L’unico vero supereroe del Meeting porta il saio al Villaggio ragazzi

Di Caterina Giojelli
24 Agosto 2018
Per noi di Tempi padre Marco Finco è come Ulisse che non dimentica Itaca. E il suo spettacolo su sant'Antonio da Padova (Luce, voce, croce e... noce) vi farà tornare bambini

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Per noi di Tempi è come Ulisse che non dimentica Itaca, amico di quella amicizia che comincia dal fuoco, dal cibo, dalle bevande e dalla percezione della pioggia e del gelo, il Robinson Crusoe di Chesterton, circondato da strani attrezzi ideali perché avrebbero potuto essere lasciati cadere in mare. E invece eccoli, l’ombrello, il cappello, i bauli, il boccale, tutto – ogni volta che andiamo a trovarlo e farci da lui ospitare al Centro francescano Rosetum per i nostri incontri, le nostre cene -, sembra ricordarci quanto è prezioso perché tutto pare sfuggito per un capello al naufragio, tutto è salvato.

[pubblicita_articolo allineam=”destra”]In altre parole, padre Marco Finco non è per noi solo il battagliero direttore artistico del Rosetum, ma un amico delle odissee spericolate, piccole, come quelle per salvare un piccolo giornale come il nostro, o immense, come quelle vissute dai più eccezionali uomini di Dio per salvare il mondo e che ancora oggi abitano la cittadella della nostra libertà.

Il perché lo capiscono anche i bambini: non sappiamo quando ma sappiamo che padre Marco ha avuto in dono la grammatica del Padre, quella cara al più piccolo dei suoi figli. Ogni giorno, da quando è qui al Meeting, per tre volte al giorno, smette il saio di padre Marco e indossa il saio di sant’Antonio da Padova, popolando di bambini, come quelli che numerosissimi affollano i suoi spettacoli a Milano, il Villaggio dei ragazzi della fiera. E come ogni volta che sale su un palco, per i bambini, sì, ma anche per presentare quegli incontri tra laici e cattolici che hanno fatto del Rosetum la coraggiosa rocca culturale – perché realmente popolare – di Milano, padre Marco riesce a strappare la parola umana dal pentolino di latta su cui in tanti battono melodie da far ballare gli orsi mentre vorrebbero intenerire le stelle, direbbe Flaubert.

Ecco allora statue, quadri, libri, brani di Vangelo animarsi, diventare canzone, giocoleria, poesia, diventare un ragazzino portoghese che a bordo di una pila di vecchi libri accatasta domande e bambini come su un altare, e poi un uomo, a bordo di un vascello di guscio di noce che prende il mare in tempesta, e poi un frate che zappa con l’ombrello e accarezza i pesci, e un santo che parla a una mula e converte un eretico. E ti chiedi quando arriveranno i balestrieri, la corsa delle oche, quando accenderanno il fuoco nelle locande, perché non solo sei lì come un conte a spiare Antonio che parla di notte con un bambinello Gesù in carne e ossa sul davanzale, ma intorno a te il Meeting diventa contrada medievale, gli oggetti di scena un inventario poetico da cantastorie, e ti sorprendi a pensare tra i canti dei bambini e le storie delle scimitarre che i mori calavano sulla testa dei frati che ogni vita è salva grazie a piccolissime e spesso strane cose che non erano state calcolate.

Ecco perché il sant’Antonio di padre Marco è un vero spettacolo, una liberazione da prediche beghine paolotto-giovanilistiche, non ci ingozza di morale e di quello che non sappiamo, bensì rappresenta ciò che da piccoli non abbiamo propriamente perduto e che da grandi non vorremmo più perdere: qualcuno che armato di “Luce, croce, voce e… noce” (titolo dell’avventurosa rappresentazione portata da padre Marco in scena al Meeting con Pietro Grava e la regia di Carlo Maria Rossi) sappia raccontare la strada da percorrere, senza risparmiarti la scimitarra e la tempesta, la forma del destino, qualcuno che non dimentichi l’odissea.

Per questo padre Marco è il nostro eroe del Meeting, il nostro Guardini della realtà raccontata tutta così com’è, il nostro supereroe della Marvel che salva le domande bambine dal naufragio, il nostro Giobbe che conosce la grammatica di Dio e dei santi che appartengono alla storia, perché sono loro stessi a fare la storia e a farla come piace a Dio. Per credere, raggiungere finché siete in tempo quell’angolo di Meeting che diventa contrada, assistere allo spettacolo (ore 12, 16.30 e 19), prenotare la mostra (visite guidate giornaliere dalle 11), tornare bambini per non perdere una noce di ciascuna, propria, Odissea.

Foto Meeting

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