Marco Gallo e il suo «vorace desiderio di significato»

Di Caterina Giojelli
16 Novembre 2016
Un libro raccoglie domande radicali, ricordi e scritti di questo nostro giovane amico letteralmente travolto dall'incontro entusiasmante con Cristo

marco-gallo-copertina-libroArticolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti)

L’ultima sera Marco Gallo aveva scritto sul muro, accanto al letto: «Perché cercate tra i morti colui che è vivo?». Mamma Paola ne è sicura, prima di quel 5 novembre 2011, quando il suo vivacissimo figlio diciassettenne, studente del liceo Don Gnocchi di Carate Brianza, perse la vita in un incidente stradale, quella scritta non c’era. Ma Marco scriveva sempre, ovunque, sul frigo, sui banchi, su pezzetti di carta.

«Negli ultimi tempi aveva sviluppato un vorace desiderio di significato», raccontò Marina Corradi ricordandolo su Tempi. E proprio al nostro giornale Marco aveva mandato una lettera tornando dalla beatificazione di Giovanni Paolo II a Roma: «Permettete a Cristo di parlare all’uomo. Solo lui ha parole di vita eterna – scrive folgorato dalle parole di Wojtyla –. È come se, finalmente, qualcuno mi avesse capito».

Da quel giorno gli ultimi mesi di Marco sono marcati da una vertiginosa accelerazione e da domande radicali, ricordi e scritti che mamma, papà e sorelle hanno raccolto in un libro, Marco Gallo. Anche i sassi si sarebbero messi a saltellare (a cura di Paola Cevasco, Antonio, Francesca e Veronica Gallo, Itaca, 14 euro). La storia di un ragazzino innamorato della vita e di Cristo la cui morte improvvisa appare essere «il compimento di un cammino, davvero il dies natalis».

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