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Ora che il dolore fisico morde la mia carne, so perché devo ringraziare il Signore. Anche se lo prego di darmi ancora un po’ di anni di lavoro

Padre Gheddo torna a scrivere dopo una seria caduta sulle scale. «Ho avuto una quindicina di operazioni chirurgiche nella mia vita, ma solo dopo questo incidente, a 85 anni, mi pare di capire a fondo il valore redentivo della sofferenza»

Piero Gheddo
14/11/2014 - 10:59
Società
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piero-gheddo-dinajpur-santal-bangladeshIn data 11 novembre ricevo da Genova questa lettera di un caro amico, padre di quattro figli, che segue con interesse questi Blog, come molti altri amici e lettori che hanno scritto e telefonato per avere notizie.

Caro don Piero, come stai?

ho notato che da un mese non compaiono più i tuoi post nel blog Armagheddo, di cui sono un assiduo lettore ed un occasionale commentatore.

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Spero che la cosa sia dovuta semplicemente ai tuoi molti impegni, magari a qualche viaggio, oppure all’aggiornamento in corso del suo sito, e non a problemi di salute, o di stanchezza per la sua età non più giovanissima.
Di sicuro, gli argomenti su cui parlare non mancano, in particolare, avevi promesso un tuo commento al Sinodo sulla Famiglia, dopo la conclusione della prima sessione.

Quali che siano i motivi, ti assicuro il mio ricordo nella preghiera, perché tu possa continuare ancora per qualche anno a offrire il tuo ministero di prete, missionario e giornalista, a favore della diffusione del Vangelo.

Ti ringrazio anche per tutto ciò che hai fatto finora, in particolare per i tuoi commenti alle vicende del mondo e della Chiesa, sempre puntuali e illuminati dalla luce della Scrittura. Ti saluto con tanta stima ed amicizia,

tuo Mario Molinari

Caro Molinari, sono in ospedale a Milano dal 16 ottobre e dal 23 ottobre nella casa di riposo dei missionari del Pime a Lecco, un quasi ospedale. Sono inciampato in un gradino salendo la scala al mio ufficio al Pime di Milano e ho battuto il torace sulla ringhiera. Nessun osso rotto, ma un mal di schiena molto forte. Alla mia età, 85 anni compiuti a marzo, mi dicono che ogni caduta è grave! È una brutta botta che sopporterò a lungo.

È stata una caduta provvidenziale, il buon Dio voleva fermarmi. Lavoravo troppo e trascuravo la salute. Sono nella casa di riposo dei missionari del Pime a Lecco, e mi devono rifare la prostata (fatta nel 2000 e poi ricresciuta) e guarire per i bruciori alle gambe e ai piedi; e adesso questo dolore alla schiena che avverto come il peggior male. Spero di tornare a Milano a dicembre, ma temo dover proseguire riducendo le varie attività e impegni. Prega e pregate per me. Grazie, vostro padre Piero Gheddo.

Pregate anche per i miei genitori i Servi di Dio Rosetta Franzi (1902-1934) morta di parto con due gemelli e tre bambini, e Giovanni (1900-1942) morto in Russia con un atto di eroismo che ricorda San Massimiliano Kolbe. La loro Causa di beatificazione iniziata dall’Arcidiocesi di Vercelli nel febbraio 2006, è rimasta bloccata a Roma (in stand-by) dalla scarsezza di documenti sulla loro santità scritti nel tempo della loro vita o subito dopo. L’ostacolo pare possa essere superato e si possa riaprire la loro Causa di beatificazione, bisogna solo pregare e segnalare le grazie ricevute per loro intercessione.

Grazie, Dio vi benedica, vostro padre Piero.

Caro don Piero,

grazie per la tua mail! Sono molto rammaricato per il tuo incidente e per il tuo problema con la prostata (cui avevi già accennato in passato), e ti auguro una pronta ripresa. Al tempo stesso, sono confortato di vedere, dalla tua mail, che il tuo spirito è sempre forte, e che l’ottimismo e la speranza non ti hanno lasciato.

Che devo dire? Certamente tu hai ben presente che, per grandi santi come San Francesco e Sant’Ignazio di Loyola, il momento della fragilità è stato anche il momento della conversione e dell’incontro con il Signore. E, di conversione, abbiamo sempre un gran bisogno tutti, io per primo!

Ancora di più, come scrive San Paolo, «Quando sono debole, è allora che sono forte»…

Quindi, sono sicuro che non ti lascerai sfuggire l’occasione di stabilire, in questo tempo di convalescenza (ed anche, immagino, di preghiera più frequente e prolungata), un rapporto ancora più stretto con il Signore a cui hai affidato la tua vita.

Se ti trovassi, nei prossimi mesi, a trascorrere qualche tempo a Genova, dove risiedo, fammelo sapere: sarebbe per me una gioia incontrarti di persona! Ti assicuro la mia preghiera per un tuo pronto recupero, così che tu possa presto tornare alle tue occupazioni, e ti abbraccio nel Signore che dà la vita!

Pace e Bene! Tuo Mario Molinari.

Caro Molinari,

ho avuto tanti accidenti gravi nella mia vita, fra i quali una quindicina di operazioni chirurgiche (nel 2003 e 2009 cancro ai muscoli addominali, quando ho rischiato davvero la vita perché l’intestino si rimetteva in movimento dopo 14 giorni dall’operazione!), ma solo oggi mi pare di capire a fondo il valore redentivo della sofferenza, cioè la via della Croce che Gesù ha percorso e che ogni vivente è chiamato a percorrere. Non tutti allo stesso modo e nello stesso tempo, ma tutti gli u0mini e tutte le donne conoscono il dolore, la sofferenza fisica, morale, ecc.

La sofferenza ci sembra solo negativa, e indubbiamente lo è, per cui dobbiamo fare tutto quel che possiamo per alleviare o eliminare le sofferenze nostre e del nostro prossimo; ma nella visione cristiana il dolore, la sofferenza sono anche positivi, se accolti e sopportati come partecipazione alla Passione e Morte di Cristo, che ha redento l’umanità offrendo se stesso come vittima pura e immacolata sull’Altare della Croce. Ha meritato il perdono dei peccati (cioè dell’egoismo umano che offende Dio Creatore e Padre) e con la sua Risurrezione ci ha spalancato le porte del Paradiso. Non solo, ma ha indicato all’umanità, col suo esempio, le sue parole, il suo Vangelo e la sua Chiesa, che ne continua l’opera nei secoli, il modo migliore di vivere la vita: lodando Dio e amandoci come fratelli e sorelle, a partire dai più piccoli, umili, abbandonati, sfortunati, poveri; quelli che Papa Francesco chiama “il materiale di scarto della società umana”.

Nei miei 61 anni di sacerdozio e di missione (specie nei 32 anni a Milano, come aiutante cappellano alla Clinica Columbus e negli 8 anni di aiutante del cappellano delle carceri di San Vittore, il grande mons. Cesare Curioni poi cappellano di tutte le carceri italiane), ho spiegato tante volte queste verità a chi soffriva. Adesso però, quando il dolore fisico morde la mia carne e l’incertezza del mio futuro mi fa capire la mia miseria e nullità e mi mette del tutto “nelle mani di Dio” (come diceva sempre papà Giovanni: «Siamo sempre nelle mani di Dio!»); ecco, proprio adesso ringrazio il Signore di farmi sperimentare queste sofferenze, anche se lo prego di darmi ancora un po’ di anni di lavoro pieno, per testimoniare e annunziare Gesù Cristo come unico Salvatore dell’umanità.

Grazie a tutti coloro che mi aiutano con la preghiera, Dio vi benedica, vostro padre Piero Gheddo, missionario del Pime.

tratto dal blog di padre Piero Gheddo

Tags: ChiesacristianesimodoloreMassimiliano Kolbemissionarimissionipadre gheddopiero gheddopimerosetta franzisinodo famigliasofferenza
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