“Ulster is British. No surrender”. Di intenzioni di arrendersi ce ne sono ben poche tra i manifestanti: da ormai una settimana tensione e rabbia sono cresciute vistosamente tra i lealisti nordirlandesi, in piazza per protestare contro la decisione del Belfast City Hall di rimuovere dalla sua sede l’Union Jack, la bandiera britannica. Oggi l’Assemblea nazionale discuterà su come arginare questa escalation di violenza, dopo le tante manifestazioni terminate in scontri, contro la polizia o contro le sedi dell’Alliance Party.
ALLARME BOMBA. Sono stati giorni lunghi e pesanti, con eterne notti di lotte, auto date alle fiamme, lanci di oggetti, a scandire l’attesa per l’arrivo, sabato, di Hillary Clinton, all’ultimo viaggio da Segretario di Stato Usa: poche ore prima del suo atterraggio veniva trovato a Derry un ordigno all’interno di un auto, per il quale venivano poi fermate quattro persone. La bomba (della quale si teme la paternità della New-Ira) non è esplosa e non ha fatto danni, e così il viaggio dell’ex-first lady statunitense è potuto procedere senza problemi: a Stormont ha incontrato Robinson e McGuinness, Premier e vice-Premier del Paese, condannando poi quanto sta accadendo a Belfast e dintorni. Dove le manifestazioni a favore dell’Union Jack sono sfociate in violenza più di una volta.
C’ENTRANO I PARAMILITARI LEALISTI? Ieri la tensione pareva essere calata enormemente, ma intanto la PSNI intanto si prepara a quanto potrà accadere nei prossimi giorni, e punta il dito contro le forze paramilitari lealiste: «Sono coinvolti nell’organizzazione dei disordini che abbiamo dovuto affrontare, e sono stati visti in più aree nelle scorse notti di violenza», accusava UDA e UVF qualche giorno fa William Kerr, Assistant Chief Constable della polizia.