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Pakistan. Musulmano accusato di blasfemia e lapidato a morte

Mushtaq Ahmed avrebbe bruciato un Corano in una moschea del Punjab. Una folla inferocita di 300 islamici l'ha torturato, lapidato e appeso a un albero. Il governo condanna l'accaduto ma non modifica la legge nera sulla blasfemia

Leone Grotti
15/02/2022 - 6:23
Esteri
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Mushtaq Ahmed, musulmano accusato di blasfemia in Pakistan, è stato legato prima di essere lapidato
Mushtaq Ahmed, musulmano accusato di blasfemia in Pakistan, è stato legato prima di essere lapidato a morte e appeso a un albero sabato

In Pakistan una folla di musulmani inferociti ha lapidato un uomo accusato di blasfemia. Il linciaggio è avvenuto sabato in un piccolo villaggio del distretto di Khanewal, nel Punjab. Mushtaq Ahmed, musulmano di 41 anni, era accusato di aver bruciato una copia del Corano all’interno della moschea locale.

Il Corano bruciato e la lapidazione

Secondo quanto dichiarato dal portavoce della polizia, Chaudhry Imran, il custode della moschea avrebbe visto Ahmed dare alle fiamme il testo sacro dell’islam e avrebbe informato alcuni islamici del villaggio e la polizia. Gli agenti sono accorsi sul luogo e hanno trovato l’uomo accerchiato dalla folla.

Tre poliziotti hanno cercato di arrestare Ahmed, per trarlo in salvo, ma sono stati presi a sassate dai musulmani che volevano linciare sul posto il “blasfemo”. Il capo della stazione di polizia di Tulamba, Munawar Gujjar, ha dichiarato di essersi allora precipitato alla moschea con i rinforzi, ma al loro arrivo Ahmed era già stato lapidato a morte, dopo essere stato legato, torturato e infine appeso a un albero.

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La folla di 300 islamici

Gujjar ha anche dichiarato che Ahmed «era mentalmente instabile da 15 anni e secondo la sua famiglia scompariva spesso da casa per mendicare nei villaggi vicini». Il custode della moschea, Mian Mohammad Ramzan, ha dichiarato all’Associated Press di aver visto del fumo provenire dalla moschea e di aver trovato, una volta giunto sul posto, un Corano bruciato e Ahmed intento ad appiccare il fuoco a una seconda copia.

Secondo altri testimoni, la polizia inizialmente era riuscita inizialmente a portare via Ahmed, ma la folla inferocita ha inseguito gli agenti, li ha picchiati e ha sequestrato l’uomo. Tre poliziotti sono rimasti feriti e condotti in ospedale, mentre 80 uomini sono stati arrestati con l’accusa di omicidio, anche se più di 300 avrebbero contribuito a uccidere l’uomo.

La legge sulla blasfemia uccide

Il brutale assassinio di Ahmed avviene appena due mesi dopo quello di Don Nandrasri Priyantha Kumara Diyawadanage. Il srilankese, bruciato vivo nel Punjab il 3 dicembre da un orda di mille islamici, era stato accusato di blasfemia dopo che aveva strappato dalla cinta muraria esterna che delimitava la sua azienda alcuni cartelloni contenenti versetti del Corano. Il gesto era finalizzato alla ristrutturazione del muro.

Ancora una volta, il premier del Pakistan Imran Khan ha denunciato gli assassini assicurando che giustizia sarà fatta e criticando la polizia per la pessima gestione del caso. Ha anche aggiunto che «puniremo con la massima severità coloro che hanno cercato di farsi giustizia con le proprie mani». Ma non ci credo più nessuno.

In Pakistan non cambia niente

In Pakistan l’uccisione di un “blasfemo” contro Allah e il Corano è considerata un’opera meritoria che spiana la strada verso il paradiso. Per quanto il governo della Repubblica islamica continui a condannare verbalmente le uccisioni extragiudiziali, l’impunità per chi si macchia di simili delitti è prassi. Le autorità di Islamabad dovrebbero intervenire a livello legislativo cancellando il reato di blasfemia (che vale solo per la religione islamica), che in Pakistan è punibile con la pena di morte. Ma non osano farlo per timore della reazione degli estremisti.

Anche i giudici si guardano bene dall’intervenire in simili casi per paura di subire ritorsioni. È per questo che i processi dei cristiani perseguitati, accusati ingiustamente e senza prove di blasfemia, vengono rimandati all’infinito negli anni. Ed è ancora per questo che spesso i magistrati non si presentano in aula quando si tratta di condannare chi si è macchiato di omicidio nei confronti di un presunto blasfemo.

In assenza di personalità religiose islamiche che condannino il folle gesto di uccidere i blasfemi, non cambierà mai nulla in Pakistan fino a quando il governo non cancellerà la legge nera sulla blasfemia, che viene spesso sfruttata per regolare conti personali. Ma tutti i tentativi fatti in Parlamento sono finora falliti. Chi sarà il prossimo Ahmed?

@LeoneGrotti

Tags: Cristiani PerseguitatiIslamlegge sulla blasfemiaPakistan
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