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Al Meeting del Cairo gli intellettuali egiziani contro il «fascismo religioso» dei Fratelli Musulmani

La nuova costituzione il tema della manifestazione. Intervista a Tahani el-Gebaly (presidente Cairo Meeting) che chiede «una Carta rispettosa della libertà d’opinione e dell’identità dell’Egitto». E denuncia i «rapporti oscuri» tra Obama e gli islamisti

Rodolfo Casadei
15/10/2013 - 3:40
Esteri
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Non è stato un evento giovanile e di popolo come tre anni fa, ma un atto di resistenza e di impegno civile da parte di alcuni fra i più riconosciuti intellettuali egiziani. La seconda edizione del Cairo Meeting è consistita di un’unica giornata di relazioni e di musica, domenica 13 ottobre, in omaggio alla situazione emergenziale e alle difficoltà materiali ed economiche che l’Egitto vive dalla fine del giugno scorso. Tema, praticamente inevitabile in questi tempi caratterizzati, a livello politico, dalla stesura di un nuovo testo costituzionale, “la legge”. Ma con uno di quei titoli che fanno percepire immediatamente la parentela con il Meeting di Rimini: «La legge: disegnare confini o costruire ponti?».

Ospite d’onore invitato a offrire la lezione più importante della giornata, Joseph Weiler, professore di diritto costituzionale all’università di New York e presidente dell’Università Europea di Firenze. Statunitense ed ebreo praticante. Una scelta dovuta al fatto, come ha ci ha detto poi Tahani al-Gebaly, ex vicepresidente della Corte costituzionale e presidente del Cairo Meeting, che il costituzionalista americano è noto e apprezzato negli ambienti intellettuali egiziani, ma anche una provocazione nei confronti degli esponenti del «fascismo religioso», la delicata definizione che la più importante giurista egiziana dà dell’anno di governo del deposto presidente Morsi. L’altra provocazione è stata quella di svolgere l’evento presso il piccolo teatro dell’Opera House del Cairo, dove fra pochi giorni si terrà l’Aida di Giuseppe Verdi (nel teatro maggiore): per tutto il periodo dell’egemonia politica dei Fratelli Musulmani questa fondamentale istituzione cairota, che quest’anno compie 25 anni, è stata emarginata e boicottata.

Weiler ha parlato sul tema “Una Costituzione che preservi l’identità mentre protegge diritti e libertà: l’esperienza europea”. Ha illustrato la tesi presente nei suoi libri e nelle sue attività accademiche, e cioè che il modello europeo di costituzione è caratterizzato da una distinzione fra gli aspetti identitari dello Stato e la proclamazione dei diritti individuali e relativi alla legislazione pubblica. In forza di ciò in Europa si riscontrano sia costituzioni molto laiche che costituzioni con contenuti religiosi anche confessionali. Ma le une e le altre garantiscono sul piano dei diritti la piena libertà di coscienza e di religione, intesa sia come libertà di religione che come libertà dalla religione.

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Alla successiva discussione hanno partecipato intellettuali noti al pubblico egiziano come Mostafa al-Fiqi («il nostro problema è che gli islamisti vogliono fare della religione la norma in ogni ambito dell’esistenza»), Osama al-Ghazali Harb, Sayed Yassin («nella costituzione approvata sotto Morsi le leggi non dovevano più ispirarsi genericamente ai princìpi della sharia, ma a ciò che secondo loro la sharia prevedeva nel dettaglio»), Sayed al-Gharib, Salah Fadl («il rapporto fra la religione e la legge deve essere che la legge protegge il diritto di credere, di esprimersi e di cercare, la Rivoluzione del 30 giugno ha recuperato queste libertà contro la costituzione che aveva preso prigioniera la democrazia»). Praticamente tutti gli interventi hanno fatto appello alle “due Rivoluzioni”: quella del 25 gennaio 2011 che ha portato alle dimissioni di Mubarak e quella del 30 giugno che ha preceduto la deposizione di Morsi per opera dei militari.

È seguita la presentazione del libro in edizione araba L’esperienza elementare e la legge. «La nostra discussione sull’identità egiziana e sulla Costituzione è post-ideologica, la nostra generazione vive oltre le ideologie e nella legge cerca un ponte per incontrare gli altri, e non uno schema ideologico dentro cui immobilizzarsi», ha detto Wael Farouq, vicepresidente del Cairo Meeting e professore di arabo all’Università Cattolica di Milano. In serata si è svolto un concerto di musica egiziana dal titolo “Canzoni di libertà”: un’orchestra sinfonica ha accompagnato le esibizioni di cantanti uomini e donne che hanno intonato testi patriottici con sottofondi musicali tradizionali.

Sulla seconda edizione del Cairo Meeting e sul momento politico che l’Egitto attraversa ha accettato di rilasciarci una breve intervista Tahani al-Gebaly.

Signora al-Gebaly, la seconda edizione del Cairo Meeting ha come argomento centrale la legge. Per via del fatto che si sta scrivendo una nuova Costituzione?
Sì, in questo momento l’Egitto sta scrivendo una nuova costituzione e i temi più importanti sono il rapporto fra la religione e lo Stato e quello fra la legge e la religione. Nel mondo ci sono molte esperienze costituzionali che possono servirci da punto di riferimento per sviluppare la nostra specifica esperienza. Abbiamo invitato Joseph Weiler, che è uno studioso noto e apprezzato in Egitto ed è esperto delle costituzioni europee, che sa guardare con sguardo critico e che sa proporre nella loro diversità. È stato un momento di dialogo fra esperienza egiziana ed esperienza europea.

Per la seconda edizione avete scelto come luogo per lo svolgimento dell’intero programma l’Opera House, che nella prima edizione aveva ospitato alcuni eventi.
In occasione della prima edizione era stata una delle tante scelte possibili, stavolta è stato un segno della volontà di riaccendere la luce di un’istituzione cairota. Durante il regime fascista religioso da poco finito, hanno cercato più volte di chiuderla, perché loro sono contrari al canto, alla danza e a tutte le arti umane. In quel periodo la programmazione era ridotta quasi a zero, e per protesta i cantanti cantavano per la strada e le danzatrici del ventre ballavano per la strada. La nostra scelta di oggi è un messaggio: vogliamo riaccendere la luce.

Il panorama politico egiziano è passato attraverso grandi cambiamenti nel periodo fra la prima edizione del Cairo Meeting (ottobre 2010) ed oggi. Che cosa pensa dell’attuale distribuzione del potere in Egitto?
Siamo passati attraverso tempi difficili, il cambiamento nazionale non è stato facile, ma alla fine le cose si sono messe per il meglio. Siamo felici che sia stato sconfitto il regime di fascismo religioso e che l’Egitto abbia ripreso la strada che lo porterà a costruire uno Stato più moderno e un sistema democratico.

Cosa c’era di sbagliato nella costituzione scritta e approvata dagli islamisti?
C’erano le premesse per l’istituzione di uno Stato religioso teocratico, c’erano elementi che mettevano in pericolo la sicurezza nazionale, costrizioni della libertà personale, soprattutto della libertà d’opinione, e una mancanza di rispetto per l’identità dell’Egitto.

La questione della religione e il ruolo dei militari sono forse i due punti più caldi nelle attuali discussioni nel comitato che stende il testo che sarà sottoposto a referendum.
Il punto è mantenere la giusta separazione fra religione e politica. Per quanto riguarda l’esercito, occorre tornare, se non nelle parole almeno nel senso della cosa, a quanto la Costituzione del 1971 prevedeva per le forze armate. Da una parte occorre preservare la riservatezza delle cose militari perché le forze armate esercitino al meglio il compito di proteggere la sicurezza nazionale, dall’altra esse devono essere sotto la supervisione dello Stato come ogni altro ente pubblico. Credo che alla fine si troverà la buona soluzione.

Qualche tempo fa lei ha duramente attaccato il presidente americano Barack Obama accusandolo di sostenere gli interessi dei Fratelli Musulmani, anche a causa del fatto che un suo fratello sarebbe in affari con essi. Conferma queste accuse?
Confermo. So, come molti, che Malik Obama, fratello di Barack per parte di padre, in Kenya è responsabile degli investimenti finanziari dell’organizzazione internazionale dei Fratelli Musulmani. Il rapporto che il presidente Usa ha con loro non è innocente, e non è soltanto politico. Ci sono molti aspetti oscuri da chiarire.

@RodolfoCasadei

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