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Migranti. L’accordo europeo non funziona, ma non per il motivo che pensate voi

Non c'entrano gli Stati "cattivi", mancano i migranti da ridistribuire e l'accordo è stato costruito in modo tale che l'Italia non possa beneficiarne. Intervista al corrispondente da Bruxelles, David Carretta

Leone Grotti
19/05/2016 - 3:00
Esteri
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I numeri sono impietosi: in base al piano di ricollocamento dei migranti approvato l’anno scorso dall’Unione Europea, entro il 2017 dovrebbero essere ridistribuiti tra i paesi europei 160 mila migranti da Grecia e Italia. Poiché il piano stentava a decollare, due mesi fa l’Ue ha intimato di trasferire entro metà maggio almeno 20 mila migranti. Bene: invece che 20 mila, secondo un rapporto ufficiale appena pubblicato, ne sono stati prelevati da Italia e Grecia solo 563, per un totale di 1.500 su 160 mila.
Davanti a un fallimento così palese l’indignazione si spreca, ma come spiega a tempi.it David Carretta, corrispondente da Bruxelles di Radio Radicale e collaboratore di Foglio e Messaggero, la colpa non è dei paesi “cattivi” che vengono meno agli impegni presi.

E allora quali sono le cause di un simile buco nell’acqua?
Le cause sono sia a monte sia a valle. Ci sono alcuni Stati membri che non hanno la volontà politica di prendere i migranti in base agli accordi, ci sono migranti che non vogliono andare nei paesi loro assegnati e poi ci sono problemi di fondo nei paesi di partenza: Italia e Grecia.

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Partiamo dall’inizio: chi è che sta venendo meno ai patti?
Tralasciamo Austria e Svezia: loro non hanno preso nessuno perché hanno ottenuto un’esenzione temporanea, dal momento che l’anno scorso ne hanno accolti molti. Invece Ungheria e Slovacchia si sono rifiutati di accettare migranti senza ragioni. Infine ci sono tanti paesi come la Bulgaria, che ha offerto ad esempio all’Italia di aprire le porte a 90 migranti su una quota assegnata di 471. Se per Ungheria e Slovacchia l’Ue può legalmente aprire procedure di infrazione, nel caso della Bulgaria è molto più difficile.

Perché?
Perché né l’Italia, né la Grecia hanno migranti da ridistribuire. Anche se per motivi diversi.

È uno scherzo?
No. Per problemi di disorganizzazione e mancanza di forze, in Grecia non sono ancora stati individuati i candidati che possono essere trasferiti.

Sta dicendo che alcuni possono essere ricollocati e altri no?
Esattamente. Quando è stato firmato l’accordo tra i paesi europei si è deciso di accogliere solo siriani ed eritrei. In base a questa volontà politica si è cercato un criterio oggettivo per giustificarla e il criterio trovato è questo: possono essere ridistribuiti solo i migranti di una nazionalità che, secondo i dati dell’Eurostat, statisticamente nel 75 per cento dei casi ottengono asilo politico. Risultato: possono partire siriani, eritrei e iracheni. Gli afghani e gli iraniani non sono rientrati nei parametri per pochissimo.

Qual è allora il problema della Grecia?
Atene ha tantissimi siriani da trasferire, ma non ha una macchina statuale adeguata per farlo. Il commissario Ue per le migrazioni, Dimitris Avramopoulos, può ripetere fino allo sfinimento che «occorre fare di più e velocemente», ma la verità è che ci vuole tempo. Bisogna verificare l’identità dei migranti, convincerli a fare domanda di asilo in Grecia, con il rischio magari che debbano restarci, poi prendere contatti con gli altri paesi europei e organizzare un ponte aereo. E Atene non ha abbastanza funzionari per fare tutto questo.

Quindi?
Quindi si arriva al paradosso che, nonostante la Grecia abbia richieste dagli altri paesi europei per migliaia di migranti, non ha richiedenti asilo da trasferire.

E in Italia?
La situazione è la stessa, con una differenza fondamentale. Le strutture italiane funzionano, peccato che noi non abbiamo siriani o iracheni da trasferire. È vero che sono sbarcati molti eritrei, ma la maggior parte dei nostri profughi non è costituita da richiedenti asilo, ma da migranti economici. E questi non possono essere ridistribuiti in base ai patti.

E allora perché Roma ha accettato l’accordo?
Il governo Renzi ha fatto un errore: ha preferito esaltare il comunque coraggioso accordo politico raggiunto in Europa, nascondendo però all’opinione pubblica che non avremmo potuto beneficiarne. Anche nel nostro caso l’offerta di posti che ci arriva da altri paesi eccede la disponibilità di migranti. Spesso poi sono i richiedenti asilo che rifiutano la destinazione.

Perché?
Perché in tanti non hanno nessuna intenzione di andare in Lussemburgo o in Bulgaria. Vogliono la Germania e la Svezia, dove magari vivono i parenti o le loro comunità. Nessuno può costringerli a partire per una destinazione non gradita. E così restano. Del resto i migranti sono esseri umani e bisogna fare i conti con la realtà. Non basta una direttiva costruita astrattamente per sistemare le cose.

E nessuno si è accorto prima che questo piano di ricollocamento non poteva funzionare?
In realtà alcuni giornalisti l’avevano fatto notare in diverse conferenze stampa, ma la Commissione Europea non aveva previsto questa situazione. Il problema è insormontabile: come si può far funzionare un programma che prevede 40 mila posti, quando non ci sono 40 mila migranti che possono occuparli? Il piano dal punto di vista di un funzionario europeo è perfetto: l’equilibrio è stato trovato, anche se con una toppa. Peccato che si scontri inesorabilmente con la realtà sul terreno.

Come se non bastasse, anche l’accordo tra Unione Europea e Turchia è sull’orlo del fallimento.
Sì, ma non per colpa della Turchia. È l’Europa che non vuole più liberalizzare i visti.

Però non sono state rispettate tutte le 72 condizioni previste.
Io non sono un esperto di cavilli, però posso dire questo: noi abbiamo chiesto alla Turchia di riprendersi tutti i migranti che sarebbero sbarcati sulle coste greche dal 20 marzo in poi e di fermare le partenze. Io non so come hanno fatto, però se a settembre-ottobre arrivavano in Grecia 7 mila migranti al giorno, oggi ne arrivano poche decine. È un successo, la Turchia ha fatto il suo.

Però dovrebbero cambiare la legge anti-terrorismo.
Sì, è vero. Il presidente turco Erdogan spesso usa quella legge per perseguitare curdi e giornalisti. Però quello che gli avevamo chiesto, l’ha fatto. Ora non possiamo nasconderci dietro a un tecnicismo. E non so neanche quanto ci convenga.

Cioè?
Se l’accordo naufraga prima del 23 giugno, avremo di nuovo folle di migranti che invadono la Grecia. E il 23 giugno si vota la Brexit, il referendum sull’uscita dell’Inghilterra dall’Unione Europea. Che effetto faranno le immagini dei profughi? Anche Angela Merkel ci rimetterà, perché lei ha voluto questo accordo, e pure il presidente della République Francois Hollande, che si troverà davanti una Marine Le Pen più forte. Ma a rimetterci più di tutti saranno i siriani.

Perché?
Perché invece che essere direttamente prelevati dalla Turchia e portati in Europa in sicurezza, come prevede l’accordo tra Bruxelles e Ankara, torneranno ad affrontare le traversate rischiando la vita. Si ammasseranno alla frontiera per tentare la rotta dei Balcani, nel campo profughi di Idomeni, con il rischio di restare bloccati in quel paese senza Stato che è la Grecia o di prendersi le manganellate degli ungheresi. Avremmo una nuova crisi umanitaria devastante.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

Tags: asilo politicobruxellesdavid carrettaGermaniagreciaItaliaMigrantiTurchiaungheriaUnione Europea
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