Invece di stupire perché sono sempre meno e sono sempre gli stessi, ecco che anche per un miserrimo centinaio di violenti goliardi scatta per l’ennesima infinita volta la qualifica di “studenti” e di “contestatori”. Eh già, in una giornata un po’ smortina di sciopero generale tutto politico, tutto contro il pendolare che lavora, tutto contro il Pil che si inabissa, per scrivere qualcosa sui giornaloni ci volevano i soliti fumogeni, i soliti petardi e i soliti video vigliacchetti per mostrare quanto carabinieri e polizia sono cattivi.
Cattivi? Ci vuole un bel coraggio a mettere in apertura della versione telematica di Repubblica notizie tipo «Bologna, botte ai contestatori del ministro Madia» o «Milano, cariche sugli studenti che portano “pacchi dono”». Già, “contestazione” sarebbero quattro grulli carburati che vorrebbero impedire a un ministro di parlare. E “studenti” sarebbero una pugnetta di barbuti travestiti da Babbo Natale con dietro un mazzetto di esagitati che tentano l’assalto al palazzo della Regione.
Ma, insomma, di chi fa casino si deve parlare comunque bene. Con rispetto. E magari anche con una punta di nostalgico ardore barricadero. Fa molto ggiovane trovare sempre belle parole per descrivere i violenti. Ed è molto chic spendere sempre ottimi insulti per forze dell’ordine che sono costrette a subire rigide misure di ingaggio. O meglio, costrette a farsi subissare dagli sputi e dalle provocazioni, dai petardi e dalle aggressioni, prima di reagire. Perché altrimenti trovi sempre il deficiente che ti incrimina per aver fatto il tuo dovere di difensore dell’ordine e della sicurezza altrui.
Il tutto a conferma di quanto ha scritto ieri Claudio Velardi sul Foglio: si tratti di un bel discorso del Presidente della Repubblica o di quattro hooligans elevati a “contestatori” e “studenti”, il notista 1.0 resta attaccato a formule trite e zuppetta di regime. Diventare un pochino adulti e sentirsi addosso un po’ di responsabilità, mai?