20 per cento, poi però di questo exploit non si sono più viste le tracce. Alle politiche il terzo polo è andato male, alle regionali pure.

Considerando merito e contenuti del dibattito tra i dem, pensi che questi saranno determinanti nella scelta del nuovo segretario oppure no? Cioè ci avviamo verso il famigerato “Partito radicale di massa” o verso quello della concretezza e del governo?

Sono le due identità del Pd e gli stessi candidati hanno identità molto diverse. Bonaccini è un classico rappresentante della vecchia scuola comunista, che è una scuola da non buttare via: certo, lui è una evoluzione della specie, un politico moderno, ha detto che la prima cosa che farà, se eletto, sarà incontrare Giorgia Meloni, che non significa fare opposizione debole. Insomma è un politico classico. Schlein è una movimentista, direi molto movimentista. È evidente che siano due anime diverse. Se vincesse Schlein, ovviamente, sarebbe una novità assoluta, un fatto clamoroso, in un certo senso travolgente.

E a quel punto?

A quel punto bisogna vedere cosa rimane in piedi del Pd, perché se diventa un movimento tipo M5s non avrà un futuro facile. Vedo un dato interessante però in questa partita elettorale tra i due.

Quale?

Centocinquantacinque mila votanti alle primarie riservate agli iscritti non sono un risultato da buttar via; se pensi che in quelle dei 5 stelle sono stati a volte 25 mila, a volte 30 mila, è una dato che fa una certa differenza.

Per non dire che si trattava pure di voti telematici nel caso dei grillini.

Infatti erano voti online, che è altra cosa: questi 155 mila del Pd sono invece iscritti veri, è gente che ha preso la tessera, che va a votare di persona, sono una forza concreta, sono persone che non vogliono che il partito muoia e non vogliono neanche che il partito diventi un movimento. Sono persone che appartengono al partito dei sindaci, degli amministratori, se vogliamo anche degli assessori, oltre a quella minima parte di collateralismo che è rimasta.

A chi ti riferisci, ai sindacati?

Una parte della Cgil è rimasta col Pd, perché una buona fetta pende per i 5 stelle. Penso poi alle Acli, all’Arci, eccetera. Quindi, diciamo che sono comunque 155 mila persone in carne e ossa, una base diffusa sul territorio e che conta. Per il resto è tutto da vedere. In buona sostanza cosa sarà il Pd di Bonaccini è abbastanza chiaro, cosa sarà il Pd di Schlein non si sa. Ad esempio: se si dovesse votare il settimo decreto di aiuti in armi all’Ucraina – il premier Meloni ha preso impegni con Zelensky in questo senso, quindi il problema potrebbe essere imminente – che farà il Pd a guida Schlein?

Bella domanda: l’ultima volta, dopo aver rilasciato molte interviste di segno contrario, alla fine alla Camera Schlein ha votato il sesto decreto. Ci fu l’ex segretaria della Cgil, Susanna Camusso, eletta come indipendente del Pd, che, insieme ad una collega, uscì dall’aula del Senato al momento del voto.

Infatti, stavo per dirti proprio questo. I “decreti armi”, peraltro, non sono mai troppo chiari. Che cosa voterebbe il Pd di Bonaccini, invece, lo sappiamo.

Dopo premesse e preamboli vari di qualche mozione e mille distinguo, li voterebbe certamente.

Sicuro, nella mozione ci sarebbe questo e quello, la pace, la negoziazione, la diplomazia da privilegiare eccetera, ma poi alla fine il suo Pd voterebbe a favore, come ha già fatto sinora. Cosa farebbe il partito di Schlein, ripeto, non lo sappiamo. Il Pd è un partito in crisi, lo sappiamo tutti, la partecipazione a undici anni di governi senza mai aver vinto le elezioni è stata un guasto profondo, però rimane un partito di governo, un partito spendibile, non ha avuto la stessa metamorfosi dei 5s.

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