
Mosul. Georgette, cristiana sfuggita all’Isis: «Mi ha nascosto una famiglia musulmana»

«Se ci avessero scoperti, i jihadisti dell’Isis ci avrebbero ucciso». Eppure, Georgette Hanna l’hanno nascosta in casa lo stesso per due anni e mezzo. Anche se lei è cristiana e loro invece sono musulmani. È solo una delle storie che cominciano ad emergere da Tel Keff, città che si trova a 15 chilometri a nord di Mosul e che è stata liberata la settimana scorsa dalle truppe governative.
NON POTEVA FUGGIRE. La città, dove un tempo vivevano cristiani e musulmani insieme, è stata conquistata dallo Stato islamico nel giugno del 2014. Quando i terroristi sono entrati, tutti i cristiani sono stati costretti a scappare. Ma Georgette Hanna, 60 anni, è rimasta. Non potendo camminare a causa di problemi di salute, non è potuta fuggire e già si preparava alla sorte toccata a tanti altri fedeli della Piana di Ninive: la cattura da parte dell’Isis, le torture, la conversione forzata all’islam, a volte la morte.
«SAPEVAMO DI RISCHIARE LA VITA». Georgette, però, non ha passato nulla di tutto questo perché una famiglia musulmana l’ha accolta e nascosta nella propria casa. «Sapevamo di rischiare la vita», ha dichiarato la famiglia al sito iracheno Al Araby al-Jadeed, ma l’hanno protetta lo stesso. Per due anni e mezzo Georgette non è uscita di casa e quando i soldati iracheni l’hanno trovata, durante la perquisizione di tutte le abitazioni, si è nascosta sotto un velo. «Temeva fossimo del Daesh», hanno raccontato i militari usando l’acronimo arabo per Stato islamico.
CHIESE COME CENTRI DI ADDESTRAMENTO. L’esercito iracheno ha anche trovato le chiese della città distrutte, tranne quella principale, la chiesa del Sacro Cuore, che l’Isis ha adibito a centro di addestramento delle reclute. Qui venivano portati bambini e ragazzini da Mosul per essere trasformati in «leoni del Califfato», dopo aver prestato giuramento ad Al-Baghdadi. Anche nella principale città della Piana di Ninive, Qaraqosh, gli islamisti hanno usato le chiese per motivi estranei al culto: una è stata adibita a poligono di tiro, l’altra a fabbrica di bombe. Secondo un testimone, sceglievano le chiese perché «sapevano che gli aerei della coalizione anti-Isis non le avrebbero mai bombardate».
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