Il Nicaragua che perseguita la Chiesa ora se la prende anche con gli indigeni

Di Paolo Manzo
07 Agosto 2023
Non si contano più le violenze della dittatura contro la Chiesa cattolica. E Ortega espropria le terre indigene per consegnarle agli investitori cinesi
Nicaragua Alvarez
Cittadini del Nicaragua protestano a Panama chiedendo la liberazione di monsignor Alvarez, incarcerato dal regime (foto Ansa)

«Negli ultimi due anni la dittatura di Daniel Ortega ha espulso tutte le 65 suore straniere dal Nicaragua e sta impedendo il rientro a sei monache nicaraguensi che vivono all’estero e che vorrebbero tornare nel loro paese». La denuncia è di Martha Patricia Molina, la ricercatrice nicaraguense intervistata da Tempi e che, dall’esilio, cerca di monitorare tra difficoltà crescenti le violenze subite dalla Chiesa cattolica in Nicaragua.

Almeno 300 attacchi in un anno alla Chiesa in Nicaragua

«In tutto sono 71 le suore colpite» stima Molina, che ha pubblicato i dati sul suo account di X (ex Twitter). Dieci le congregazioni di monache perseguitate da Ortega, tra queste le Domenicane dell’Annunziata, le Missionarie della Carità fondate da Madre Teresa di Calcutta, le Suore Trappiste, le Religiose della Croce del Sacro Cuore di Gesù e le Suore povere di Gesù e Maria. «Per motivi di sicurezza non menzionerò le altre cinque congregazioni perché sappiamo già che la dittatura è capace di tutto (hanno ancora religiose in Nicaragua, ndr)», ha spiegato la ricercatrice.

Tra i tanti episodi di violenza subiti dalle congregazioni vale la pena ricordare le suore dell’ordine delle Missionarie della Carità, fondate da Madre Teresa di Calcutta e scortate lo scorso anno dalla polizia della dittatura fino al confine e poi costrette ad attraversarlo a piedi per rifugiarsi in Costa Rica. O le suore della congregazione Figlie della carità di San Vincenzo de’ Paoli, espulse nel maggio scorso dal centro educativo che gestivano a San Sebastián de Yalí, cittadina di 38mila abitanti nel nord del paese, centro poi occupato dalle forze di polizia di Ortega. Un mese fa, poi, gli sgherri del regime hanno fatto irruzione violentemente anche nella casa delle suore della Fraternità dei Poveri di Gesù Cristo, nella città di León, di 210mila abitanti e distante 90 chilometri dalla capitale Managua.

La Molina spiega che il numero degli attacchi contro la Chiesa cattolica non può essere conosciuto con esattezza (lei ne ha contabilizzati circa 300 solo negli ultimi 12 mesi) perché la maggior parte delle congregazioni tace: «hanno scelto il silenzio e di offrire questo martirio per la conversione dei dittatori del Nicaragua e di coloro che lavorano per loro».

Fray Domingo, il missionario espulso dopo 54 anni

Espulso qualche giorno fa dopo 54 anni di missione in Nicaragua anche il sacerdote dell’ordine francescano minore Domenico Pepe. Nato a Napoli nel 1939, era molto amato “Fray Domingo”, come lo conoscevano tutti a Rio Branco, cittadina rurale di 40mila abitanti non distante da Matagalpa, la diocesi di cui è vescovo monsignor Rolando Álvarez, attualmente in carcere dopo la condanna folle ad oltre 26 anni imposta dal regime e candidato sia al Nobel per la Pace che al Premio Sacharov. Padre Domenico aveva contribuito a costruire la cappella di San Francesco d’Assisi a Río Blanco, elevata a parrocchia cinque anni fa proprio da monsignor Álvarez che nell’occasione lo definì «la memoria storica incarnata della nostra Diocesi».

«Ha aiutato a costruire le chiese, le case della povera gente, ci ha aiutato con il cibo e i vestiti. Era una persona che ha aiutato fino all’ultimo giorno in cui è stato qui», ha detto un membro della comunità sotto condizione di anonimato per il timore di ritorsioni da parte della dittatura. E, soprattutto, «voleva restare e morire qui», aggiunge. Nel 2004 il sindaco di Río Blanco lo aveva dichiarato figlio prediletto della città e i giovani gli dedicarono due tornei, quello di baseball e quello di pallavolo. Non bastasse, la via centrale riservata ai pedoni del comune porta il suo nome, “Calle Fray Domingo Pepe”. Il 13 agosto Padre Domenico festeggerà il suo 84esimo compleanno lontano da Río Blanco e dai tanti amici e fedeli di una vita. L’ennesima crudeltà programmata ad arte da Ortega.

Il Nicaragua espropria le terre degli indigeni

Ma oltre che contro la chiesa la dittatura sta attaccando con sempre più forza anche gli indigeni, promuovendo l’estrattivismo minerario cinese nei loro territori, come denunciato dalla Piattaforma dei popoli indigeni e afrodiscendenti del Nicaragua. Il regime ha infatti consegnato terre indigene alla Zhong Fu Development SA, una filiale del Zhong Fu Invest Group, con sede a Pechino. Tra queste, 14.000 ettari dove si trova la collina di Miramar, che è «fonte di acqua potabile ed energia per la comunità Sahsa e per la cui difesa le famiglie hanno protestato senza essere ascoltate». Così come altri 1.400 ettari «contro la volontà degli indigeni e degli afrodiscendenti che sono perseguitati ed espulsi con la violenza», ha denunciato l’INANA-IAP.

Le popolazioni indigene di queste zone hanno subito prima l’occupazione illegale delle loro terre e ora il governo – a sostegno dell’invasione di terre indigene – «investe in infrastrutture per chi è arrivato ​​di recente per colonizzare ed estrarre le nostre risorse. Questo è un piano contro l’intera Moskitia (il cuore del corridoio biologico mesoamericano tra Nicaragua e Honduras, ndr), con lo sfollamento di intere comunità ed il disboscamento delle nostre foreste».

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