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Mentre tutti mollano l’austerity, in Italia i soliti burocrati ostacolano la ripresa per salvare se stessi

Il Giappone rimuove il governatore della Banca centrale. Qui la burocrazia castale non può nemmeno essere contestata quando fa di tutto perché lo Stato non restituisca i soldi alle imprese

Giulio Sapelli
18/05/2013 - 6:30
Interni
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Il mondo cambia. E con una rapidità incredibile. Si guardi a cosa succede nel mercato dei capitali. Le alte nuvole della speculazione sembravano per sempre invincibili: lo furono e per lungo tempo. Tutti ricordiamo gli anni Novanta del Novecento. La Banca d’Inghilterra si svenò per difendere la sterlina e a nulla valse: Soros realizzò guadagni mai visti. E la stessa cosa accadde con la lira: la svalutazione “Ciampi-Amato” con conseguente prelievo fiscale notturno fu determinata dalla sconfitta del contenimento ipotizzato da una Banca d’Italia che aveva perso il controllo degli avvenimenti. Solo la Federal Reserve degli Stati Uniti manteneva in qualche modo il controllo degli avvenimenti… assecondandoli. Insomma: le banche centrali erano sotto scacco. Ora negli Stati Uniti, in Giappone, nel Regno Unito, in Canada e in Brasile e in Messico le cose si sono capovolte: sono le banche centrali che muovono all’attacco. Seguono la strategia di piegare le nuvole della speculazione emettendo più moneta di quanto quelle nuvole non ne alzino.

Un cambiamento di rotta sorprendente. Sorretto anche da rivelazioni che riempiono di orgoglio i non ortodossi come me, che avevano contestato gli striminziti paper che ipotizzavano una correlazione negativa tra alto debito pubblico e bassa crescita. Non avevano nessuna base scientifica. Lo avevamo detto in pochi: Krugman, Stiglitz, chi scrive e pochi altri. Ora l’annuncio che tutto era sbagliato viene dalla direttrice generale del Fondo monetario internazionale, l’elegante signora Lagarde. Eppure anche lei ci aveva creduto e con quelle bazzecole aveva giustificato la politica di austerità e di distruzione degli stock fisici di capitale – le imprese. E la distruzione delle persone che consentivano a quegli stock di produrre ricchezza – che ora sono disoccupate a decine e decine di milioni nell’Ocse. Ora i governi rimettono mano allo scettro: i banchieri centrali obbediscono. La ragione? Tutti sono terrorizzati dalla crisi mondiale che non si arresta. Anzi, lambisce anche il Brasile e la Russia e l’India, insomma i famosi e salvifici Brics. Sì, anche la Cina decelera. E allora si stampa moneta e si fanno politiche di rilassamento fiscale.

In Europa, invece, nonostante che la crisi inizi a toccare la Germania, non si muove più foglia. Draghi è stato fermato, dopo i suoi coraggiosi e utilissimi tentativi di aggirare lo statuto della Banca centrale europea. Ora tutto si è fermato per quanto riguarda la crescita: degli Eurobond non parla più nessuno e sulla solidarietà monetaria e politico-economica è tabù sol sollevar lo sguardo. Insomma, il mondo va da tutt’altra parte e l’Europa, invece, sta a guardare. Non si muove.

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Patto di stabilità? Stabilità di cosa?
Il gelo nordico-teutonico produce i suoi effetti deflattivi: crollano i margini delle imprese, crollano i prezzi (ecco la deflazione), crolla l’occupazione, si diffonde la paura. Inizia una destabilizzazione politico-sociale che sta accelerando con violente scosse. E ciò, più che altrove, nella nostra povera Italia sull’orlo dell’abisso. Eppure non si cambia nulla. La ragioneria generale dello Stato, per esempio, non risponde al parlamento, non risponde neppure al governo, non risponde neppure ai ministri dell’Economia e dello Sviluppo. Non risponde a nessuno. In Giappone hanno destituito il governatore della banca centrale. Qui una burocrazia che risponde a un potere che non è neppure sopranazionale in senso politico, perché è solo burocratico-castale con affiliazioni europee sempre burocratiche, non può neppure essere contestata quando fa di tutto perché non si restituiscano i soldi dovuti alle imprese dallo Stato e che sono ossigeno per la sopravvivenza.

Ecco la prova che l’economia dipende in tutto e per tutto dalla cultura. Siamo in preda ai fondamentalismi italici ben noti: l’importante non è vincere, ma impedire a un altro di vincere, anche se questo vuol dire morte e distruzione. Per quanto riguarda i gruppi d’interesse oggi al potere in Germania e nel Nord Europa, si tratta di un disegno di dominio, ma che, ci piaccia o no, è un disegno di lungo periodo lucido e perseguito sempre secondo una profonda tradizione storica che possiamo contestare ma non ignorare. Da noi è diverso: controlla l’economia un potere castale che ormai difende una politica dell’austerità che anche in Europa s’inizia a definire suicida e ci si impegna a rinegoziare. In effetti è un’arma di distruzione di massa: si pensi al “Patto di stabilità”. Stabilità di cosa? Insomma la casa brucia e i guardiani, credendo di salvare se stessi, impediscono ai pompieri di entrare. Non vorrei che dovessimo ricorrere al presidente Giorgio Napolitano anche per far entrare in casa nostra i vigili del fuoco.

Tags: austeritàeurobondGiorgio Napolitanomario draghipatto di stabilitàUnione Europea
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