“Se il Dalai Lama non è milanese è colpa di tutti. Tranne di Pisapia”. Merlo che stai a di’?

Di Redazione
22 Giugno 2012
Paradossale articolo su Repubblica di Francesco Merlo che riesce nell'incredibile operazione di scagionare il sindaco di Milano dalla mancata assegnazione dell'onorificenza al Dalai Lama.

Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha deciso di non conferire la cittadinanza onoraria al Dalai Lama dopo che il governo cinese ha minacciato di non partecipare a Expo 2015. Una figuraccia, di cui si è lamentata anche la comunità tibetana milanese (leggi qui l’intervista di tempi.it al presidente della comunità tibetana italiana Kalsang Dolker). Oggi su Repubblica, sotto il titolo “Milano, il no al Dalai Lama tra Pisapia e realpolitik”, Francesco Merlo firma un articolo in cui riesce nell’incredibile operazione di scagionare il sindaco di Milano, dando la colpa a tutti gli altri. Ve ne riproponiamo alcuni passaggi emblematici (i TITOLETTI sono nostri).

FACILE. Sarebbe stato più facile concedergli la cittadinanza che negargliela.

CORAGGIO. Ci vuole infatti coraggio a sfidare la forza dei luoghi comuni e non esibire con compiacimento il Dalai Lama come una medaglia al valore civile.

POSA PROVINCIALE. Perché questo sarebbe stata la cittadinanza onoraria di Milano al Dalai Lama: non un aiuto reale e realista alla sacrosanta battaglia del Tibet contro la Cina imperiale, ma una posa provinciale, inutile alla libertà dei tibetani, un ‘beau geste’ di buona coscienza municipalista.

ALL’UNANIMITA’, PENSATE. Hanno sbagliato dunque Pisapia e il consiglio comunale di Milano a proporre (all’unanimità, pensate) quella cittadinanza onoraria. Ed è ovvio che ritrovandosela ora, a ridosso dell’Expo, come polpetta avvelenata, il sindaco abbia scelto di non mangiarla perché, ha detto, «sarebbe un segnale di inimicizia verso il popolo cinese».

PURE A ME M’ERA VENUTO IL DUBBIO… Eppure persino noi, che non ci sentiamo cani di Pavlov, come prima reazione avevamo pensato all’ipocrisia della città più raffinata d’Italia che si fa schiava degli interessi economici.

…MA MI E’ SUBITO PASSATO. E’ facile banalità, insomma, dire che Milano, piegandosi al ricatto di Pechino, si priva del prestigio morale di diventare una città del Tibet, vale a dire una città autonoma dalla Cina, che, per la sua natura imperiale, non rispetta nessuna autonomia.

QUINDI: NON E’ COLPA DI PISAPIA. A Pisapia non è neppure applicabile quella realpolitik che, come un mal sottile dell’Occidente, ha costretto Obama a non incontrare il Dalai Lama a Washington, ha armato di riguardi filocinesi Cameron in Inghilterra, ha spinto Sarkozy ad affidare l’ingombrante ospite alla bella Carla in sciarpa bianca.

E’ SOLO UNA QUESTIONE DI AFFARI. Le pose, la demagogia di facciata, la scelta del celodurismo – sia pure in versione di sinistra – che sempre nascondono una debolezza sostanziale, gli avrebbero fatto perdere affari e flussi finanziari, e forse non ci sarebbe stato l’apporto della Cina alla scommessa dell’Expo che finalmente ‘espone’ Milano e la rimette in gioco.

E’ COLPA DI FORMIGONI, PENATI, BERLUSCONI. Come una scossa tellurica, l’Expo costringerà a rinascere o a morire la città devastata da Formigoni, Penati, Berlusconi e dal municipalismo separatista e corrotto della Lega.

E’ COLPA DELLA MORATTI. Ricorda l’ossessione austriacante dell’ex sindaco Moratti che voleva fare della sua Milano un matriarcato ‘law and order’ come l’Inghilterra della Thatcher.

E’ COLPA DI SGARBI. O ancora la smodatezza ossessiva dell’assessore-vate Vittorio Sgarbi che la voleva come la Fiume di D’ Annunzio.

E’ COLPA DEI PADANI. Prima ancora i barbari sognanti la volevano governata da un borgomastro, capitale della Padania con in testa il fermaglio di Lucia Mondello.

E’ COLPA DEI SOCIALISTI. E i socialisti la sognarono come paradiso degli yuppies, la Manhattan d’Europa.

ACCAREZZAMI ‘STO CUORE. Insomma tutti a Milano si sentono mortificati dai limiti stretti di un bilancio da amministrare, sia pure con l’ Expo, e dal compito ingrato di far pulire le strade, manutenzionare i giardini, difendere la città dagli scippatori, dagli automobilisti indisciplinati, e tutti attivano i canali internazionali di una propria immaginaria città-Stato. Adesso adesso tocca alle  fughe internazionaliste di Pisapia suonare infantili  e declamatorie. Anche se, per lo meno, queste accarezzano il cuore.

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3 commenti

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    Visto l’effetto che gli procura alla sua psiche, ma perché Merlo non cambia spacciatore?

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