
Record di vittime civili in Afghanistan nel 2011? Per l’Onu i responsabili sono i talebani
Non è un record di cui andare fieri quello che è stato registrato in Afghanistan nel 2011: le vittime civili hanno raggiunto quota 3.021. Secondo il rapporto annuale dell’Onu, rispetto al 2010 i morti sono cresciuti dell’8 per cento, seguendo un’escalation costante dal 2005. Ma il principale responsabile non sono le truppe della Nato o le forze di polizia afghane: sono i talebani a colpire la loro stessa gente.
Secondo il rapporto, infatti, il 77 per cento delle vittime è stato causato dagli attacchi dinamitardi e kamikaze dei talebani, in crescita rispetto al 2010. Al contrario, il numero di civili uccisi dalla Nato e dall’esercito afghano scende a 410. I talebani, attraverso il loro leader, Mullah Omar, hanno ripetutamente assicurato di non volere danneggiare i civili e di fare di tutto per difenderli. Ma guardando i numeri, si possono nutrire ragionevoli dubbi sulle intenzioni dei terroristi.
La situazione che viene descritta dalle 39 pagine del rapporto dell’Onu è sempre meno rosea per gli abitanti dell’Afghanistan: nel 2011, 185 mila civili risultano sfollati a causa degli attacchi dei talebani e degli scontri a fuoco con le truppe della Nato. In più, se il numero di civili rimasti uccisi durante sparatorie con le forze internazionali è sceso, è aumentato quello delle morti accidentali provocate dalle forze di sicurezza afghane: 41 civili nei mesi che vanno da giugno a dicembre, quasi il doppio del 2010.
Come se non bastasse, il segretario alla Difesa statunitense Leon Panetta, in occasione della visita al quartier generale Nato a Bruxelles, ha recentemente annunciato che gli Stati Uniti ritireranno le truppe impegnate in Afghanistan entro la metà del 2013. È una pessima notizia per il paese, data la difficoltà dimostrata dal governo afghano a proteggere la popolazione dagli attacchi dei talebani. Per questo aumenta la paura della gente. «Quel giorno ero in ritardo per andare al lavoro e ho perso il pullman. Una bomba è esplosa su quel mezzo, uccidendo tutti» spiega un membro della polizia che lavora all’aeroporto di Herat, riportata nel rapporto Onu. «Non erano solo miei colleghi, erano miei amici. È difficile essere una donna nel corpo di polizia e quelle donne erano tutte mie amiche». Poi aggiunge: «Mi figlia di 9 anni, tutti i giorni, quando esco di casa per andare al lavoro piange e mi dice: “Mamma, non andare. Io non ho bisogno di mangiare».
twitter: @LeoneGrotti
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