Diciamo la verità, non tutto è andato per il meglio sabato a Roma all’incontro tra papa Francesco e il mondo della scuola. Tanti che si sono accostati all’evento – anche imbarcandosi in lunghi viaggi in treno o automobile – sono rimasti un po’ allibiti da uno spettacolo i cui riferimenti all’educazione non era poi così chiari. Solo una questione di gusti e sensibilità? Non crediamo, visti anche i fischi della piazza quando sul palco si sono alternati personaggi dello spettacolo – comici, attori, ballerini, cantanti – che poco avevano da dire sul tema. Ottimi professionisti, per carità, ma erano proprio necessari?
Detto questo, è stata certamente una bella giornata di festa. Sarebbe un peccato soffermarsi solo sulle discutibili scelte scenografiche e perdere alcuni fatti importanti.
1. Il numero dei partecipanti. Alcuni dicono che fossero 150 mila, altri 300 mila. In ogni caso, un numero imponente di persone che hanno coperto piazza San Pietro e tutta via della Conciliazione. Quella grande folla ha testimoniato che, per fortuna, nel nostro paese c’è ancora tanta gente – insegnanti, genitori e uomini delle istituzioni – che hanno a cuore la scuola come ambito educativo. Per questo, come ha detto il Pontefice ai radunati in piazza san Pietro, «voi siete qui, noi siamo qui perché amiamo la scuola».
2. Le parole del Papa. Il Pontefice ha imperniato il suo discorso su tre cardini:
- La scuola è «sinonimo di apertura alla realtà. Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E noi non abbiamo diritto ad aver paura della realtà! Andare a scuola significa aprire la mente e il cuore alla realtà, nella ricchezza dei suoi aspetti, delle sue dimensioni. E questo è bellissimo! Nei primi anni si impara a 360 gradi, poi piano piano si approfondisce un indirizzo e infine ci si specializza. Ma se uno ha imparato a imparare, – è questo il segreto, imparare ad imparare! – questo gli rimane per sempre, rimane una persona aperta alla realtà!».
- La scuola «è un luogo di incontro», non un «parcheggio». «È un luogo di incontro nel cammino», ha aggiunto papa Francesco. «La famiglia è il primo nucleo di relazioni: la relazione con il padre e la madre e i fratelli è la base, e ci accompagna sempre nella vita. Ma a scuola noi “socializziamo”: incontriamo persone diverse da noi, diverse per età, per cultura, per origine, per capacità. La scuola è la prima società che integra la famiglia. La famiglia e la scuola non vanno mai contrapposte! Sono complementari, e dunque è importante che collaborino, nel rispetto reciproco».
- La scuola «ci educa al vero, al bene e al bello. L’educazione non può essere neutra. O è positiva o è negativa; o arricchisce o impoverisce; o fa crescere la persona o la deprime, persino può corromperla. (…) La vera educazione ci fa amare la vita, e ci apre alla pienezza della vita!».
- A scuola si imparano non solo «conoscenze», ma anche «abitudini e valori. Si educa per conoscere tante cose, cioè tanti contenuti importanti, per avere certe abitudini e anche per assumere i valori. Per favore, non lasciamoci rubare l’amore per la scuola! Grazie!».
3. Il cardinale Angelo Bagnasco (qui l’intervista a Tempi) ha presentato l’incontro ricordando che «dalla scuola passa la bellezza della vita». La vita, ha detto il presidente della Cei, è «un cammino», una «marcia». «La scuola fa entrare dentro una esperienza che allarga i confini mentali della propria famiglia e apre ad un contatto molteplice che arricchisce e affina la sensibilità umana, predisponendola ad assumere le responsabilità dell’età adulta. Ogni scuola è perciò un atto di speranza che si rinnova ogni mattina grazie ai suoi protagonisti, nonostante i problemi e le inadeguatezze che tutti conosciamo». La scuola, che pur sconta gravi difficoltà, è luogo educativo da preservare, soprattutto nella sua risorsa principale: «Le persone, la loro qualità critica, la loro statura morale, la loro apertura ideale». Per questo, l’impegno della Chiesa è quello di «coltivare il cuore delle generazioni attraverso una paziente opera educativa, che rimetta al centro quella cultura dell’incontro che, a differenza di quella dello scarto, tende a valorizzare quanto c’è in ogni persona di vero, di bello e di buono». Il cardinale ha anche ricordato l’importanza dell’impegno di tanti sia nelle scuole «statali sia in quelle paritarie» e il ruolo fondamentale dei genitori che «rappresenta un diritto sancito dal nostro Paese, ma anche un dovere da garantire e da promuovere da parte dello Stato e dei singoli cittadini».
4. Nel suo discorso, il ministro dell’istruzione Stefani Giannini ha usato alcune espressioni importanti. Oltre a sottolineare la «vicinanza e l’affetto» delle istituzioni a papa Francesco, il ministro ha sottolineato che ogni mattina, in tutta Italia, le scuole «aprono le loro porte agli 8 milioni di bambini e di studenti e ai loro insegnanti. In questo modo l’Italia cresce, ogni giorno, si confronta con la propria storia e determina il proprio futuro». La scuola «è un bene comune: un diritto di ciascuno e un dovere per lo Stato». Per il ministro, «garantirlo a tutti, alle medesime condizioni e senza distinzioni, è il segno più convincente della libertà di educazione».
Lo stesso ministro, in un intervento a Tv2000, ha aggiunto che «se domattina per assurdo si dovesse spegnere il settore paritario, lo Stato avrebbe seri problemi di bilancio». Come già altre volte, Giannini ha mostrato grande attenzione al mondo delle paritarie: «Noi siamo a favore di un sistema integrato dell’istruzione, in cui convergano soggetti diversi. Questo sistema va potenziato. Per tutti, istituti statali e non statali, è necessaria una valutazione globale della qualità».