
Ridotta al silenzio o in carcere, la vera Hong Kong resiste

Fino a un anno fa Norman Choi lavorava come giornalista nel più importante quotidiano pro democrazia di Hong Kong, l’Apple Daily. Da quando il governo ha chiuso il giornale nel giugno 2021 arrestando il proprietario e molti giornalisti, in ossequio alla legge sulla sicurezza nazionale imposta dal regime comunista cinese, Choi fa il cassiere in un McDonald’s. Si è anche iscritto a un corso per diventare elettricista, ma non è sicuro di trovare lavoro. Come ogni altro cittadino di Hong Kong non può più esprimere la sua opinione su niente, per non essere arrestato, molti dei suoi amici e colleghi sono già in carcere e si sente «straniero nella mia stessa città».
Il coraggio di Lee Cheuk-yan
Lee Cheuk-yan è in carcere da 10 mesi. L’attivista, ex parlamentare, segretario generale della Confederazione dei sindacati di Hong Kong e presidente dell’Alleanza a sostegno dei movimenti democratici in Cina, è stato condannato a un totale di 20 mesi di prigione in cinque diversi processi farsa. Grazie alla buona condotta gli verranno abbuonati due mesi e mezzo, ma con ogni probabilità resterà dietro le sbarre anche dopo aver finito di scontare la pena, visto che è ancora accusato di aver violato la legge sulla sicurezza nazionale.
L’unica colpa di Lee, che rischia l’ergastolo, è di aver acceso una candela il 4 giugno per ricordare le vittime del massacro di piazza Tienanmen: un gesto semplice, che è però diventato un crimine a Hong Kong da quando il Partito comunista cinese, violando un trattato internazionale e la Costituzione dell’ex colonia, si è impossessato dell’isola con oltre due decenni di anticipo.
Le organizzazioni che ha contribuito a fondare, l’Alleanza e la Confederazione dei sindacati, sono state sciolte dal governo. Ogni attività civile e politica che non nasce dai diktat di Pechino, infatti, è vietata. In carcere Lee ha perso 10 chili in 10 mesi, studia le lingue e impara a suonare la chitarra, l’unico strumento musicale ammesso in carcere, gioca a basket e fa jogging. È un leone in gabbia ma «la mia anima è in pace».
Il sondaggio che non si può pubblicare
Robert Cheung è ancora direttore esecutivo del Pori, il principale istituto di rilevazioni statistiche e sondaggi della città. Come ogni anno, in vista dell’1 luglio, anniversario della restituzione dell’ex colonia alla Cina da parte del Regno Unito, ha preparato un sondaggio sulla soddisfazione dei cittadini rispetto al lavoro del governo.
Quest’anno, però, porre ai residenti qualunque domanda, specie sulla Cina, così come rispondere, potrebbe essere un crimine passibile di arresto e così, dopo aver ricevuto una lettera di velata minaccia dalla polizia, la pubblicazione del sondaggio è stata rimandata.
La carità del cardinale Zen
Il cardinale Joseph Zen non rilascia più dichiarazioni pubbliche da quando l’11 maggio è stato arrestato dalla polizia e poi rilasciato su cauzione. È accusato di un illecito amministrativo ma è sotto indagine anche per aver «collaborato con forze straniere per danneggiare la sicurezza nazionale», un capo d’imputazione che può costare l’ergastolo.
Il cardinale viene bersagliato per aver raccolto fondi per aiutare gli attivisti perseguitati dal governo di Hong Kong. Anche la carità cristiana è un crimine per il regime comunista cinese. L’ex arcivescovo dell’isola ha mantenuto la calma e la fede, continua a vivere come prima e a 90 anni prosegue a visitare regolarmente in carcere i perseguitati politici.
I giornalisti sono personae non gratae
Oggi Hong Kong festeggia in grande stile il 25esimo anniversario del ritorno alla madrepatria. Tutto è stato preparato nei minimi dettagli per la visita del presidente cinese Xi Jinping (la prima volta che esce dalla Cina continentale dall’inizio della pandemia), che inaugurerà il mandato del nuovo governatore, John Lee, e verificherà personalmente che la sottomissione dell’ex colonia sia completa.
Alla sfarzosa cerimonia non sono stati invitati i giornalisti delle testate indipendenti e non asservite a Pechino, una novità assoluta per Hong Kong. Così Ming Pao, Hk01, Hkfp, South China Morning Post, Now News, Afp, Reuters e Bloomberg non potranno partecipare. I giornalisti invitati, per non rischiare di infettare il presidente Xi, saranno ammessi soltanto se in possesso di sei tamponi negativi consecutivi, da domenica 26 giugno a oggi.
La vera Hong Kong sopravvive
La politica “zero Covid” è stata imposta anche all’isola ed è implacabile. Ma ad aver rovinato Hong Kong è la politica “zero società civile” applicata con ferocia dal regime. Davanti ai microfoni e ai riflettori i leader comunisti parleranno di una città immaginaria, che non esiste più. Dietro la cassa di un McDonald’s, dietro le sbarre di un carcere, dietro un banco degli imputati, dietro una scrivania, dietro un altare la vera Hong Kong sopravvive. Ma lo fa in silenzio, straziata dagli abusi di un potere dittatoriale e totalitario.
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