Paul Bhatti: «Senza il lavoro di mio fratello Shahbaz, Rimsha non sarebbe stata assolta»

Di Leone Grotti
23 Novembre 2012
Intervista a Paul Bhatti, consigliere speciale del primo ministro pakistano per l'Armonia religiosa, che si è battuto per l'assoluzione della cristiana Rimsha Masih: «Il suo caso è unico nella storia del Pakistan, speranza contro la blasfemia».

«Sono molto soddisfatto per l’assoluzione di Rimsha Masih. Senza il lavoro di mio fratello Shahbaz non sarebbe potuto succedere». È un Paul Bhatti entusiasta quello che a tempi.it si felicita per il buon esito di un caso unico nella storia del Pakistan «e che farà storia». È infatti stata assolta Rimsha Masih, la ragazzina cristiana di 14 anni accusata e imprigionata ad agosto con l’accusa di blasfemia per avere bruciato pagine del Corano. Non era mai successo che un cristiano venisse giudicato e prosciolto dalle accuse di blasfemia, non era mai successo che l’accusatore venisse riconosciuto colpevole di manipolazione delle prove, non era mai successo che la comunità musulmana si fosse schierata a difesa di un cristiano presunto blasfemo. Questa volta è successo e Paul Bhatti, consigliere speciale del primo ministro per l’Armonia nazionale, vuole ricordare il lavoro del fratello Shahbaz, ministro cattolico per le Minoranze, assassinato l’anno scorso per essersi battuto contro la legge sulla blasfemia e in difesa di Asia Bibi, la “legge nera” che da quando è stata promulgata dal dittatore Zia ul-Haq nel 1986 ha già fatto incriminare più di mille persone in Pakistan. Secondo le statistiche, nel 95% dei casi si tratta di accuse false.

Perché l’assoluzione di Rimsha è un grande segnale di speranza per il Pakistan?
Rimsha Masih è innocente, l’hanno prosciolta e non era mai successo nella storia del Pakistan. Ora questo caso rappresenterà un prezioso precedente sia per i giudici che per la società. In altri casi simili, dove per motivi e vendette personali vengono lanciate accuse false e infamanti, i giudici potranno tenere conto di quanto avvenuto nel caso di Rimsha, cioè che le prove presentate alla polizia dall’imam Chishti, pagine di Corano bruciate, erano false. Questo caso servirà anche a tutta la società perché i musulmani pensano sempre che le accuse di blasfemia siano vere, anche se nella stragrande maggioranza dei casi sono false. Ora, per la prima volta, è stato dimostrato che delle accuse contro un cristiano sono state inventate.

Lei si è battuto per l’assoluzione di Rimsha fin dal primo giorno. Che cosa ha permesso questa sentenza?
Io sono davvero molto contento perché mi sono offerto subito per dare protezione a Rimsha, alla sua famiglia e per fare di tutto perché venisse riconosciuta la verità. Il mio partito al governo si è impegnato e per la prima volta c’è stata una collaborazione proficua tra noi, i giornalisti e la comunità musulmana. Molti e importanti leader islamici infatti si sono spesi per Rimsha e l’hanno difesa, mentre i giornalisti si sono sforzati di scrivere e pubblicare solo la verità. Io poi sono riuscito ad affrontare tutto questo anche grazie all’Italia [dove lavorava fino alla morte del fratello, quando ha deciso di tornare in Pakistan, ndr], da voi ho molti amici che mi hanno sostenuto e aiutato. Senza il loro aiuto non sarei riuscito a raggiungere questo risultato.

Suo fratello Shahbaz sarebbe felice della liberazione di Rimsha.
Quello che è successo a Rimsha è in gran parte merito proprio di mio fratello. Questa sentenza dimostra che la sua battaglia contro la legge sulla blasfemia, a difesa dei cristiani e delle altre minoranze colpite, era giusta e non è stata inutile. Senza il grande lavoro di Shahbaz, Rimsha non sarebbe stata assolta.

Nell’intervista a tempi.it di due mesi fa ha detto che «c’è la volontà di ridiscutere la legge sulla blasfemia». È stato fatto qualche passo avanti?
Noi vogliamo cambiare la legge sulla blasfemia perché non possa più essere strumentalizzata e usata per motivi personali. Molte personalità musulmane mi hanno dato appoggio e questi sono segnali incoraggianti. L’anno prossimo faremo qui in Pakistan una grande conferenza sul dialogo inter-religioso e inter-culturale, inviteremo gente da tutto il mondo. Solo se impariamo ad accettarci in quanto diversi, possiamo sperare che casi come quelli di Rimsha non si ripetano.

Come stanno la ragazzina e la sua famiglia?
Sono molto felici. Questo però è stato un periodo difficile per loro, sono molto provati: anche perché come famiglia sono discriminati da anni e vivono in condizioni difficile da molto tempo. La casa in cui prima vivevano in affitto ora l’hanno lasciata e si sono trasferiti in un’altra, in un luogo molto bello dove potranno condurre una vita più serena. La casa, inoltre, sarà controllata perché non possa succedere loro niente di male.

@LeoneGrotti

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