Se aiutare le donne a non abortire è una «ideologia», aiutare solo le italiane non è razzismo?

Di Matteo Rigamonti
16 Aprile 2014
L'assessore alla Famiglia della Regione Lombardia vuole tagliare i fondi Nasko, escludendo, di fatto, le donne straniere. Le proteste del Cav Mangiagalli

Aiutare una donna a non abortire è un’ideologia? Ne è convinta l’assessore leghista alla Famiglia della Regione Lombardia, Cristina Cantù, secondo cui «non c’è correlazione tra il ricorso all’aborto e l’uso dei fondi Nasko», così come dimostrerebbe un dossier presentato ieri in giunta. Secondo l’assessore, come si legge oggi sul Corriere della Sera, non è giusto «bruciare milioni di euro in battaglie che sono solo ed esclusivamente rivolte al soddisfacimento di ideologie». Per questo Cantù vuole falcidiare la dotazione di fondi, riducendo a più della metà lo stanziamento di 4,2 milioni di euro inizialmente previsto dalla Regione e messo a bilancio preventivo, nero su bianco, nel luglio 2013. Nelle intenzioni dell’assessore leghista potrà accedervi chi ha una dichiarazione di reddito Isee inferiore a 7.700 euro (e non 12 mila come è ora) e risiede in Lombardia da almeno 5 anni (e non solo uno). Criteri che, di fatto, discriminerebbero molte delle madri che finora ne hanno beneficiato.

DISCRIMINATE LE STRANIERE. Poco importa se, come Cantù stessa ha sottolineato in giunta, negli ultimi quattro anni il numero di aborti in Lombardia è diminuito del 13 per cento a fronte di una riduzione in Italia pari all’11 per cento. A preoccupare Cantù è piuttosto il fatto che, come lei stessa ha più volte dichiarato, in Lombardia il 70 per cento delle 4.900 madri beneficiarie dei fondi Nasko sono straniere. Ed è proprio per questo motivo, più che per una presunta ma finora indimostrata antieconomicità del Nasko, che l’assessore è intenzionato a limitare la destinazione dei fondi ai soli residenti in Regione da 5 anni. «Un’operazione esclusivamente politica e propagandistica, apertamente razzista e contraria a tutte le Carte dei diritti riconosciute a livello internazionale, secondo cui non devono esserci distinzioni in base al colore della pelle», il commento del Comitato “Amici del Cav Mangiagalli”. Oltre che una «discriminazione chiaramente iniqua, che va contro la legge 194», aveva aggiunto Paola Bonzi, direttore del Centro di Aiuto alla Vita Mangiagalli.

UN BENE PER TUTTI. Il Cav Mangiagalli, che ha finora aiutato a nascere oltre 16.663 bambini, nel solo 2013 ha incontrato 1.107 donne al primo trimestre di gravidanza e ha attivato 341 progetti Nasko, assorbendo così il 40 per cento del totale dei fondi messi a disposizione dalla Regione. Ed è importante far notare che il Cav Mangiagalli non è in alcun modo sovvenzionato da queste risorse, che passano direttamente dalla Regione alle donne più bisognose. Di più, il Cav Mangiagalli, così come tutte le altre strutture che si appoggiano al progetto Nasko, offre gratuitamente un servizio alle donne per conto della Regione, senza essere in alcun modo remunerato, dando loro la possibilità di attivare la procedura per la fruizione del Nasko. Ma se i tagli dovessero essere confermati il Centro non potrà più garantire alle madri il sostegno materiale, spingendo molte di esse a non portare a termine la gravidanza. La decisione dell’assessore Cantù di dimezzare lo stanziamento previsto per il 2014 avrà come conseguenza che solo 80 donne potranno usufruire del sussidio, fa sapere Bonzi. Duecentosessantuno in meno.

@rigaz1

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1 commento

  1. carmela

    Io posso dire sno italiana 24 anni ho due figli e la mia seconda gravidanza ho deciso di portarla avanti solo grazie al fondo nasko un aiuto a parte economico ma ank concreto persone che ti aiutano così sono molto poco…. e perciò date una mano a queste associazioni e a far nascere questi bambini….

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