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«Presto arriveremo a Roma». Tutte le volte che l’Isis ha minacciato l’Italia e perché

La propaganda jihadista su Roma ha un preciso significato religioso e quindi di marketing, che si basa su una famosa frase attribuita a Maometto

Leone Grotti
30/06/2016 - 1:00
Esteri
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dabiq-islam-stato-islamico-home

«Presto arriveremo a Roma. La città simbolo dell’Occidente infedele. E da lì prenderemo tutta l’Europa, dalla Libia è facile. Per i cristiani e gli infedeli resteranno solo tre alternative: convertirsi all’Islam, pagare la tassa prevista della nostra legge religiosa se non intendono farlo, oppure venire uccisi». Lo ha sbandierato al Corriere della Sera Mahmud Ibrahim, che doveva farsi saltare in aria in Libia nel nome dello Stato islamico per uccidere il generale italiano Paolo Serra, l’inviato Onu Martin Kobler e il premier Fajez Serraj.

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«EUROPA SARÀ MUSULMANA». Prima di compiere l’attentato, Ibrahim è stato arrestato dai servizi segreti di Tripoli ed è stato intervistato nella loro sede centrale da Lorenzo Cremonesi. Il copione recitato dal kamikaze è quello sentito più volte, ad altre latitudini, da diversi jihadisti dell’Isis: «Faccio ciò che è giusto per la nostra religione. Morirò e andrò in paradiso, così è scritto, così vuole Dio e chiede il Corano. Io difendo la mia religione, il mio popolo. Presto tutta l’Europa sarà musulmana, presto arriveremo a Roma».

LA PRIMA MINACCIA. Non è la prima volta che l0 Stato islamico minaccia di conquistare la capitale dell’Italia. Il primo squillo di tromba è venuto dallo stesso “califfo” Abu Bakr al-Bahdadi in persona, nel luglio del 2014: «Il terrorismo significa credere in Allah, rivolgersi alla legge di Allah per essere giudicati. Terrorismo significa adorare Allah come Lui ha ordinato. (…) Solo insistendo su questa via, conquisteremo Roma e ci impadroniremo del mondo». Si tratta dell’ultimo grande discorso fatto dal comandante dello Stato islamico prima di essere bersagliato da bombardamenti e rintanarsi chissà dove.

LA BANDIERA IN SAN PIETRO. Il secondo avvertimento un mese dopo. Il portavoce dell’Isis, Abu Muhammed al-Adnani al-Shami, ha diffuso un audio con queste parole: «Con il permesso di Allah, conquisteremo Roma, spaccheremo le vostre croci e renderemo schiave le vostre donne. Questa è la promessa che Lui ci ha fatto (…) e Lui mantiene le promesse».
A ottobre, la minaccia è arrivata su carta, con la pubblicazione del quarto numero della rivista jihadista Dabiq. La copertina del numero, dal titolo “La crociata fallita”, mostrava con un fotomontaggio una bandiera nera che sventola sull’Obelisco di Piazza San Pietro. Con il termine “crociati”, i terroristi si riferiscono ai cristiani ma soprattutto agli occidentali in generale, colpevoli secondo loro di aver colpito e umiliato più volte nella storia il popolo musulmano.

«CONQUISTEREMO ROMA». Dopo tre mesi di silenzio, a febbraio i jihadisti sono tornati alla carica. Nel filmato che riprende i terroristi mentre sgozzano 21 cristiani egiziani in Libia, già dichiarati martiri, uno di loro afferma guardando la telecamera: «Siamo qui, siamo a sud di Roma. Conquisteremo Roma con la volontà di Dio, questa è la promessa del nostro Profeta». La promessa è stata ribadita di nuovo ad aprile 2015, «Tra sette mesi arriverà l’anticristo e Roma sarà saccheggiata», e a maggio 2016, quando in uno dei tanti filmati di propaganda un jihadista mascherato inneggia riferendosi agli attentati: «Se ieri è toccato a Parigi, oggi a Bruxelles, solo Allah sa dove accadrà domani. Forse a Londra, a Berlino o a Roma».

PROPAGANDA ESCATOLOGICA. Al momento non ci sono indicazioni su un attacco imminente da parte dell’Isis e la propaganda jihadista su Roma ha un preciso significato religioso e quindi di marketing, che si basa su un famoso hadith, cioè una frase (o un episodio) tradizionalmente attribuiti a Maometto: «Invaderete la Penisola arabica, e Allah vi darà la forza per conquistarla. Poi invaderete la Persia, e Allah vi darà la forza per conquistarla. Poi invaderete Roma, e Allah vi darà la forza per conquistarla. Quindi combatterete il Dajjal, e Allah vi darà la forza per sconfiggerlo».

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L’ANTICRISTO. Il Dajjal è una specie di Anticristo che comparirà quando ci sarà la fine del mondo. Lo Stato islamico dunque, quando dà voce ai suoi altisonanti annunci, segue una precisa escatologia. La battaglia contro i “crociati”, identificati con i cristiani e ora più in generale con gli occidentali che hanno preso parte alla coalizione guidata dall’America per «annientare» i jihadisti, è solo un passaggio intermedio. Seguendo l’escatologia fissata negli hadith, questa battaglia si combatterà a Dabiq, città nel nord della Siria, ma non sarà l’ultima.

GIUDIZIO UNIVERSALE. La battaglia finale prima del Giudizio universale, infatti, sarà contro gli ebrei. Dice un altro famoso hadith di Maometto: «La fine del mondo non arriverà fino a quando i musulmani non combatteranno e uccideranno gli ebrei; e gli ebrei si nasconderanno dietro ai sassi e agli alberi, e i sassi e gli alberi chiameranno: “O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me. Vieni e uccidilo”. Tranne l’albero di ghardaq, che è l’albero degli ebrei».

PRIMA L’ARABIA SAUDITA. Ecco perché per gli uomini di Al-Baghdadi è così importante esclamare: «Siamo a sud di Roma». Questo è un messaggio per tutti i suoi seguaci e non solo, un segnale che il califfo sta compiendo la storia scritta nella tradizione islamica. Secondo il percorso originale, in realtà, Roma dovrebbe aspettare ancora un po’. Prima viene la conquista dell’Arabia Saudita, con l’occupazione di La Mecca e Medina, e la deposizione della dinastia corrotta degli Al-Saud; poi l’occupazione dell’Iran; solo allora sarà la volta di Roma, e infine Gerusalemme.

@LeoneGrotti

Tags: al-baghdadidabiqhadithIsisIslammaomettoRomaStato Islamico
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