
I massacri di 80 anni fa sono una ferita aperta tra Polonia e Ucraina

Non si identifica col nuovo presidente Karol Nawrocki la diatriba sui massacri della Volinia e della Galizia orientale che ottant’anni dopo i fatti continua a dividere Polonia e Ucraina. Da presidente dell’Istituto della Memoria nazionale e da candidato alle recenti elezioni presidenziali l’esponente nazional-conservatore ha più volte affermato che Kiev, prima di entrare nell’Unione Europea, dovrebbe fare i conti con le ore buie del suo passato e in particolare col genocidio dei polacchi che abitavano le regioni suddette per mano degli ultranazionalisti ucraini. Ma in realtà è l’intero spettro del mondo politico polacco a pretendere un cambio di marcia da parte delle autorità ucraine, anche a costo di irrigidire i rapporti con un paese con cui la Polonia è oggettivamente alleata in funzione anti-russa. Ne sono prova la nuova legge per l’istituzione della Giornata della memoria delle vittime polacche dell’Upa di Stepan Bandera, votata quasi all’unanimità dal parlamento polacco il 4 giugno scorso, e le veementi proteste ucraine che ne sono seguite.
L’utilizzo del termine “genocidio” per qualificare il trattamento riservato a circa 100 mila polacchi etnici dai combattenti ucraini dell’Oun-Upa fra il 1939 e il 1945 (soprattutto fra il ‘43 e il ‘45) e il monito a riconoscere la responsabilità storica dei fatti se l’Ucraina vuole essere ammessa nell’Unione Europea si estendono ai politici del governo in carica, cioè all’alleanza di centrosinistra guidata da Donald Tusk che alle presidenziali sosteneva il candidato Rafał Trzaskowski, il sindaco di Varsavia sconfitto al ballottaggio. Pochi giorni fa il parlamento polacco ha votato quasi all’unanimità il progetto di legge per “l’istituzione dell’11 luglio come Giorno della Memoria dei Polacchi vittime del genocidio commesso dall’OUN-UPA nelle terre di confine orientali della Seconda Repubblica Polacca” (questa è la dizione ufficiale della legge) proposto dal Psl, il Partito popolare polacco che fa parte della maggioranza governativa. Dei 436 deputati presenti, affiliati a 9 diverse formazioni politiche della maggioranza di governo e dell’opposizione, 435 hanno votato a favore e uno soltanto si è astenuto.

Questione irrisolta
Un anno e mezzo fa il leader del Psl Władysław Kosiniak-Kamysz, che è anche vice primo ministro nel governo Tusk, aveva dichiarato: «Voglio dirlo chiaramente: l’Ucraina non entrerà nell’Unione Europea se la questione della Volinia non verrà risolta. Non ci saranno frontiere aperte e non ci saranno scambi commerciali al livello attuale se la questione della Volinia non verrà risolta. Vogliamo che l’Ucraina si sviluppi, ma non possiamo lasciare senza cure una ferita che non si è ancora rimarginata. Le questioni relative al genocidio in Volinia rimangono irrisolte». Il Psl, il più antico fra gli attuali partiti polacchi (è nato in ambito rurale 130 anni fa), è affiliato al Partito Popolare europeo.
Il governo ucraino non ha preso affatto bene la decisione del Sejm (la Camera bassa polacca) del 4 giugno. In un comunicato del ministero degli Affari esteri si legge: «Il Ministero degli Affari Esteri dell’Ucraina ritiene che la decisione del Sejm della Repubblica di Polonia di istituire l’11 luglio come Giorno della Memoria per le vittime del cosiddetto “genocidio commesso dall’Oun e dall’Upa nei territori orientali della Seconda Repubblica Polacca” sia in contrasto con lo spirito di buon vicinato tra Ucraina e Polonia. Tali misure unilaterali non contribuiscono al raggiungimento della comprensione reciproca e della riconciliazione, su cui i nostri Paesi lavorano da tempo, in particolare nell’ambito del Gruppo di lavoro congiunto ucraino-polacco sulle questioni storiche, che opera con la partecipazione dei Ministeri della Cultura e delle istituzioni della memoria nazionale di entrambi i Paesi».

Genocidio o pulizia etnica
Il contenzioso fra i due paesi va avanti da anni, ma sembrava avere imboccato la strada della riconciliazione nella primavera di quest’anno, quando le autorità ucraine avevano finalmente autorizzato l’esumazione delle prime fosse comuni di vittime polacche dei massacri. In passato non solo l’Ucraina aveva negato il permesso agli scavi, ma nel 2017 li aveva addirittura proibiti come rappresaglia per il voto con cui le due camere del parlamento polacco l’anno prima avevano votato una mozione istitutiva della “Giornata nazionale in memoria delle vittime del genocidio commesso dai nazionalisti ucraini contro i cittadini della Seconda Repubblica Polacca” (ora ufficializzata in legge col voto del 4 giugno scorso) e, pare, per la demolizione di un monumento dedicato ai combattenti dell’Upa nel cimitero del villaggio di Hruszowice, in Polonia. Gli ucraini hanno sempre negato che i massacri potessero essere definiti “genocidio” e accettavano solo la formula della “pulizia etnica”.
Dopo l’invasione russa del febbraio 2022 c’era stato un riavvicinamento fra le parti, finché nel 2023 l’Ucraina aveva promesso che il divieto di esumazione sarebbe stato rimosso e i due presidenti Zelenski e Duda avevano celebrato insieme l’80° anniversario dell’inizio dei massacri generalizzati (già fra il ‘39 e il luglio ‘43 erano stati uccisi alcune migliaia di polacchi per mano ucraina). Nel gennaio scorso Tusk e Zelenski avevano sbloccato la situazione ed erano iniziati i lavori per il recupero dei resti delle vittime. Fra dicembre dell’anno scorso e il febbraio di quest’anno il PiS era tornato alla carica con un suo vecchio pallino: l’istituzione del reato di negazionismo per chi minimizza i massacri della Volinia e della Galizia e l’inserimento del “banderismo” fra le ideologie totalitarie messe al bando dalla legge polacca. Un provvedimento simile era stato approvato nel 2018, all’interno della legge che puniva chi accusava i polacchi di essere stati complici dei nazisti nello sterminio degli ebrei (legge che provocò una crisi fra i governi di Israele e Polonia e che fu poi modificata), ma la Corte costituzionale polacca lo aveva annullato l’anno dopo. In una nuova versione un nuovo progetto di legge in materia avanzato dal PiS è stato approvato in prima lettura nel febbraio scorso.
Un nemico comune: la Russia
I promotori della legge che ha istituito la Giornata della memoria insistono che «avrà un impatto positivo sul miglioramento delle relazioni polacco-ucraine», perché «la riconciliazione e il perdono non possono essere costruiti senza la verità». Gli ucraini dissentono: «Ancora una volta, vogliamo ricordarvi che i polacchi non devono cercare nemici fra gli ucraini, né gli ucraini fra i polacchi. Abbiamo un nemico comune, che è la Russia».
I polacchi massacrati dai nazionalisti ucraini fra il 1939 e il 1945 erano parte di una minoranza etnica in regioni a maggioranza ucraina, che erano entrate a far parte dello stato polacco dopo la fine dell’Impero austro-ungarico e la guerra polacco-ucraina del 1918-19.
0 commenti
Non ci sono ancora commenti.
I commenti sono aperti solo per gli utenti registrati. Abbonati subito per commentare!