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Rieducazione Barilla per tutti (se va bene)

Con la legge Zan, se va bene dovremo appendere i manifesti Lgbt, se va male finire in carcere

Rachele Schirle
16/07/2020 - 2:00
Politica
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Il nostro amico Peppino Zola ha scritto che il ddl Zan è «fascista». Esagerato! Esagerato mica tanto. Il Centro studi Livatino nei giorni scorsi ha pubblicato un articolo che fa la radiografia al testo del parlamentare Pd.

L’intervento del Livatino merita di essere letto per intero, ma qui lo si riassume evidenziando alcune criticità (eufemismo) che dovrebbero inquietare tutti, etero o omo che si sia, cattolici o atei che si sia:

  1. La formulazione contenuta nel testo unico Zan sulla “identità di genere” è così generica che, viene da pensare, è stata lasciata apposta in un limbo. Scrive il Livatino: «E quindi lascia al giudice, nell’applicazione delle nuove disposizioni, il potere più ampio, oltre il limite dell’arbitrio, per riempire di senso e di contenuto le categorie adoperate.
  2. «Il tot capita tot sententiae diventerà la regola». Se questa è la regola, c’è da tremare. Anche perché qui stiamo parlando di una norma che «prevede sanzioni fino a un massimo di sei anni di reclusione; sanzioni che, oltre a essere in sé pesanti, permettono di utilizzare strumenti di indagine come le intercettazioni (per le quali è sufficiente un limite sanzionatorio massimo di cinque anni) e di imporre misure cautelari restrittive della libertà, fino al carcere».
  3. Esemplifica il Livatino: «Per fare un esempio concreto, se – in virtù dell’arbitrio che viene concesso al giudice – una associazione pro family o pro life ha nello statuto come propria finalità la diffusione del modello di famiglia esclusivamente come unione di un uomo e di una donna finalizzato al mutuo aiuto fra coniugi e alla procreazione naturale, nessuno oggi può in coscienza e a occhi aperti garantire che, in virtù dell’art. 604 bis cod. pen., come ridisegnato dal t.u. Zan, un pubblico ministero non attivi mezzi invasivi di indagine – intercettazioni telefoniche e ambientali – e non proponga misure restrittive della libertà».
  4. Di quali numeri stiamo parlando? C’è un’emergenza omofobia in Italia? I dati ufficiali «raccolti attingendo in modo largo anche alle segnalazioni delle associazioni Lgbt, a UNAR e ai media, dall’apposito Osservatorio, l’Oscad, istituito nel 2010 al Ministero dell’Interno, che descrivono l’esatto contrario di una emergenza: 26,5 segnalazioni in media all’anno da settembre 2010 a dicembre 2018». Si noti dunque che si tratta di un numero esiguo e, sottolineiamo, di “segnalazioni”. Per dare corpo alla sua denuncia, Zan riporta dati di agenzie Lgbt e di un’inchiesta giornalistica. Con tutto il rispetto, un po’ poco. Chiede giustamente il CsL: «Si può approvare una legge del genere sulla scorta di una base così di parte, priva di qualsiasi dettaglio e in contrasto con i numeri ufficiali?».
  5. La rieducazione. Il condannato potrà che potrà fruire della sospensione della pena, dovrà prestare lavoro gratuito alle dipendenze di associazioni Lgbt. Annota con amaro sarcasmo il CsL: «è una sorta di contrappasso su base ideologica: non hai voluto piegarti sui temi della vita e della famiglia? e adesso vai a lavorare gratis per chi ha posizioni opposte alle tue! Sei per il matrimonio quale unione fra un uomo e una donna? Dovrai affiggere manifesti o predisporre il materiale propagandistico per una manifestazione in favore del matrimonio e dell’adozione same sex! La norma penale diventa così mezzo di “rieducazione” su base ideologicamente corretta». Aggiungiamo noi: la legge non c’è ancora, ma, caso Barilla docet, funziona già benissimo.
  6. Istituendo la “Giornata nazionale contro l’omofobia”, il gender entra nelle scuole. E abbiamo detto tutto.

Queste e altre le osservazioni del Livatino, che vanno a sommarsi a quanto detto a questo giornale dal filosofo Corrado Ocone e ad alcune osservazioni che l’altro giorno sono state fatte durante il convegno “Delitto di leso gender?” in cui è stato presentato il libro Omofobi per legge? Colpevoli per non aver commesso il fatto (Cantagalli).

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Come i lettori di Tempi sanno, questa della legge sull’omofobia è una battaglia che si trascina da qualche anno. Ricordate il ddl Scalfarotto? E ricordate cosa scrisse il liberale agnostico Piero Ostellino in proposito? Altro che Zola, Ostellino ci andava giù con la scure: «Che piaccia o no, molti italiani sono rimasti fascisti anche se non lo sanno e credono di essere progressisti».

Foto Ansa

Tags: Alfredo MantovanoCorrado Oconeddl ZanGuido BarillaIdeologia GenderOmofobiapiero ostellino
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