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A un passo dal Big Bang. Abbiamo trovato la stella del mattino, la più lontana

Il telescopio spaziale Hubble ha fotografato Earendel, nata quasi 13 miliardi di anni fa "poco" dopo l'inizio di tutto. Un colpo di scena inaspettato che ci avvicina all'origine dell'universo

Paolo Galati
03/04/2022 - 6:23
Cultura
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earendel big bang
Earendel, la stella del mattino, individuata dal telescopio Hubble in un fermo immagine di un video della Nasa

L’annuncio è di pochi giorni fa, pubblicato lo scorso mercoledì su Nature: grazie al telescopio Hubble abbiamo visto Earendel, la stella più lontana nella storia dell’osservazione spaziale. Non solo la più distante ma anche la più vecchia, la sua luce infatti ha il record di tempo di viaggio di tutte le altre stelle scoperte in precedenza.

Il «prima» e il «dopo» big bang

Qualsiasi oggetto luminoso si trovi nello spazio ha bisogno di un tempo di viaggio che deve percorrere perché il suo segnale possa giungere fino a noi. Siccome ormai siamo tutti esperti di tutto allora lo scrivo nel modo più semplice possibile: la luce proveniente dalla stella Sirio che si trova a 8,5 anni luce impiega 8,5 anni per percorrere questa distanza. Questo implica che osservare un oggetto che si trovi, per esempio, a 12 miliardi di anni luce significa letteralmente guardare una “fotografia” delle condizioni dell’universo in un’epoca talmente remota da essere chiamata, appunto, alba cosmica. Ed è proprio quello che è successo.

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A oggi quel che sappiamo del Big Bang è che possiamo posizionarlo nel tempo intorno a 13,8 miliardi di anni fa, anno più anno meno: il tempo, la massa (che equivale a gravità), l’energia, insomma tutto il nostro universo prese vita da quell’istante nel tempo. Non esiste un centro dell’espansione, non esiste un bordo e ciò che si sta espandendo è lo spazio fra le galassie. “Il prima”, cosa ci fosse prima del big bang, non ha ancora una spiegazione fisica ma molte teorie discutibili, mentre il dopo lo abbiamo osservato fin dagli albori dell’umanità, dal primo uomo che ha preso coscienza di sé. Non c’era nulla e poi ci fu tutto, tutto così ordinato, cioè cosmico. Lo so, ho bisogno di ferie.

L’australopiteco stellare

Dopo molti milioni di anni dal Big Bang l’universo è ancora molto caldo: in queste condizioni è impossibile che la materia si condensi creando una formazione compatta di materia detta ordinaria. Anzi, di tempo ce n’è voluto parecchio. A oggi gli scienziati convergono sull’ipotesi che ci siano voluti almeno 200-400 milioni di anni perché si potessero formare strutture come le galassie primordiali.

Composte da milioni di stelle, queste galassie giovani hanno fatto evolvere le stelle e poi ancora e ancora portando alla formazione di nuove galassie; sintetizzando, si dice così, la materia e gli elementi che, lentamente o catastroficamente, porteranno alla materia e alle concentrazioni di elementi pesanti che oggi osserviamo nell’universo. Earendel, “stella del mattino”, la più antica stella osservata, si sarebbe formata 12,9 miliardi di anni fa, cioè 900 milioni di anni dopo il Big Bang! Se siamo figli delle stelle allora questa stellina è l’australopiteco stellare per eccellenza.

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Il colpo di scena del capo scenografo dell’universo

In precedenza il record spettava a Icarus, sempre osservata da Hubble, che si trova a 9,4 miliardi di anni fa, più di 4 miliardi dopo il big bang. Ma non è che dobbiamo immaginare un mare di stelline che vagavano così senza metà e senza organizzazione in attesa del principe azzurro vestito da telescopio spaziale con il quale avevano un appuntamento 12,9 miliardi di anni dopo. Assolutamente no. Non è facile individuare una stella tutto sommato non molto grande (50 volte il Sole), in una galassia così lontana, con un telescopio potente ma limitato.

C’è voluto un colpo di scena: il capo scenografo dell’universo ha di sicuro più fantasia di Will Smith. C’è voluto uno schiaffo gravitazionale che facesse arrivare fino a noi la minuscola luminosità di una stella distante. Proprio tra noi e la stella Earendel si trova un grande ammasso di galassie (cioè migliaia di galassie che interagiscono tra di loro): la luce della stella passando attraverso la lente gravitazionale generata dall’ammasso ne amplifica la luminosità anche un migliaio di volte, come in questo caso.

Il colpo di fortuna continua

La galassia madre di Earendel è come se fosse stata distesa e allungata tipo Squishy galattico: il solo Hubble non è in grado di distinguere la singola stella di una galassia lontanissima. È una cosa pazzesca, come voler osservare un singolo granello di una spiaggia da una foto satellitare! Brian Welch di Baltimora, autore dell’articolo pubblicato su Nature, ha dichiarato di essere stato colto di sorpresa da questa incredibile scoperta: non si aspettava di identificare qualcosa di così piccolo e così vertiginosamente distante da noi. E il colpo di fortuna continua.

Già perché la stella sarà tra noi e l’ammasso per qualche anno e quindi presto diventerà un target anche per il recente telescopio spaziale spedito in orbita: il James Webb Telescope. Cento volte più potente di Hubble, il JWT permetterà di effettuare misure molto più precise e dettagliate: massa, temperatura, età evolutiva e composizione chimica. Nel frattempo questa stella si sarà estinta perché non può vivere per 13 miliardi di anni. Ma grazie Earendel, e insegna agli angeli come lasciare tracce immortali per l’umanità.

Tags: nasaspaziostelle
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