Gerry Adams e l’eredità dei Troubles: quanto può influire nel processo di pace?
All’indomani del fermo di Gerry Adams c’è una domanda che si fa insistente tra i tanti osservatori delle vicende del Nord Irlanda: quanto può influire questa vicenda nel processo di pace? Le accuse per il leader dello Sinn Fein sono legate all’omicidio di Jean McConville, la donna madre di 10 figli che l’Ira rapì nel ’72 considerandola un’informatrice degli inglesi, e del cui rapimento Adams sarebbe responsabile. Il politico nega ogni accusa, basata sulle testimonianze di Brendan Hughes e Dolours Price, ex militanti repubblicani che prima di morire hanno raccontato le loro verità sui Troubles all’archivio orale del Boston College. Ma, a poche settimane dalle elezioni europee, l’arresto di colui che si ritiene essere stato il leader dell’Ira a Belfast potrebbe avere conseguenze inimmaginabili.
SINN FEIN, IERI E OGGI. Adams ha giocato un ruolo importante nell’avvicinare repubblicani e unionisti: se nel ’98 si è arrivati alla firma del Good Friday Agreement è anche merito suo, che ha traghettato lo Sinn Fein da una posizione intransigente e legata a doppio filo all’Ira a quella di partito politico autonomo, orientato ad una partecipazione nella vita del Paese (aiutato dal sacerdote padre Alec Reid, recentemente scomparso, che portava in giro alcune sue lettere segrete).
E il valore dello Sinn Fein si coglie guardando anche a come si è evoluto il processo di pace in questi 15 anni, durante i quali le componenti maggiori dell’Ira hanno deposto le armi: ora il partito regge il governo di coalizione assieme agli unionisti del Dup, e, sebbene Belfast sia una città segnata da difficoltà economiche, divisioni persistenti e parate spesso violente, quel dialogo iniziato negli anni Novanta prosegue. Qualora Adams (che dal 2011 è parlamentare a Dublino) venisse arrestato, non è da escludere che Martin McGuinness, leader dello Sinn Fein a Belfast e vice-primo ministro del Paese, ritiri il suo appoggio all’esecutivo, col rischio che il Paese torni a rispondere al governo di Londra. E questo provocherebbe non pochi malumori tra i repubblicani, che da minoranza che erano crescono in numero e, di conseguenza, in richieste politiche.
CONTESE ANCORA APERTE. Al di là degli equilibri tra le parti, c’è un problema ben più profondo: come riconciliarsi con la storia dell’Ulster precedente il 1998? Troppe sono le contese su entrambi i fronti ancora aperte (si pensi al Bloody Sunday), troppi i terroristi che non hanno pagato e sulle cui responsabilità non si è ancora fatta chiarezza. Lo ha capito bene Shaun Woodward, che a Belfast è stato Segretario di Stato fino al 2010, che ha parlato della vicenda col Guardian: «Fino a quando il Nord Irlanda continuerà ad evitare l’innesto di un meccanismo di confronto equo con quanto successo prima degli accordi di pace ci saranno sempre momenti così, tesi e potenzialmente pericolosi, minacciosi per il processo di pace e per quello politico».
LE LETTERE “ON THE RUNS”. Guardando quanto successo negli ultimi mesi è difficile dargli torto: basti pensare al clamore destato dalle lettere “on the runs”, le epistole quasi sconosciute che il Governo inglese spediva a un centinaio di ex militanti dell’Ira ai quali veniva garantita l’immunità in cambio della deposizione delle armi. Quando venne a galla la verità, il premier dell’Ulster Robinson stava per dimettersi. Perché c’è un passato di ferite che stentano a cicatrizzarsi e talvolta tornano a bruciare.
E la storia dei disappeared e di Jean McConville fa parte di queste piaghe, e far fuori Adams rischia di essere il modo peggiore per tentare di sanarla. Per Peter Hain, pure lui Segretario di Stato del Nord Irlanda ai tempi di Tony Blair, la strada da seguire è quella del Sudafrica, dove a chi ammetteva le proprie responsabilità su crimini e atrocità veniva accordata l’amnistia. Ma come si può conciliare un progetto simile col dolore dei familiari delle vittime, che negli anni dei Troubles hanno perso chi un padre, una madre, un figlio, e ancora aspettano giustizia e verità?
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