Pupi Avati: «Scandalizzerò questa Italia raccontando un matrimonio che dura cinquant’anni. Come il mio»

Di Redazione
27 Dicembre 2013
Il regista parla del film in sei puntate che sarà trasmesso da RaiUno a partire da domenica. E del degrado di una società divenuta incapace di responsabilità

In Italia «oggi la gamba zoppa è la famiglia. Meriterebbe l’attenzione di tutti molto più dello spread». E se la società si ritrova a pezzi, le televisioni non sono esenti da colpe, anzi, «partecipano a questo degrado. Per esempio, demolendo la figura paterna e presentandoci pessimi padri». Pupi Avati ha giudizi durissimi sul nostro paese e sulla cultura nichilista che ormai ne ha preso il possesso. In una intervista concessa a Maurizio Caverzan per il Giornale, il regista parla del suo nuovo «film di 600 minuti» che sarà trasmesso da Raiuno in sei puntate a partire da domenica prossima 29 dicembre: interpretato da Micaela Ramazzotti e Flavio Parenti, racconta di due ragazzi che «si sposano nel dopoguerra e, superando momenti difficili, si ritrovano insieme ancor oggi», dopo avere attraversato tutte le stagioni redenti del nostro paese, dal boom economico al referendum sul divorzio agli anni di piombo. Un matrimonio che dura mezzo secolo è secondo Avati il vero scandalo moderno.

«MI RIBELLO ALL’ESTINZIONE». «Sei anni fa, quando per la prima volta proposi alla Rai di girare un film su un matrimonio che dura mezzo secolo mi risposero: allora è una fiction in costume», racconta il regista. «Ma come!, replicai, sono sposato con mia moglie da quarantanove anni e vesto come lei… Il fatto è che oggi il matrimonio duraturo è considerato in via di estinzione. Lo scandalo non è la separazione, ma il matrimonio che resiste». Per questo Avati l’ha trasformato in un tema quasi da battaglia: «Quando sento qualche giovanotto che dopo pochi anni pontifica che il matrimonio è un’istituzione superata e che non si può restare tutta la vita al fianco della stessa persona, mi ribello. Se ti arrendi alle prime difficoltà non puoi sapere che un legame acquista in bellezza e complicità col passare del tempo».

LA PAURA DI LEGARSI. Ormai al cinema e in tv per parlare di un matrimonio che resiste «ci vuole coraggio perché oggi hanno più visibilità le situazioni complicate e i fallimenti», eppure Avati crede fermamente che «i matrimoni che reggono siano molti più di quelli che vengono raccontati». E questo sebbene la stessa parola “matrimonio” sia stata ridotta a tabù: si preferisce parlare di compagno o compagna, non di moglie o marito, «c’è questo timore che legarsi a una persona pregiudichi quello che la vita può riservarti. Dopo qualche anno ti puoi imbattere in una donna più carina, più intelligente, o professionalmente più funzionale…». Per carità, continua il regista, non che i protagonisti del suo film non incontrino inciampi o tentazioni nella loro unione, «non racconto una storia tutta rose e fiori. Ci sono le separazioni e gli adulteri e tutte le interferenze che fanno vacillare un sodalizio. Però questi due individui sono sempre visitati da una forma di resipiscenza per cui avvertono anche una responsabilità nell’aver generato dei figli. Non puoi ritenerti esentato dall’essere padre o madre».

INCOSCIENZA E RESPONSABILITÀ. Il matrimonio inteso come scelta definitiva richiede secondo Avati «un margine d’incoscienza e d’irragionevolezza. Quando ti trovi a 25 anni al fianco di una diciannovenne prevalentemente per ragioni estetiche e sentimentali, non sai ancora niente o quasi di quella persona e della vita stessa. Ma davanti a un’autorità, davanti a un prete, rischi, come suggerisce il Papa. Per me quel rischio ha funzionato». Invece oggi le persone non sono più capaci di lanciarsi in «storie intrise d’incoscienza che s’incamminano verso la responsabilità». Prevalgono i calcoli, ma «se tu credi nella vita, la vita ti ricambia», spiega Avati, forte di un’esperienza lunga quanto quella raccontata dal suo film.

«GLI ALTRI CI COMPLETANO». Altrettanto importante è che il matrimonio non sia autoreferenziale ma aperto alla generazione, ai figli. «Io penso che ci completiamo negli altri», dice Avati, che racconta: «Quanto più vai avanti negli anni, tanto più la cosa bella è vedersi riflessi nelle persone che ti sono accanto, figli e nipoti. A Natale a casa mia eravamo in trentadue, con un sacco di bambini». Ecco perché il regista bolognese ha scelto di raccontare alla società contemporanea, così egoista e “selfie”, una storia scandalosa perché intrisa di “alterità”. C’è perfino l’episodio dell’adozione di una bambina paraplegica: «Penso che i figli naturali siano importanti ma i figli adottati lo siano ancora di più», dice Avati.

UN PAPÀ E UNA MAMMA. Sempre a proposito di figli, il regista accetta di esprimere un giudizio anche sulla vicenda della bambina affidata a una coppia omosessuale in Emilia Romagna: «Conosco la storia, ma sono assolutamente contrario. Senza tentennamenti», dice Avati. «I genitori sono un papà e una mamma, credo che un bambino ne abbia diritto. E credo che crescere in un contesto dove ci sono due mamme o due papà possa complicare la formazione. Ovviamente, sono favorevole alla parità dei diritti a livello sociale, politico, civile delle coppie omosessuali. Ma sull’adozione sono irremovibile».

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11 commenti

  1. marco53

    Non guardo mai le fiction, ringrazio del consiglio avuto: prime due puntate piaciute. Un po’ di commozione: rivedevo per tanti aspetti i miei genitori, non perfetti, ma questo sì, certi che dalla serietà dell’impegno preso comunque non si derogava. Ed hanno provato ed espresso più affetto reciproco che mai proprio nell’ultimo periodo, quando la durezza delle malattie li rendeva ancor più scoperti nei loro limiti.
    Un po’ come le famiglie di provenienza dei due della fiction. Bravo Avati!

  2. Alex

    Un racconto spento, assolutamente senza nerbo, con personaggi che non parlano ma sussurrano, come se recitassero sotto l’effetto di un calmante. L’unico un po’ vitale, Christian De Sica, è stato fatto fuori subito. Se poi si pensa possa bastare My sweet Lorraine (peraltro pezzo molto gradevole) per creare un’atmosfera anni 50, forse ci riesco anch’io. Direi anche assolutamente odiosa e di cattivo gusto la scena del parente “comunista” che insulta lo sposo durante il pranzo di nozze, al di là delle preferenze politiche. Per fortuna gli italiani non erano certo quelli usciti dalla fantasia del regista, altrimenti ci saremmo già estinti.

  3. giuliano

    questo tracollo umano e morale così spaventoso ha una data di inizio. il 1968 ma non una data di fine perché i danni sono di tipo strutturale. L’italiano ottimista, cristiano per tradizione, lavoratore degli anni ’50, che aveva una famiglia con 4-5 e più figli è stato sostituito dall’italiano progressista, ateo, animalista anti scientifico, frequentatore di maghi e fattucchiere, che approva l’aborto e l’eutanasia quali diritti umani e afferma che una coppia omo è anche questa famiglia. Questo tipo umano è destinato a scomparire in un naufragio colossale. E’ una legge di natura, o per chi crede, una legge divina

  4. Antonio

    grandioso il commento di Aldo Cannavò, complimenti. Da incorniciare. Semrpe se questi beceri tempi relativisti ed amorali lo permettano!

  5. luca

    beato te che ti sei potuto sposare. magari potessi farlo anche io!

    1. mike

      visto l’andazzo quasi rimpiango di non essere omosessuale. visto l’andazzo fra poco per sposarsi conviene. se sei etero c’è una “sorpresa”… mamma mia quante lesbiche ci sono in giro. farsi musulmano? beh no sono cristiano e tale voglio restare. che dici? la vita è ardua solo per voi? non ‘mme pare proprio.

      1. luca

        mikemica ho capito che vuoi dire… ti lamenti delle troppe lesbiche in giro? bè io mi dovrei lamentare dei toppi etero? he he he
        poi non ho capito come farti mussulmano ossa aiutare… perché hai un arem? stai fresco a mantenerle tutte, ti conviene allora dventare un semplice sciupafemmine lol

        1. mike

          certo che mi lamento delle lesbiche in giro! anche in ambienti cattolici (o pseudo-cattolici) e anche per questo capisco come mai hanno scelto un cardinale latino-americano.
          sul farsi musulmano talvolta l’idea mi è saltata in mente, e l’ho cacciata via subito. sono cristiano e tale resto. sul perché possa essermi saltata in mente… ovvio: le donne musulmane credo abbiano un tasso di omosessualità, ed anche di moralità, inferiore al nostro (e credo incida il fatto che sono schiave o quasi e chi è schiavo/a può capire meglio il bene e il male; può, non che lo capisce sempre; infatti certe donne musulmane a vederle… boh!). molte donne europee, lesbismo a parte, sono di dubbia affidabilità. lo stereotipo di quella che mette la testa a posto forse una volta rappresentava la realtà. oggi non più.

          1. luca

            mike mi sa che hai idee confuse, le lesbiche sono meno del 10% della popolazione cavolo, scegli nel restante 90%, non ti capisco.
            non è che le donne mussulmane siano “meno” lesbiche che qui, è che se ti prendono a fare sesso gay ti ammazzano, quindi la percentuale di omosessuali sicuramente scende velocemente e quelli che rimangono si nascondono bene, non mi sembra un modello da prendere ad esempio però.
            se per tenerti vicino una donna la devi rendere schiava forse è ora che ti metti davanti allo specchio e ti rendi conto che hai un problema!

          2. mike

            il problema ce l’hai tu, di vista. scusa ma comprati un paio di occhiali o se già li porti vai da un oculista che ti rivede la gradazione. io ho solo detto che nel mondo musulmano trovare moglie è più semplice. per più motivi, incluso quello (non detto sopra, e avrei fatto meglio a mettercelo) che le donne europee sono molto esigenti. ma mai mi sogno di dire che una donna deve essere schiava dell’uomo. forse i miei commenti precedenti non li hai letti bene. o forse ti servono occhiali.
            da noi e le donne lesbiche e le donne che vogliono solo divertirsi e quelle esigenti (specie se non solo in termini di soldi e posizione sociale)… poi guarda caso si parla di rischio di collasso demografico. in tal senso mica ce l’ho solo con le persone omosessuali. solo che anche esse c’entrano.
            oggi se sei cristiano o provi a vivere come tale o comunque ti fai scrupoli morali non è semplice. lo dimostra che molte coppie divorziano facilmente. io non voglio che nel mio caso possa essere così.
            che le lesbiche siano meno del 10% non credo. il 10% di certo, poi forse (dico forse) anche più. a prescindere da altre considerazioni è che il M5S ha preso il 25% e si sarà capito che di sicuro ha preso i voti degli omosessuali italiani. dividendo la popolazione a metà, uomini e donne, è ragionevole dire che degli elettori il 25% degli uomini e altrettanto delle donne ha votato M5S. siccome bisogna arrivare al 25%, e siccome il M5S ha fatto una campagna contro i partiti (pd incluso, ma è una maschera) posso allora supporre che le donne omosex siano più del 10%. ad esempio il 15%, nel qual caso il restante 10% di donne votanti M5S sono etero e chiaramente di sinistra; infatti quel partito in fondo è di sinistra.

          3. luca

            mike, guarda che prima o poi, povero te, moglie la trovi lol (scherzo)
            io sono gay e il m5s non l’ho votato. se la destra avesse appoggiato i gay avrei votato a destra ma visto che non lo fa non voto e faccio prima, tanto che gli serve il mio voto ‘pe magnasse tutti li sordi de l’italiani?’
            guarda fidati il problema se non trovi una donna non è nè perchè sono lesbiche nè perchè pensano solo a divertirsi, se mai è perchè deve solo capitare quella giusta.

            mettila così, anche ammesso che le lesbiche siano il 25% tu peschi ancora nel 75% rimanente. se la percentuale di lesbiche è uguale alla percentuale di gay io pescando nel rimanente 25% ho trovato un marito perfette e ti assicuro che non mi sono assolutamente accontentato!

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