Parlare del male e del perdono ai ragazzi delle banlieue di Parigi. Una prof racconta il giorno dopo Charlie Hebdo
Professoressa, dov’era lei nel momento dell’attentato?
Mercoledì è l’unico giorno in cui al pomeriggio non ci sono lezioni. Quando l’ho saputo ero appena uscita da scuola. La mia reazione è stata di sgomento: non mi capacitavo di come fosse stato possibile, visto che la redazione era sotto protezione. E poi, di fronte alle immagini, mi pareva impossibile che tanta violenza fosse accaduta proprio qui, a casa mia.
Il giorno dopo che clima c’era a scuola?
Ho trovato un mondo adulto in isteria totale. Sapevamo che era previsto un minuto di silenzio a mezzogiorno, ma la preside ci ha chiesto di non affrontare la cosa e di lasciare che fosse lei a introdurre il gesto. Però è stato impossibile non parlarne con gli alunni.
Cosa avete detto ai ragazzi?
I miei colleghi sono in prevalenza figli della stessa ideologia libertina di Charlie Hebdo, perciò proponevano lo slogan “Je Suis Charlie” mostrando le vignette satiriche. Ma anche questa è una visione violenta. Lo ha dimostrato subito la reazione verso uno studente universitario algerino che lavora da noi come sorvegliante: aveva fatto una battuta e prima ancora di capire cosa avesse detto tutti volevano che fosse licenziato. Peccato che qualcuno gli avesse attribuito una frase da jihadista che lui non aveva mai pronunciato, al contrario è emerso che vive in Francia perché la sua famiglia era stata sterminata dai fondamentalisti. Perciò, prima di entrare in classe ero doppiamente preoccupata. Poi però, quando ho messo piede in aula, ho visto davanti a me una grande attesa. I miei alunni volevano capire, spiazzati come di fronte a un mistero inspiegabile. Avevano già dibattuto e molti si chiedevano come mai una reazione tale per l’accaduto in Francia, mentre quando capita lo stesso altrove la gente tace. Altri musulmani invece giustificavano l’attentato. Nella maggioranza di loro, però, ho visto una tensione al dibattito che mi ha molto colpita. Ripeto, mi sono trovata davanti a una domanda aperta, una voragine, a cui il nostro mondo adulto “laicizzato” non sa rispondere.
Una voragine riempita da un minuto di silenzio. Come hanno reagito gli studenti a questa proposta?
Nella mia classe lo hanno rispettato tutti, ma nelle altre no. Non solo: il giorno successivo abbiamo trovato sotto un banco la foto di uno dei terroristi. Ma non se ne è parlato, perché, ancora una volta, se non si sa come affrontare i problemi li si nasconde. Finché non tornano a esplodere e si ricade nell’isteria e nella denuncia sterili e senza alternative.
Può spiegarsi meglio?
Ci sono ragazzi, una minoranza sicuramente ma significativa, che giustificano l’estremismo. Altri hanno una domanda enorme di senso a cui il libertinismo, privo di una verità e di un contenuto per cui valga la pena vivere, non risponde. È a loro che bisogna parlare perché non diventino prede del fondamentalismo. Spero che quello che è accaduto serva almeno a risvegliare le coscienze, come quando si è imposta l’ideologia gender attraverso l’introduzione della legge sul matrimonio fra persone dello stesso sesso. Allora rimasi colpita da tutti coloro che si impegnarono politicamente e socialmente. Anche se mancava e manca ancora un punto importante della riflessione, da cui ora è evidente che non si può più prescindere.
Ossia?
Non avevano capito che il problema non è solo il gender, è un problema educativo nel suo senso più profondo: l’uomo non sa più chi è. Per questo occorre ripartire dalla scuola. Adesso è evidente.
Come si affrontano alunni che giustificano il terrorismo?
Ho visto una mia collega musulmana piangere. Bisogna partire da questa umanità comune. Mi sono accorta di come ne abbia bisogno anche io, perché la risposta al mio dolore non me la riesco a dare da me: ho bisogno dell’altro, del mio alunno o collega, di ogni più piccolo briciolo della sua umanità che mi conforti.
La gente percepisce che sono parole vuote ormai, perché non è stupida anche se magari difende il discorso ideologico. Le persone capiscono che il modello laicista non regge. Non a caso, pur essendo appese in classe le carte della laicità, non si possono toccare certi argomenti di storia senza che esplodano conflitti. Insomma, non si riesce più a convivere. Quanto accaduto deve farci domandare che cosa sia la laicità. E bisogna arrivarne a una.
Altrimenti?
Vedo tanti ragazzi con situazioni alle spalle così tremende e disperate, a cui non sappiamo rispondere, che a volte mi dico: “Potrebbero diventare kamikaze o distruggersi nel libertinismo sfrenato”. C’è un vuoto totale che li spinge a cercare qualcosa per cui valga la pena vivere, e se non lo trovano possono cadere facilmente verso risposte false.
Come fare se gli adulti non hanno una proposta?
Noi cristiani abbiamo un contenuto. Se maturiamo, se riscopriamo che siamo portatori di una grandezza e di una speranza che il mondo si sogna eppure attende, abbiamo tutto da proporre. Forse lo dimentichiamo troppo spesso, ma se maturiamo su questo possiamo cambiare molto. L’alternativa è la violenza: un mondo senza Cristo è senza verità, non ha limiti e si esprime con la violenza, quella delle vignette dissacranti di Charlie Hebdo o quella dei terroristi.
E come ha proposto questa verità in aula?
Ho parlato ai miei alunni del mio dolore di fronte alla violenza e al fatto che uno possa alzarsi al mattino per andare a lavorare ed essere ucciso brutalmente, oppure per andare a uccidere. Ho spiegato loro perché la violenza, anche se su scala ridotta e non esplicitamente teorizzata, può essere anche in noi. A questa affermazione si sono ribellati, ma quando ho fatto degli esempi rispetto ai rapporti fra loro o di noi insegnanti verso gli alunni, hanno capito. “Che fare davanti a questo male in noi e fuori di noi?”, ho domandato. E poi ho raccontato che in groviglio di violenza ho incontrato un’altra possibilità, quella che permette il perdono. A questa parola ho visto i loro volti alzarsi verso di me. Ora posso solo continuare a parlare di questo.
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La verità rende libero l’uomo. Noi cristiani dice l’insegnante…. da lì origina la risposta.
Questi ragazzini che non si rendono conto del significato di quello che dicono hanno bisogno di essere tolti da quel mondo del ghetto e inseriti in un contesto di vita “normale”. Fanno anch’essi parte della Francia e quindi le loro sensibilità vanno rispettate. Serve un compromesso perché non si riuscirà mai ad assimilarli integralmente, piegandone le coscienze:il rischio sono scontri religiosi ma più verosimilmente etnici e razziali come abbiamo visto in America dove l’uccisione del ragazzo è diventata un problema di neri contro bianchi e le comunità fanno quadrato senza parlarsi e guardare ai fatti oggettivamente, è questo che vogliamo per le nostre società? L’obbiettivo per un governo serio è di evitare questa mentalità da gang del noi contro loro, ma il punto d’incontro non è costringere i musulmani a “digerire” l’ingiuria al proprio profeta, il rischio è una guerra civile su base razziale.
Un consiglio: guardate il film “Banlieu 13”
Iskander, invece di parlare di “modelli di convivenza” a colpi di “si dovrebbe…” e dare la colpa agli altri di decisioni prese e impegni sottoscritti dagli eurocrati con i loro fornitori arabi e musulmani di petrolio, perché non si dice quello che c’è da fare per evitare ciò che si poteva mettere in conto? Iskander, quelli che hanno fatto arrivare qui, negli ultimi trent’anni, una marea di gente che ha alterato e sta alterando per sempre le nostre società da ogni punto di vista, la pensavano esattamente come lei: integrarli? E che ci vuole! Basta non fare come hanno fatto in America – una storia assai diversa dalla nostra (e assai diversa da come ce la raccontano), perchè gli africani sono stati, loro sì!, deportati nelle Americhe con la forza e nelle Americhe si trovvaano da molto prima che le colonie diventassero Stati indipendenti.
Ma l’ottimismo, la faciloneria, il buonismo e la retorica terzomondista che ci odia e si riciclia in immigrazionismo di principio, ideologico, vorrebbe farci credere che la colpa è degli americani! No, la colpa di questo marasma, dell’invasione migratoria programmata e decisa a tavolino, è delle élite catto-massoniche, dei politici cattolici che fanno gioco di sponda e sono in stato di dhimmitudine, di soggezione, di subaltarnità al Pensiero Unico, cui si attrezzano come attendenti e esecutori scrupolosi di direttive e compiti per casa. Una casa in cui siamo meno liberi – o pensa che non sia così? – da quando sono arrivati i permalosissimi islamici: guai a contraddirli, a non accoglierli, a non accoglierne le richieste, a pretendere che rispettino le nostre leggi e i nostri costumi: sennò, succede l’inferno.
Che Gaza e Cisgiordania comincino dalle periferie delle capitali europee, che tutto l’Islamistan confini e anzi, sia dentro le città europee, chi lo ha permesso?
A vietarci di fare rispettare la sovranità sulle nostre frontiere chi è, l’America?
A proibire di definire ‘invasione’ un fenomeno ingovernabile e incontrollabile perchè così si è deciso colà dve si puote e a vietare di riportare indietro in massa come sono arrivati gli immigrati, sennò questa dventa ‘deportazione’, con una evidente falsificazione delle parole e della realtà, è, per caso, il Congresso americano? No, sono la Commissione e il Parlamento Ue. Le prime banlieu da smantellare sarebbero queste.
Buongiorno signor Raider. La ringrazio per il suo commento cui vorrei risponderle puntualmente: i “terzomondisti/immigrazionisti” di cui lei parla non sono veramente anti-americani, anzi sono così americanisti che vogliono costruire qui da noi in Europa l’America perfetta. Il loro modello di società sono gli Stati Uniti intesa come multietnica, multiculturale e vorrebbero realizzarla qui senza le “brutture” degli Usa. L’ultimo vero anti-americanismo di sinistra è stato il comunismo mentre ora è l’islamismo il movimento anti-americano di massa in Europa.
Lei dice che gli Usa non c’entrano nulla? Ma le pare un caso che qui si trasli puntualmente l’agenda politica della Casa Bianca? Quando al potere era Bush si parlava solo di “war on terror” poi da quando c’è Obama la spinta ai matrimoni per coppie dello stesso sesso, la promozione dell’aborto hanno investito il mondo? A proposito di Obama: ha appena regolarizzato la posizione di 5 milioni di clandestini negli Usa, quale sarà la sua posizione sull’immigrazione? Sarà un caso che i nostri leader ripetano pedissequamente le parole della Casa Bianca sull’isola me il terrorismo? Qualcuno mette l’America di fronte alle sue responsabilità per aver sostenuto i fratelli islamici in Egitto? I ribelli islamisti in Siria? E prima ancora la distruzione del regime di Saddam e la creazione dei mujahideen in Afghanistan?
Adesso tutti dietro l’America trascinati a forza nelle sue (dis)avventure per il mondo, l’ultima in Ucraina!
La sovranità? La sovranità dell’Europa è finita da almeno 70 anni! Da allora in poi metà del continente è stata sotto protettorato americano, l’altra metà sotto il tallone sovietico. Ma per capire quanto gli europei abbiamo abdicato alla propria indipendenza, i paesi che si erano appena liberati dal gioco sovietico hanno pensato bene di entrare nella NATO! Ecco questa è sempre stata la rovina degli europei: non accuso l’America di essersi intromessi negli affari europei sono stati gli europei stessi a chiamarla contro i propri vicini.L’Europa è scomparsa nel 1914 dopo è arrivato qualcos’altro. Non si fanno 9 milioni di morti per l’Alsazia e la Lorena o la Bosnia e poi si pensa che tutto resti come prima.
Visto che si parla di integrazione: quanti sudditi islamici aveva sua maestà britannica? E l’Imperatore Francesco Giuseppe d’Austria-Ungheria? Per non parlare del caso di specie, la Francia. Ebbene mi spieghi come hanno fatto quei paesi colonizzatori (e quindi oppressori immondi secondo il pensiero vigente di logica derivazione americana) a guadagnare la lealtà fino alla morte dei loro musulmani? Dei bosniaci, degli algerini, degli indiani? Perché quando il califfo di Istanbul ben più potente e titolato del sedicente califfo di Raqqa proclamò il jihad e l’insurrezione generale contro gli infedeli nessuno lo seguì né in Africa né in India né in Russia? Cosa frullava nella testa di quei musulmani? Forse che l’Europa dei kaiser era riuscita là dove l’Europa politicamente corretta di oggi dei diritti umani fallisce miseramente? Ecco magari in quell’esperienza potremmo trovare insegnamenti per risolvere i problemi di oggi.
Invece di ascoltare le umilianti lezioncine di Obama sugli immigrati islamici integrati e rispettati in America (l’America e la sua egemonia culturale che vuole insegnare di nuovo a noi europei come si fanno le cose!). Ha visto qualcuno rispedire al mittente le critiche?
Cordiali saluti
Iskander, in mezzo a un notevole numero di cose note non solo a me e di cui la ringrazio per essersi premurato di informarmi (per es., il numero di regolarizzazioni degli immigrati negli U.S.A.), ma che non ho capito dal suo discorso che c’entrino, fa alcune affermazioni che mi trovano d’accordo. Lei, pderò, sembra opporle a me, dando per scontato che io non le condivida; mentre, così, è evidente che lei non si rende conto che non c’è motivo di contendere: per es., che il comunismo sia stato o sia anti-americanismo, come lo è stato il fascismo e il neo-fascismo, aggiungerei. Su questo punto come su altri non ho alcun motivo di contestare alcunché, dato che che ci vedono perfettamente d’accordo; né voglio farlo solo perché lei non ha capito che non c’è ‘contenzioso’.
Ci sono altre cose, invece, che non mi trovano per nulla d’accordo, Iskander: per es., ritenere che l’islamismo e l’immigrazione islamica siano anti-americane, quando sono anti-occidentali, anti-europee, con la scusa ‘filosofica’ – ci viene detto dagli immigrazionisti filo-islamici in attività mistificatoria anche su questo blog – che gli immigratio sono qui per ‘combattere il nichilismo’ occidentale, però, non specificamente americano.
Non discuto nemmeno di cose stra-sentite che porterebbero lontano dal merito. come la settantennale perdita dell’indipendenza dell’Europa. Vero, falso, giusto, sbagliato, quello che è ora in gioco è la sovranità nazionale e prima ancora, l’identità nazionale dei Paesi europei: che l’Ue e i governi che recepiscono ogni direttiva commissariale, da Direttorio autoreferenzaile, stanno facendo di tutto per vanificare e dissolvere, a cominciare dall’idea stessa che l’Europa abbia radici, estripate dal Preambolo della Costituzione dell’Ue e che queste siano giudaico-cristiane, eclissate proprio per non porre limiti a quello che dovrebbe essere integrato, piuttosto che per battersi per ciò che va salvaguardato.
Lei confonde l’impero britannico o quello francese (terrei fuori quello russo per la continguità territoriale di questo con le aree soggette al suo dominio: ne parliamo a parte, se vuole) con l’Inghilterra e la Francia: Paesi che non erano multculturalisti e multietnici nel senso che noi sperimentiamo da alcuni decenni in qua. Di essi, peraltro, lei sembra fare una bella copia degli U.S.A.: multietnici quelli e multietnici questi. Non sono la stessa cosa, per me; ma, se per lei così è, non si capisce perché prendersela con gli U.S.A. per decisioni e modelli di matrice così squistamente europea da imporre all’Italia e alla Polonia, all’Islanda e alla Norvegia.
Poi, sulla ‘lealtà’ dei sudditi ai rispettivi imperi ci sarebbe molto da dire, per spiegarlo qui: se ne discute ancora, ma non sembra che i rampolli di quella sudditanza ne siano convinti e meno che meno, contenti: anzi, se lei fa caso alle fanfaluche da taluni riportate qui, l’immigrazione è una sorta di regolamento di conti che gli immigrati vengono a riscuotere a domicilio: se pare anche a lei una premessa per tutta la retorica del ‘dialogo’ e dell”incontro’ fra culture.
Infine, non capisco a quale Califfo di quale epoca lei si riferisca per fare la differenza che le sembra importante – non è chiaro nemmeno di che – rispetto a quello che vediamo in Siria e Iraq: mentre le sfugge totalmente che i Califfi e comunque, gli islamici hanno sempre mirato a sottomettere l’Europa – Maometto gli promise che sarebbero arrivati a Roma -, in un attacco protrattosi per secoli, con fasi di pausa e ripresa, da Occidente, la Spagna e da Oriente, la penisola balcanica, a non considerare i Mongoli che scorrazzavano per le steppe russo-ucraine. Se la mobilitazione non fu generale, di tutto l’orbe islamico, accadde perché a espandersi in Oriente, fino e oltre l’ndia, ci pensavano altri islamici che il messaggio profetico lo avevano inteso molto bene. Si capisce, discordie come pure concordi divisioni di aree di competenza fra potenze islamiche, ce n’erano anche allora anche nel campo di Agramante. Mentre motivi logistici rendevano difficile chiamare tutti all’appello, forze per arrivare fino a Vienna e tenere sotto il tallone califfale i Balcani ce n’erano più che a sufficienza.
Ciò detto, non si capisce, da quello che lei scrive, perchè, anziché considerare le responsabilità dell’Ue, lei tira in ballo altri. L’immigrazione in misura incompatibile anche solo con le strutture di accoglienza e con la possibilità di dare agli immigrati quello che vogliono e cui ritengono di avere diritto da noi (per non parlare dell’integrazione), non è qualcosa che ci sia stata imposta da altri che dagli eurocrati e dalle élite arabe padrone del petrolio.
Quindi, se lei vuole spiegare perché sembra scaricare sulle spalle di altri, gli americani, responsabilità nostre, europee; e soprattutto, se vuole spiegare come dovremmo fare tesoro di una ‘esperienza storica’ di cui lei sembra così sicuro, mentre a me sembra del tutto priva di ogni relazione con la realtà di oggi e anche con quella storica, bene. Altrimenti, rispedisca a chi vuole le lezioni di storia di cui fare tesoro: all’Ue, che non mi pare si discosti molto dalla storia che racconta lei, senza nemmeno averla dovuta apprendere dalla Casa Bianca.
Signor Raider non volevo scrivere un saggio né dare lezioni di storia a nessuno. Ho semplicemente cercato di offrire una prospettiva diversa per allargare il discorso. Nessuno mette in dubbio che quel “piccolo mondo antico” cui mi riferivo è finito e difficilmente tornerà ma forse possiamo trovare degli esempi utili per integrare o almeno uscire dalla logica degli islamisti.
Perché agli islamisti non piace ammettere che milioni di musulmani un tempo hanno servito sotto la Francia della laïcité, giurando fedeltà all’imperatore cattolico di Vienna ecc e questo mentre un califfato c’era eccome. E allora se un tempo hanno scelto Parigi o Londra piuttosto che Istanbul la storia potrebbe (e credo entrambi conveniamo dovrebbe) ripetersi e scegliere di nuovo Berlino o Vienna o Mosca piuttosto che Raqqa. Ma siamo noi che dobbiamo convincerli anche raccontando una storia diversa. Ecco che richiamandosi a precedenti storici si può costruire una narrazione diversa e controbattere a chi vuole far passare il mito del califfato come governo naturale dell’ummah.
Potremmo cominciare a insegnare questo ai ragazzi invece che stracciarsi le vesti per i “crimini dell’Occidente, del colonialismo”. E il musulmano di oggi potrebbe immedesimarsi in quello di ieri e amare come questi fede il suo paese piuttosto che improbabili califfi.
Il caso del califfo è il seguente:allo scoppio della prima guerra mondiale il califfo ottomano proclamò un jihad contro Francia e Gran Bretagna per sollevare il mondo islamico contro gli infedeli secondo il solito ritornello cui lei accenna. Quindi la situazione assomiglia alla presente: c’è un califfato è un califfo cui dovrebbero ubbidire i musulmani che si appella alla guerra santa (quindi niente di nuovo) ma i musulmani non gli danno retta preferendo le potenze colonizzatrici al “principe dei credenti” questo è il paradosso che indicavo.
Che l’islamismo sia anti-americano non pregiudica che possa essere anche essere anti-europeo lungi da me lodarlo in funzione anti-nichilista o similari anche perché le risorse culturali e intellettuali che possiamo attingere alla nostra enormemente più lunga tradizione spirituale e filosofica rendono l’islamismo una curiosità esotica (e per certi suoi aspetti positivi un arricchimento culturale) ma non abbiamo certo bisogno dell’islamismo per riscoprire lo spirito
Sugli Usa: America e Europa non sono due mondi separati ma praticamente due faccie della stessa realtà. Quando lei tira in ballo gli immigrazionisti o l’Ue sa benissimo che si ispirano a un paese-modello e questo sono gli Stati Uniti. Era questo il paradosso degli anti-americani “no-global” di oggi che il loro modello sono proprio gli Usa intesi come società multietnica e multiculturale. Quindi i “nostri” stanno scimiottando Washington per trasformarci negli “Stati Uniti d’Europa” che persino nel nome fanno pensare a qualcosa di corrispondente agli Usa. Si stanno realizzando due società basate sugli stessi presupposti: ma io credo che gli Usa non siano un modello per quanto riguarda l’integrazione degli africani. I ghetti e la musica rap fanno solo danni per me è un tempo non c’erano in Europa ma negli Usa ora ci sono anche qui. Questa non è solo influenza ma una vera e propria egemonia culturale da cui discendono alcuni postulati come “immigrazione è bello” “multiculturale è meglio”. Mettiamo in discussione queste idee?
Per me questa l’influenza culturale abbinata alla ben più tangibie influenza politica e militare si fa sentire e ha un ruolo non irrilevante in questi problemi.
Il tesoro più grande che ci può fare guardare a quel periodo è di offrire argomenti contro la propaganda islamista che sogna un mondo compatto dietro il vessillo del jihad. Ormai si sta palesando l’idea di uno scontro inevitabile dei due mondi, che francese e musulmanl sia un ossimoro: offriamo esempi contrari, cerchiamo di capire cosa ha convinto i musulmani di allora a morire per la Francia infedele, che cosa ne ha conquistato i cuori… mi pare potrebbe essere utile. L’articolo parlava anche del vuoto di significato bene questo è un modo per riempire quel vuoto con un contenuto che non sia il jihad o la sbornia del giorno dopo.
Le ripeto non sto scrivendo un saggio, ma lanciando provocazioni. Forse sto dicendo un mare di scemenze perché sono troppo stanco e mi figuro di evitare uno scontro inevitabile forse sono troppo giovane e parlo a vanvera perché non ho visto abbastanza del mondo non lo so…
d’altronde cerco di aggrapparmi anch’io a un sogno, una speranza perché mi rendo conto verso dove porta la strada su cui ci troviamo e mi dispiace che vada così. La ringrazio del suo tempo
Prego, Iskander. Le confesso che non tutto mi torna del suo discorso e infatti, sotto un’altra notizia, le dò un po’ sulla voce. Certo, ho idee molto diverse dalle sue riguardo il patriottismo degli zuavi e le influenze culturali ‘a distanza’, insisto sulle reponsabilità della classe politica eurocratica e di quella casereccia, che ci ha svenduto in blocco e ha messo in liquidazione l’identità occidentale, europea, nazionale – da tempo, il Cristianesimo era (era) solo un ornamento barocco.
Ma credo alle sue intenzioni: e le divergenze ci possono stare. Mi scusi se posso averla ferita: ci può stare anche questo, anche se sarebbe meglio di no, ma ciò che fa più male sono le cantilene farlocche di politica, sistema mediatico e intellettuali che reggono il gioco all’uno e all’altro.
Un cordiale saluto.
L’influenza americana si fa sentire in Europa e insieme ai McDonald era inevitabile importare anche la moda del ghetto, del Bronx con abbinata la musica rap violenta e la parcellizzazione della società in tante culture su base etnico/razziale in contrapposizione tra loro. In Francia le banlieu, in Svezia c’è qualcosa di molto simile e in Gran Bretagna pure: sintomo di un’immigrazione di massa non necessaria mai governata con politiche adeguate di integrazione.
In questi decenni si è sviluppato un mondo parallelo alle società europee che conoscevamo e nessuno ha fatto niente? In Svezia ci sono “giovani” che assaltano ambulanze e bruciano auto ma vi rendete conto?! Sono le banlieu stesse il problema non il fatto che qualche ragazzino si oppone al minuto di silenzio. Finché non la smetteremo di copiare gli Usa continueremo a fare i loro errori e a stare sempre peggio: sentire la signora Le Pen che invoca il ritorno di tortura e pena di morte mi fa capire che comunque anche il “nuovo” è un prodotto da colonia quale siamo dell’Impero.
Merci bien, Madame.
Grazie prof. questa è la più bella,esauriente e ragionevole risposta a quanti continuano a vomitare insulti,sloga e luoghi comuni secondo il più classico “politicamente corretto”che è anche la strada più scontata e comoda.per non andare al cuore delle cose e delle persone.Sì é dal cuore dell’uomo,,dalle domande “ultime e originali”del cuore umano che bisogna sempre partire e ripartire:non c’é alternativa alla cultura dell’odio e della legge del taglione che é,poi,la stessa della satira dissacrante che è disumana proprio perché offende,meglio fa a pezzi ciò che é nel cuore dell’uomo,di ogni uomo.Allora quandp si parla di dialogo,di rispettoso confronto si dice questo ma a questo occorre continuamente educarci,non rispondere con proclami bellici e visioni estreme.
Grazie ancora!
Io capisco il messaggio che vuoi portare, e posso anche condividerlo, però secondo me ti stai sbagliando.
Tu parli di proclami bellici e visioni estreme.
Ed è proprio questo il punto che non mi convince.
Diciamocela tutta: le nazioni europee la guerra non la vogliono, preferiscono farne a meno, ovviamente.
Però è un dato di fatto che per fare una guerra tra due forze in campo, non c’è MAI bisogno che le forze si mettano d’accordo per aprire una guerra, ne basta una che decide di muovere guerra all’altra e attaccare, e l’altra se non vuole essere sterminata non ha altra scelta che rispondere alla guerra entrandoci, se non altro per difendersi.
Cerchiamo di capire una cosa che dovrebbe essere chiara a tutti:
non siamo noi che vogliamo occupare quel girone dantesco chiamato Medio Oriente.
Sono loro che vogliono occuparci, per una semplice ragione: noi per loro siamo gli infedeli, dunque possiamo essere uccisi, le nostre donne schiavizzate ed i sopravvissuti, lavorare da schiavi per loro.
Questo è perfettamente lecito nella loro ottica, la loro interpretazione del Corano.
Dunque, se non entriamo nell’ottica che ci dovremo difendere in modo molto energico per sbarrargli la strada ed impedirgli di raggiungere lo scopo che costituisce il 100% dei loro pensieri, quella è la fine che faremo.
Noi non abbiamo scelta, Maurizio.
Loro hanno già scelto per noi.