Mai e poi mai quell’asino provincialotto del Correttore di bozze oserebbe occuparsi di cose che lo superano incommensurabilmente come l’America e Obama. Sono argomenti troppo “avanti” per il suo microscopico cervello abbarbicato al passato a mo’ di muffa. Ma l’analisi dell’elezione di mid-term che il glorioso corrispondente da Washington di Repubblica Vittorio Zucconi regala oggi ai suoi lettori è qualcosa di troppo meraviglioso per lasciare che si perda come una lacrima nella pioggia.
Lo scoppolone incassato alle urne dal presidente più migliore del più meglio, secondo Zucconi, «è il prodotto del suo successo», è «figlio dell’enormità delle aspettative che i suoi elettori, e il resto del mondo con essi, gli avevano caricato sulle spalle». E fin qui, se è consentito un giudizio perfino a un citrullo come il Correttore di bozze, sembra un buon punto di partenza. Si potrebbe quasi costruire un’analisi interessante da queste premesse. Leggere Repubblica per credere:
«Poiché le delusioni sono sempre proporzionali alle illusioni, specialmente per la “sinistra” e i “progressisti” facili all’ubriacarsi delle proprie parole, la parabola discendente di colui che aveva promesso di “Change”, cambiare, ed è invece stato cambiato dalla realtà, era inevitabile».
Semplicemente perfetto. Addirittura Zucconi, a testimonianza di «questa irrazionale aspettativa» proiettata un po’ a capocchia su Obama, cita «quello stravagante Nobel per la Pace» assegnatogli a priori e che «lui stesso accettò con esitazione». Punto. Parole che di per sé rischierebbero di aprire nei cuoricini induriti di tutti i correttori di bozze del mondo uno spiraglio di luce. Vuoi vedere che Zucconi questa volta non ci propina il solito articolo ideologico?
Poveri illusi, certo che ve lo propina. Siete voi, semmai, che non vi siete resi conto della gravità della notizia: il Bene è stato sconfitto. Dopo un simile trauma, è troppo forte per il cronista di Repubblica la tentazione di dare la colpa al malvagio Bush, agli spietati elettori conservatori, all’inumano mondo crudele. Scrive Zucconi:
«(Obama, ndr) accese altre speranze con il discorso del Cairo al mondo arabo e all’universo islamico, spalmato come balsamo sulle ustioni lasciate dal tragico predecessore Bush jr, soltanto per scoprire quanto profonda fosse l’infezione di odio che era cresciuta sotto le cicatrici dopo la “esportazione della democrazia” in Iraq».
Nonostante la legnata, infatti, Barack il magnifico resta pur sempre «un presidente più grande del proprio tempo». E solo il Correttore di bozze, ignorante che non è altro, non riesce a capire come si possa attribuire a Bush i pastrocchi combinati dal governo americano con i Fratelli Musulmani e i vari altri “ribelli moderati” in Libia, Egitto, Siria e via dicendo. Certo che è colpa di Bush, perché Bush è cattivo, Obama invece è «“greater than life”, più grande della vita», ricorda Zucconi.
In subordine, comunque, apprende il Correttore di bozze, volendo si può dare la colpa anche al popolo americano, che notoriamente è di valore cangiante per il giornalista italiano medio: se era molto avanti quando nel 2008 mandò Obama alla Casa Bianca, oggi è molto indietro poiché lo ha invece randellato. Tanto è vero che la batosta subita dal presidente secondo Zucconi non certifica l’inconsistenza di Obama ma «la rivincita – o la vendetta – di un elettorato che lo ha voluto frustare per la sua sfacciataggine e per i suoi tentativi, falliti, di rimettere in azione il motore dell’American Dream per la classe media». Insomma hanno vinto i bulletti del quartiere, gli amanti del sopruso, i nemici dei sogni, i correttori di bozze.
Per non dire che hanno i vinto i razzisti. Ancora Zucconi:
«Ora tocca ai suoi nemici dimostrare quello che sanno fare. Obama potrà permettersi di puntare al sogno di ogni presidente a fine carriera, l’eredità storica. Potrà lanciare quella riforma dell’immigrazione, con inevitabile amnistia, capace non soltanto di compiere un atto di giustizia e di umanità, ma d’incassare quel voto dei “Latinos” che sempre più stringono le chiavi della Casa Bianca fra le dita. Per i repubblicani, acconsentire vorrà dire alienarsi proprio quegli elettori bianchi, anziani, spaventati, che hanno punito l’uomo nero e non vogliono certo arrendersi all’uomo “bruno”».
Merita, in proposito, anche la vignetta di Ellekappa pubblicata nella pagina che precede la corrispondenza da Washington. Eccola:
Però sappiate, oh razzisti infami, e anche voi cani e scimmie conservatori, e voi impresentabili correttori di bozze, che potete avere tutte le ragioni dell’universo ma sarete sempre delle caccole in confronto al grande Obama.
«Il volo dell’anatra zoppa, del mini-Obama rimpicciolito dopo il Super Barack, potrebbe rivelarsi più nobile, più alto di quello starnazzare che abbiamo visto, di fronte al terrorismo dell’Is, al neo-imperialismo russo del colonnello Putin, a un virus, l’Ebola, che gli è stato inconsciamente, e mai esplicitamente addebitato, per associazione etnica, visto che si è diffuso proprio nel continente del padre».
Ma forse, riflette amareggiato a questo punto il Correttore di bozze, noi merdacce bushiane non ci saremmo mai arrivati, nemmeno «inconsciamente», a pensare che l’Ebola ce l’avesse portata quell’africano di Obama. Ci voleva proprio l’apertura mentale di uno Zucconi.