Papa Francesco all’udienza generale in Piazza San Pietro questa mattina ha commentato l’articolo del Credo su sulla santità della Chiesa. Dopo aver ricordato che fin dagli inizi «i primi cristiani si chiamavano semplicemente “i santi”» perché «avevano la certezza che è l’azione di Dio, lo Spirito Santo che santifica la Chiesa», il Santo Padre si è domandato: «Ma in che senso la Chiesa è santa» se è vero che «nel suo cammino lungo i secoli, ha avuto tante difficoltà, problemi, momenti bui? Come può essere santa una Chiesa fatta di esseri umani, di peccatori? Uomini peccatori, donne peccatrici, sacerdoti peccatori, suore peccatrici, vescovi peccatori, cardinali peccatori, Papa peccatore. Come può essere santa una Chiesa così?».
NON PER I NOSTRI MERITI. La risposta a questa domanda Papa Francesco l’ha tratta da un passaggio della lettera di san Paolo agli efesini: «Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei, per renderla santa». Proprio come avevano ben chiaro i primi cristiani, la Chiesa «è santa perché Gesù Cristo, il Santo di Dio, è unito in modo indissolubile ad essa», ha spiegato il Pontefice. «È santa perché è guidata dallo Spirito Santo che purifica, trasforma, rinnova. Non è santa per i nostri meriti, ma perché Dio la rende santa, è frutto dello Spirito Santo e dei suoi doni. Non siamo noi a farla santa: è Dio, è lo Spirito Santo, che nel suo amore, fa santa la Chiesa!».
L’ERESIA DEI PURI. È vero che «siamo una Chiesa di peccatori», ha aggiunto Papa Francesco riprendendo la classica obiezione del mondo. Ma proprio perché i cristiani sono peccatori, nella Chiesa essi sono chiamati a lasciarsi «trasformare, rinnovare, santificare da Dio». L’idea che la Chiesa debba essere «la Chiesa dei puri, di quelli che sono totalmente coerenti» si è già affacciata tra i credenti nel passato, ma per il Pontefice «è un’eresia». Al contrario, ha detto, «la Chiesa, che è santa, non rifiuta i peccatori; non rifiuta tutti noi! Non rifiuta, perché chiama tutti: li accoglie, è aperta anche ai più lontani, chiama tutti a lasciarsi avvolgere dalla misericordia, dalla tenerezza e dal perdono del Padre, che offre a tutti la possibilità di incontrarlo, di camminare verso la santità».
IL FIGLIO RITROVATO. «Alcuni di voi sono qui senza i vostri peccati?», ha domandato provocatoriamente il Santo Padre rivolto ai presenti. «Nessuno! Nessuno di noi! Tutti portiamo con noi i nostri peccati. Ma il Signore vuole sentire che gli diciamo: “Perdonami, aiutami a camminare, trasforma il mio cuore!”. E il Signore può trasformare il cuore!». Come il figliol prodigo del Vangelo, il cristiano può essere «il figlio che ha lasciato la casa, che ha toccato il fondo della lontananza da Dio. Quando hai la forza di dire: voglio tornare in casa, troverai la porta aperta, Dio ti viene incontro perché ti aspetta sempre. Dio ti aspetta sempre! Dio ti abbraccia, ti bacia e fa festa. È cosi il Signore! Così è la tenerezza del nostro Padre!».
IL SIGNORE CI ASPETTA. Ma la tenerezza di Dio, ha proseguito Papa Francesco, deve interrogare i fedeli: «Chiediamoci, allora: ci lasciamo, noi, santificare? Siamo una Chiesa che chiama e accoglie a braccia aperte i peccatori, che dona coraggio, speranza, o siamo una Chiesa chiusa in se stessa? Siamo una Chiesa in cui si vive l’amore di Dio, in cui si ha attenzione verso l’altro, in cui si prega gli uni per gli altri?». La santità, ha concluso il Pontefice «non consiste anzitutto nel fare cose straordinarie, ma nel lasciare agire Dio. È l’incontro della nostra debolezza con la forza della sua grazia, è avere fiducia nella sua azione che ci permette di vivere nella carità, di fare tutto con gioia e umiltà, per la gloria di Dio e nel servizio del prossimo. (…) Vogliamo essere santi? Il Signore ci aspetta!».