Non c’è un piano B senza il signor B.

Di Giuseppe Antonio Falci
13 Maggio 2017
Sondaggi favorevoli, uscite calibrate, Berlusconi torna centrale nello schieramento di centrodestra (e pure di centrosinistra). Parlano Orsina e Campi

Silvio Berlusconi

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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – La congiuntura politica è a sua favore. Il diretto interessato lo sa e resta con i piedi per terra. Ma, allo stesso tempo, è più che convinto che quando si entrerà nel vivo del match il suo profilo tornerà utile a Forza Italia e all’intera compagine di centrodestra. Quasi a voler sottolineare, sogghigna con i suoi, che «io ormai sono una riserva della Repubblica». Così Silvio Berlusconi, 81 candeline da spegnere il prossimo 29 settembre, patron di Mediaset, presidente per 30 anni «della squadra più titolata al mondo», il Milan, tre volte presidente del Consiglio, viene descritto «lucidissimo e in grande forma» da chi lo frequenta nelle segrete stanze di Arcore ed è aduso a confrontarsi con lui quotidianamente.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Raccontano che durante lo spoglio elettorale francese, nella sua residenza in Sardegna, attorno a lui i familiari e alcuni fedelissimi, l’ex Cavaliere sia rimasto incollato davanti alla maratona del suo ex direttore del Tg5 Enrico Mentana e abbia guardato con interesse le prodezze del primo presidente della Repubblica, il «tecnocrate» Emmanuel Macron che non ha un partito di lunga tradizione alle spalle. Forse, sostiene più di un azzurro, «il presidente si sarà rivisto in lui. Anche Berlusconi, infatti, è arrivato sulla scena politica con un partito nuovo di zecca e senza mai essere stato eletto in alcuna consultazione».

L’ex Cavaliere la sa lunga: in questi vent’anni di politica attiva ha imparato l’arte della res publica. Ed è stato soprattutto grazie a consiglieri del calibro di Gianni Letta, sempre attivo su tutti i fronti, che il leader di Fi è rimasto sulla cresta dell’onda. La sua strategia nelle ultime settimane, poche uscite puntuali e senza mai una sbavatura – «quelle le lascio a Salvini» –, sembra premiare Fi e il centrodestra. I sondaggi degli istituti di ricerca, per ultimo quello diffuso da Ipsos sul Corriere della Sera di sabato scorso, gli consegnano risultati più che lusinghieri: Fi al 13,1 per cento, la Lega di Salvini al 12,7, Fratelli d’Italia al 4,8. Numeri che fanno sfregare le mani alle truppe parlamentari azzurre: «Svettiamo come coalizione e finalmente superiamo la Lega di Salvini». Segno, convengono ad Arcore, che «questa strategia è quella vincente e che tutto ciò si sta verificando senza il fattore B., la presenza costante di Berlusconi nei mezzi di comunicazione». Il fattore B. è stimato con un 5 per cento in più, assicurano i sondaggisti. Ecco perché il gotha azzurro sostiene che la sua discesa in campo farebbe balzare Forza Italia al 20 per cento. Ne è più che convinto Giovanni Orsina, politologo, docente di Storia contemporanea alla Luiss di Roma e columnist della Stampa, che dice a Tempi: «Il 15 per cento di Berlusconi può arrivare al 18/20».

Tonnellate e chilogrammi
Di parere avverso Alessandro Campi, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia, e conoscitore come pochi del fronte destro dello Stivale. «Il centrodestra – spiega a Tempi – ha un bacino potenziale che si è rifugiato nell’astensionismo. Ma dovrebbe prima chiarirsi le idee. Il problema è: come riconquisti questo elettorato? Il contesto è cambiato. Non si ha più una Lega di rango territoriale come quella di Bossi e una destra di governo come quella di Fini. Quell’operazione non la puoi più fare». Per Campi, l’altro motivo per cui l’operazione risulterebbe ancora più complicata è appunto il fattore B.: «Non è più quello di vent’anni fa. E dopo di lui – continua – nessuno ha più costruito qualcosa di nuovo. Sembra di assistere all’agonia del centrodestra italiano, ma è altrettanto vero che l’unico oggi in grado di riorganizzare il centrodestra resta sempre Berlusconi».

Insomma, vuoi o non vuoi, si torna sempre all’ex premier. Il Cavaliere resta il collante o, come asserisce Orsina, «l’usato sicuro». D’altro canto, spiega un senatore azzurro a taccuini chiusi, «è già successo in diverse occasioni, in ultima istanza al referendum costituzionale, che, fin quando il presidente ha sospeso il giudizio sulla riforma, il Sì e il No hanno viaggiato in parallelo. Quando si è schierato con il No, avete visto cosa è successo? Il No ha messo la freccia». Sono dunque bastati pochi mesi e il nastro è stato riavvolto tornando al punto di partenza, a qualche anno fa, a quando il leader di Fi era il regista dello scacchiere politico del centrodestra, e non solo. «Berlusconi è la punta centrale dello schieramento di centrodestra. Ha in mano il destino della coalizione», sottolinea Orsina che individua due fattori a suo favore: «Intanto Matteo Renzi. La spinta verso il basso del referendum del 4 dicembre pesa una tonnellata. La spinta verso l’alto della vittoria alle primarie pesa circa 30 chilogrammi. Mi sembra ci sia una certa differenza, no? Penso che Renzi non tornerà più a Palazzo Chigi».

Contatti in gran segreto
L’altro fattore rimanda ai cugini d’Oltralpe e, in particolare, al secondo turno delle presidenziali di domenica scorsa: «La vittoria di Macron, e dunque la sconfitta della Le Pen, indebolisce Matteo Salvini, a tutto vantaggio di Berlusconi». E allora come dovrebbe comportarsi nelle prossime settimane l’ex Cavaliere di Arcore? Orsina si ferma un attimo, ci ragiona su, e poi dice: «La mia impressione è che Berlusconi si rimetterà alla finestra. Ad oggi vuole evitare il voto di collegio e sotto sotto si augura che il sistema elettorale resti l’attuale, un proporzionale puro». Anche perché, afferma Campi, «per quale motivo Berlusconi dovrebbe volere il premio alla coalizione? Introdurre il premio alla coalizione potrebbe favorire l’avversario». Solo vivendo si scoprirà la verità sulla legge elettorale. È fissato per fine mese l’inizio dell’iter a Montecitorio.

Intanto sono giornate concitate per la politica italiana. Ore in cui si sprecano i modelli elettorali che fanno riferimento al maggioritario con collegi di stampo francese o al proporzionale alla tedesca. Ma parrebbe che il neo segretario del Pd Renzi, incoronato domenica dalla platea del Marriott Park Hotel di Fiumicino, abbia in mente o l’estensione dell’Italicum modificato dalla Consulta in Senato, oppure il ritorno al Mattarellum. E il Cavaliere cosa fa? Come risponde alle proposte del fronte democratico? Come ama ripetere, non si appassiona alla “politica politicante”, ma nelle segrete stanze, quando si lascia andare, esclude che si possa ripartire dai due modelli di legge elettorale di cui sopra. Come finirà? È il gioco delle parti, Fi e Pd in queste ore si annusano. L’uno studia l’altro e viceversa. In realtà, una trattativa in corso ci sarebbe già. Da una parte l’uomo forte del Senato di Forza Italia, Paolo Romani. Dall’altra, colui che interpreta meglio il renzismo e di cui Renzi si fida ciecamente, Luca Lotti. Confidano che il canale sia più che attivo che mai e i due si sarebbe già incontrati. Più spie portano a un incontro tra Renzi e Berlusconi prima dell’estate. Questa volta, però, non alla luce del sole, con le telecamere a illuminare i rispettivi faccioni. Del summit si saprà soltanto quando si sarà già consumato. Un Nazareno-bis? Chissà.

@GiuseppeFalci

Foto Ansa

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