Nicaragua, il regime processa un vescovo per «associazione a delinquere e fake news»
Continua senza sosta la persecuzione della dittatura sandinista di Daniel Ortega contro chiunque gli opponga, in particolare contro la Chiesa cattolica. Dopo l’arresto, tre giorni fa, di due giornalisti cattolici, Manuel Antonio Obando Cortedano, capo dei media della diocesi di Matagalpa, e Wilberto Artola, giornalista del canale digitale TV Merced, della stessa diocesi, diretta da monsignor Rolando Alvarez, mercoledì la scure della dittatura si è abbattuta per l’ennesima volta contro lo stesso vescovo. La “giustizia” di Managua ha infatti deciso di mantenere il 56enne monsignor Álvarez ai domiciliari, dov’è dal 19 agosto scorso, fissando la prima udienza preliminare per il prossimo 10 gennaio.
La guerra del Nicaragua alla Chiesa
Formalizzate anche le accuse contro di lui, ovvero «associazione a delinquere finalizzata a minare l’integrità nazionale» e «diffusione di notizie false attraverso le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Twitter) a danno dello Stato e della società nicaraguense». Se è oramai risaputo che con la scusa delle presunte “fake news” e delle cosiddette “leggi contro l’odio”, i governi autoritari ovunque nel mondo silenziano ogni opposizione, quella di Ortega contro la Chiesa cattolica è oramai una guerra dichiarata.
In una foto pubblicata dal sito di regime El 19 Digital, si vede “Rolando José Álvarez Lagos”, come lo definisce la stampa orteguista cancellandogli anche il titolo di monsignore, con lo sguardo assente, in abiti civili e dimagrito mentre, seduto su una sedia del tribunale, ascolta il verdetto che ne ha prolungato l’arresto. «Nello stesso caso – informa inoltre la dittatura nicaraguense – è imputato anche Uriel Antonio Vallejos, latitante, la cui cattura è stata inviata dall’autorità giudiziaria all’Interpol». Anche in questo caso si tratta di un prete, nello specifico di padre Uriel, che Tempi aveva intervistato lo scorso gennaio.
L’appello alla Conferenza episcopale del Nicaragua
È la prima volta che il regime divulga una fotografia di Monsignor Álvarez, da quando è confinato ai domiciliari in una casa di Managua. Quest’anno Ortega ha già espulso il nunzio apostolico, Waldemar Sommertag, ha messo fuori legge l’Associazione delle Missionarie della Carità, dell’ordine di Madre Teresa di Calcutta, e ha chiuso diversi media cattolici, tra cui il canale televisivo della locale Conferenza episcopale.
«È tempo che la Conferenza Episcopale del Nicaragua alzi la sua voce. Non si può più nascondere la realtà», denuncia il sacerdote nicaraguense in esilio a Miami, Edwing Román, dopo aver appreso delle accuse contro Monsignor Álvarez. Per lui le accuse sono una sciocchezza perché il vescovo di Matagalpa non ha commesso alcun reato, anzi, si è solo e sempre dedicato ad «annunciare il Regno di Dio» e a «denunciare le ingiustizie».
«La barca alla deriva»
Poi padre Román si sfoga: «La Conferenza episcopale ha lasciato solo monsignor Álvarez, come ha lasciato solo monsignor Silvio Báez (il vescovo ausiliare di Managua, ndr) e noi sacerdoti che siamo in esilio, che ci sentiamo soli. Unicamente il popolo di Dio ci incoraggia. Amo la mia chiesa, amo i miei vescovi, ma le cose vanno dette e so che non manco loro di rispetto».
Per il prete «noi sacerdoti chiediamo la voce dei nostri pastori, che escano in difesa. Non puoi lasciare una barca alla deriva. Per questo, il Signore istituisce dei pastori, per guidarla, per dare la sua vita per le sue pecore, per non lasciare che i lupi distruggano le sue pecore», conclude amaro padre Roman.
Il coraggio di monsignor Álvarez
Reazioni dure arrivano anche dal vescovo honduregno di Danlí, monsignor José Antonio Canales, segretario generale dei vescovi centroamericani, che ribadisce la sua ammirazione per monsignor Álvarez perché «non ha voluto fare il gioco di questa gente (Daniel Ortega e Rosario Murillo, nda) che governano oggi il Nicaragua». Monsignor Canales dettaglia poi che per tutto il tempo in cui monsignor Álvarez è rimasto in carcere, il regime di Ortega gli ha offerto di lasciare il Nicaragua, così come aveva costretto a lasciare Managua monsignor Báez. «Loro gli hanno fatto altri tipi di proposte per uscire da questa situazione, ma monsignor Álvarez è un uomo coraggioso e ha preferito affrontare una magistratura che è inesistente in quanto riceve ordini da un altro potere dello Stato», spiega monsignor Canales.
A detta di Ryan C. Berg, direttore del Programma Americhe del Center for Strategic and International Studies (CSIS), l’accusa contro il vescovo nicaraguense è «una notizia terribile» che dimostra come oggi in Nicaragua «non c’è spazio per praticare la religione in pace, c’è solo la possibilità di una Chiesa di stato controllata da Ortega e sua moglie Rosario Murillo», che però sono «falsi profeti».
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