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Prima che arrivasse Al Qaeda, in Mali cristiani e musulmani convivevano pacificamente

Intervista con padre Arvedo Godina, nel paese africano dal 1968, in cui racconta che «I cristiani sono circa il 3 per cento, ma la Chiesa ha la stima del popolo e delle autorità»

Piero Gheddo
31/01/2013 - 8:33
Esteri
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Tratto da missionline.org, di Padre Piero Gheddo, PIME. Sono stato in Mali nel 2006 e ho visto confermata l’opinione comune che il Mali e il Senegal erano i due paesi migliori dell’Africa occidentale. Ne scrivo per far capire come l’arrivo di Al Qaida e la guerra dell’estremismo islamico contro quello moderato sta procurando danni enormi a questo paese di gente pacifica, accogliente, tollerante. E’ vero che il cristianesimo è in crisi nel mondo occidentale, una crisi di fede, di speranza e di carità, che diventa crisi dell’uomo, della famiglia, delle società, delle nazioni. Ma il mondo moderno, o meglio la cultura dominante nel mondo moderno, secolarizzata e materialista, ha messo in crisi l’islam in una misura abnorme, mostruosa, nemmeno paragonabile alla nostra. Basti dire che le guerre e i terrorismi presenti oggi nel mondo sono quasi tutti causati dalla reazione di minoranze islamiche al mondo moderno che, nel tempo della globalizzazione, avanza ovunque e porta gli uomini e i popoli lontani da Dio. Noi cristiani cerchiamo di reagire ritornando a Cristo e al Vangelo. Per i fedeli dell’islam questo è molto più difficile, di qui la reazione delle minoranze fanatiche di usare “la violenza per Dio”, “la guerra santa per Dio”.

In Mali sono stato ospite dei Padri Bianchi e ho potuto visitare varie realtà del paese al 90% islamico, i cristiani sono piccola minoranza del 3-4%. Dal 1991 il Mali è un paese democratico, con libere elezioni e alternanza al potere, libertà di stampa, pluralismo politico, libertà religiosa, islam molto tollerante. E’ un paese povero, con poche risorse naturali, i 15 milioni di abitanti hanno un reddito medio pro capite di 669 dollari Usa, analfabetismo al 68,9%, un medico e un posto letto in ospedale ogni 10.000 abitanti (in Italia uno ogni 300). Il Mali è esteso 1,5 milioni di kmq, cinque volte l’Italia, attraversato dal grande Niger e diviso praticamente in due parti: il Sud più piccolo e più evoluto, è territorio di steppa e foresta, il grande Nord è in buona parte desertico è abitato da popoli nomadi e pastori, fra i quali si è diffusa l’ideologia di Al Qaida. Il 22 marzo 2012 un colpo di stato militare ha destituito il governo e sospeso la Costituzione, prendendo a pretesto la difficile situazione nel Nord del paese, dove la ribellione tuareg (gli “uomini blu” del Sahara), sostenuta dai movimenti islamisti e fondamentalisti aveva preso il controllo della parte nord del paese. Nei mesi seguenti, il governo è tornato ai civili, ma anche per la debolezza dell’esercito nazionale i ribelli sono avanzati e stavano per occupare la capitale Bamako, quando il 14 gennaio la Francia è intervenuta a fermare la loro avanzata e il 28 gennaio francesi e maliani hanno rioccupato Timbuktu in pieno deserto, una città catalogata dall’Unesco tra i luoghi “patrimonio dell’umanità” per le sue biblioteche con decine di migliaia di testi antichi dell’islam, ben custoditi nel caldo secco del deserto.

Mi ha accompagnato il milanese padre Arvedo Godina di Barzanò (in Mali dal 1968), dei “Missionari d’Africa” (o Padri Bianchi), direttore del catechistato di Ntonimba, vicino a Kati, che mi diceva: “I cristiani in Mali sono circa il 3%, ma la Chiesa ha la grande stima del popolo e delle autorità. Quando sono arrivato nel 1968 avevamo sette preti maliani e un solo vescovo, mons. Sangaré, di origine maliana. Oggi 120 preti maliani e tutti i sei vescovi sono maliani. La Chiesa fa sentire la sua voce con autorità in tutti i settori della vita pubblica. Quando è morto Sangaré, l’11 febbraio 1998, il governo ha fatto i funerali nazionali nello stadio di Modibo Keita”.

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Ci sono anche conversioni dall’animismo?
Ogni anno nelle parrocchie sono dai 30 ai 50, anche 70 battesimi di adulti a Pasqua. Ci sono zone più cristianizzate, ad esempio la diocesi di San dove ci sono i Bobo, una etnia che ha scelto il cristianesimo e hanno parecchie vocazioni. Abbiamo anche conversioni di musulmani, Ho avuto un catechista che per 13 anni ha insegnato il Corano in una scuola coranica, poi ha conosciuto la carità dei cristiani e è diventato cristiano. E’ venuto da noi e ha fatto tre anni di formazione per diventare catechista.

Ma quando succedono queste conversioni, le famiglie e il villaggio non protestano?
No, l’islam maliano è molto tollerante. L’idea comune è che ciascuno da adulto sceglie la religione che vuole. Le conversioni dall’islam, in genere tra gli studenti e professionisti, non sono molte, ma non suscitano reazioni esono fatte alla luce del sole. Il segretario della commissione episcopale per la catechesi si chiama Luigi Mamadou Tounkara, era già sposato, poi si è fatto cristiano e porta i due nomi. Tutti sanno che lui era musulmano. Si è convertito da adulto quando era già maestro e anche adesso si firma con i due nomi.

Quindi in Mali non c’è l’estremismo islamico?
L’islamismo estremista tenta di nascere a Bamakò, ma non ha seguaci. Poco tempo fa un gruppetto di questo ha scritto una lettera di protesta perché il presidente aveva messo delle statue nelle piazze per abbellire la città: elefanti, bisonti, ippopotami, leopardi, e poi uomini politici e la lettera diceva che questo non è permesso dall’islam. La gente rideva. In Africa occidentale l’islam è quello delle confraternite come la Tijania, che sono movimenti spirituali, nati da capi carismatici per portare il popolo a Dio. Ci sono confraternite che hanno uno spirito molto vicino a quello di San Francesco d’Assisi. Ad esempio la Tijania che è la maggiore predica bontà, tolleranza verso l’altro, amore agli animali, presenza di Dio in tutte le cose e in tutte le persone. La stima delle scuole cattoliche e dei dispensari delle suore è così grande, che quando abbiamo aperto il seminario minore a Kulikoro si è sparsa la voce che la Chiesa apriva una scuola privata per seminaristi, ma la gente non sapeva chi sono i seminaristi. Un capo musulmano è venuto da me e mi ha detto: “Io vorrei iscrivere mia figlia a questa scuola”. Gli ho detto che la scuola era solo per seminaristi e lui ha risposto: “Non importa, se volete che mia figlia faccia la seminarista, è pronta a tutto pur di entrare nella vostra scuola”. Quando il card. Giacinto Thiandum arcivescovo di Bamakò ha dato le dimissioni per limiti di età c’è stata una commissione di capi islamici che è andata a Roma, in Vaticano, per chiedere al Papa che rimanesse perché “è stato promotore di unità nazionale e di comprensione fra cristiani e musulmani”.

Ma non ci sono tentativi di portare in Mali l’islam estremista?
Gheddafi ha dato i soldi per fare la televisione di stato del Mali e quando c’è stata l’inaugurazione Gheddafi è stato invitato e ha detto nel suo discorso: “Questa televisione servirà per diffondere l’islam in Mali”. Partito Gheddafi, subito il governo ha emanato una dichiarazione in cui diceva: “La televisione è un servizio statale a tutto il popolo maliano, quindi è per tutti, non solo per i musulmani”. Un’ora alla settimana parliamo noi cristiani, mezz’ora al mercoledì e mezz’ora la domenica. La cappella del campo militare di Kat è proprio vicino alle mura del campo militare, si vede anche all’esterno. Abbiamo messo una grande croce che si vede anche da lontano. E’ venuto da me un vecchio saggio musulmano che mi ha detto: “Hai fatto bene a mettere quella grande Croce. Voi siete cristiani e noi musulmani, ma anche la Croce richiama la presenza di Dio nella nostra società. Questa chiesa onora tutto il quartiere”. E quando c’è stata l’inaugurazione, è venuto anche il capo dei musulmani di Kati che era col vescovo cattolico, a partecipare alla festa.

Cristiani e musulmani collaborano per il bene pubblico?
Un esempio recente. I musulmani hanno fatto una piccola moschea nel villaggio di Ntonimba dov’è il catechistato, che possiede 50 ettari di terreno in buona parte forestale, regalatoci del villaggio. I musulmani sono venuti a chiedermi gli alberi per costruire le impalcature per fare la moschea. Io ho dato tutti gli alberi necessari e mi hanno ringraziato. L’anno dopo i cristiani hanno deciso di rifare la loro cappella, i giovani musulmani sono venuti ad aiutare i cristiani a fare i mattoni e poi per i lavori della cappella.

Il governo come tale appoggia l’islam?
Nel governo sono tutti musulmani, ma la costituzione è laica. Io vado tutte le settimane nelle carceri di Bamako e il direttore delle carceri voleva darmi una stanzetta per fare una cappella per quei pochi cristiani che sono in carcere. Sono andato a ringraziarlo e mi ha detto: “Padre non deve ringraziarmi, abbiamo dato un posto all’interno della prigione per la preghiera dei musulmani ed era giusto che dessimo un posto anche alla preghiera dei cristiani”. Dopo qualche anno, il governo mi ha nominato cappellano di tutte le carceri del Mali. Posso entrare ovunque. E’ la prima volta che una nomina del genere non la fa il vescovo, ma un governo fatto tutto da musulmani!

Durante la guerra del 1991 avevano bruciato la macchina del grande imam amico del presidente militare, e lui aveva ricevuto minacce di morte. Allora l’arcivescovo Sangaré di Bamako ha mandato a dirgli: “Se si trova in pericolo, venga a casa  mia, perché la mia casa è la sua casa. Qui da me sarà al sicuro”. L’imam si è rifugiato nella casa del vescovo e da allora i rapporti fra cristiani e musulmani sono stati ottimi. Ai funerali di Sangaré il grande capo musulmano ha dato la sua testimonianza sull’amicizia profonda fra il vescovo e i musulmani. In Africa la cosa più importante sono le relazioni umane. Quando tu tratti bene gli altri, non ti metti sopra di loro ma al loro fianco, quando aiuti e saluti tutti, allora ti trovi come a casa tua.

Tags: africaal qaedaal qaidabamakoFranciagheddafigheddoIslammaliSenegaltuareg
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