La preghiera del mattino

Per un ritorno della politica, il tecnico Draghi al Quirinale

Di Lodovico Festa
31 Dicembre 2021
Rassegna ragionata dal web su: Letta, Conte e Berlusconi e la necessità di mandare il premier sul Colle, Kurz alla corte di un fan di Trump, il capro no vax e molto altro ancora
Mario Draghi

Mario Draghi

Su Startmag Gianfranco Polillo dà questa convincente definizione di Mario Draghi: «È il terminale di una crisi durata vent’anni». In realtà l’attuale presidente del Consiglio è il terminale dell’ultima fase della prima crisi aperta trenta anni fa: quest’ultima fase dura da 10 anni, da quando un finissimo politico come Giorgio Napolitano ha iniziato a catastroficamente commissariare la politica con il mediocre tecnico Mario Monti. Ora un ben più valente tecnico come Mario Draghi potrebbe iniziare una fase nuova proteggendo un ritorno alla politica (che comunque è probabile ci impiegherà un po’ a tornare finissima: ma se non si inizia ora, non si arriverà mai alla meta).

Su Formiche Enrico Borghi dice: «Siamo di fronte a uno scenario nel quale, mentre si sono esaurite le culture del Novecento, la politica tenta in tutti i modi di replicare se stessa mentre tutto il mondo attorno sta cambiando anziché sforzarsi di innovare e rinnovare se stessa». Essere un esponente convinto e di prima linea del Pd (scagliandosi come d’ordinanza contro Silvio Berlusconi) e lamentarsi perché si rappresenta le culture esaurite del Novecento, che replicano se stesse mentre tutto il mondo sta cambiando? È la tattica che a Napoli chiamano con precisione linguistica: “Chiagni e fotti”.

Sulla Zuppa di Porro Dino Confrancesco scrive: «Su Repubblica del 24 dicembre Gustavo Zagrebelsky, nell’articolo “Un mostro da evitare”, si rammaricava per il fatto che, secondo i sondaggi, una larga maggioranza dei cittadini è orientata verso l’elezione diretta del presidente della Repubblica. Non sono un costituzionalista, ma non riesco a comprendere lo sconcerto. Se l’inquilino del Quirinale è il supremo garante della Costituzione, l’arbitro istituzionale, non contraddice al senso comune farlo eleggere – come avviene in base alla nostra Magna Carta – da coloro che ha l’incarico di controllare e di richiamare al rispetto delle regole del gioco? Sarebbe come se l’arbitro di una partita di calcio venisse scelto dagli stessi giocatori e dai loro allenatori». Il pacchetto dei nostri costituzionalisti d’assalto che per trenta anni hanno sabotato l’evidente necessità di riformare la nostra Costituzione, si è mostrato nei tempi recenti molto timido nel criticare chi di fatto ha modificato concretamente il senso di diverse norme costituzionali (oltre che sul tema ormai endemico dello strabordare dei poteri della magistratura, anche sull’interpretazione del ruolo del Quirinale e sullo svuotamento del parlamento: anche se peraltro Zagrebelsky ha criticato alcuni dei molti pasticci di “Giuseppi”). Però il noto “pacchetto” si eccita sfrenatamente appena sente qualche ipotesi di cambiamento. Insomma timidi con chi fa, ma feroci con chi dice.

Su Atlantico quotidiano Federico Punzi scrive: «Siamo in piena e delirante dinamica da capro espiatorio. Con 100 mila contagi al giorno, in un paese con il 90 per cento di vaccinati over 12 o guariti, chi può ancora bersi la balla che sia tutta colpa dei no vax, minoranza sempre più esigua?». È evidente che siamo di fronte a una situazione di emergenza per uno sviluppo imprevedibile della variante Omicron. Trovare capri espiatori in questa situazione è sbagliato, ed è anche fondamentale esprimere punti di vista in dissenso quando lo si considera necessario: è questo ciò che fa della nostra società, una società aperta. Ma è anche indispensabile tenere atteggiamenti di fondo responsabili (cosa che non caratterizza proprio i no vax) in un momento così nuovamente e improvvisamente difficile.

Su Dagospia si riporta una frase di Ignazio Visco da un’intervista di Marco Zatterin sull’Espresso: «Eppure, non vuol dire che la politica debba essere assente». Com’è che diceva il ragionier Fracchia al SuperCavCommDirgen Manager stellare? “Ma come è umano lei”.

Su Formiche Emanuele Rossi scrive: «Secondo il piano di spesa che il Pentagono ha previsto per il 2022, e che il presidente Joe Biden questa settimana ha trasformato in legge con la sua firma, Taiwan dovrebbe essere invitata a Rimpac 2022, la più grande esercitazione navale del mondo, che si terrà nell’Indo Pacifico la prossima estate e a cui prenderanno parte 48 unità militari da 20 nazioni e 25.000 soldati». Tra Ucraina e Taiwan ecco altre due ragioni, oltre alla lotta alla pandemia e alle sue conseguenze economiche, per puntare su un Quirinale autorevole che indirizzi la Nave Italia.

Sul Sussidiario Antonio Pilati spiega i rapporti di forza tra Mario Draghi e gli smarriti partiti esistenti: «Attenzione, non c’è nessun patto. Un patto si fa tra forze che hanno analogo potere contrattuale. Qui uno comanda». Parole che dovrebbero far riflettere innanzi tutto quei disperati (con diverse ragioni sia pur mal elaborate, peraltro) che hanno votato i grillini perché “uno valeva uno”. Prima si sono trovati nella situazione che “il nulla” (il mitico “Giuseppi”) valeva uno e ora che Super uno è il solo che vale Super uno.

Sul Sussidiario si riportano queste parole di Giuseppe Conte nel suo (e di Rocco Casalino) saluto di fine d’anno agli italiani: «Resteremo sempre allergici agli interessi di pochi che danneggiano aspirazioni di tanti». Per un movimento che cerca a tutti i costi di impedire lo scioglimento di un parlamento stremato e politicamente delegittimato, per salvare un anno d’indennità dei deputati e senatori restati grillini, queste parole paiono un monumento all’ipocrisia.

Su Huffington Post Italia Mattia Feltri va al cuore del problema che abbiamo di fronte: «Due persone possono salvare il paese dal disastro di sottrarre il Quirinale a Mario Draghi, con la conseguenza di sottrargli anche il governo, in poche settimane o al massimo in un anno, e di manifestare al mondo che finalmente ci dà credito, e ai creditori che ce ne hanno dato, sintomi di ubriachezza molesta: quella di un paese capace di liberarsi del suo uomo più prestigioso e stimato, e di suicidarsi in allegria. Le due persone sono Silvio Berlusconi ed Enrico Letta». Il vecchio leone di Forza Italia ha già riacquisito parte del suo antico prestigio con la sua candidatura incutendo il panico nelle file dei forcaioli tipo Marco Travaglio, e ora può fare un necessario gesto di apertura. Lettino, il titubante prefetto che la Francia ha prestato al Pd non ha molte altre vie di uscita. Che Draghi salga al Quirinale!

Su Dagospia si riportano queste parole di Enrico Letta: «Mi lasci dire che io nelle sue parole non ho letto una autocandidatura». Sono parole perfettamente inserite nello spirito di questi giorni, del periodo che va dal 25 dicembre al 6 gennaio: Babbo Natale esiste, esiste la Befana e Mario Draghi non si è mai autocandidato al Quirinale.

Su Dagospia si riporta dal Giornale di Brescia che: «De Pasquale e Spadaro, assistiti dall’avvocato Caterina Malavenda, si erano difesi dall’accusa di non aver depositato “in favore delle difese” le chat rinvenute sul cellulare di Vincenzo Armanna (uno degli imputati del processo Eni-Nigeria) anche sostenendo “l’impossibilità tecnica di frammentare la copia forense del telefono” e quindi di depositare “le sole predette conversazioni, senza dover necessariamente disvelare l’intero contenuto del dispositivo”». La lite nella procura di Milano e i connessi pasticci del processo all’Eni sono l’opportuno epilogo della storia di Mani pulite, giusto a trenta anni (6 febbraio 1992) da quando tutto iniziò.

Su Huffington Post Italia si pubblica questa notizia: «L’ex cancelliere austriaco Sebastian Kurz assumerà un incarico nella Silicon Valley come “global strategist” della Thiel Capital, una società del finanziere americano di origine tedesca Peter Thiel. Lo riporta il tabloid Bild. L’ex cancelliere, che ha lasciato la politica a inizio dicembre in seguito al sospetto di corruzione, farà il pendolare tra gli Usa e l’Austria. Thiel è un noto investitore di Facebook, un repubblicano e un sostenitore dell’ex presidente americano Donald Trump, riferisce la testata tedesca». Ma come? Uno dei perni della mitica “maggioranza Ursula” diventa global strategist di un fan di Trump? Come è complicato il mondo.

Foto Ansa

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