Luca Conti: «Il crollo delle testate web? Cambiano le notizie e cala l’interesse»
I dati pubblicati dal rapporto Audiweb sull’audience dei siti d’informazione nel mese di febbraio paiono allarmanti. Si dice che sono sempre di più, rispetto a un anno fa, gli italiani su internet, ma molte meno le pagine visitate e il tempo trascorso on line. E tante grandi testate fanno registrare sensibili cali percentuali. Ne abbiamo parlato con Luca Conti, una delle persone più adatte ad aiutarci a comprendere questi numeri. Conti è un esperto del mondo di internet: da quando è nato, dieci anni fa, il suo blog, Pandemia.info, ha fatto del web il suo campo di lavoro, diventando anche consulente nel social media marketing, scrivendo libri e articoli per varie testate italiani.
Conti, cresce la gente sul web, ma cala il tempo che gli italiani trascorrono su internet e le pagine viste. Perché?
Lo stacco è netto, e si spiega col fatto che crescono molto gli utenti che si collegano, ma non quelli che hanno imparato ad usare internet tutti i giorni e ad adoperarlo abitualmente. In Italia c’è un nucleo di utenti attivi che consultano quotidianamente e con frequenza la rete, informandosi tramite essa, usando i social network… Questa fascia di utenti è giovane e numericamente confrontabile con quella degli altri paesi europei. Ma poi c’è anche una fetta di persone che naviga su internet, ma non con la stessa costanza. È come se ci fosse una rete a due velocità. Rispetto allo scorso anno, è ipotizzabile che ci sia stato un cambio di notizie: argomenti che 12 mesi fa erano interessanti, quest’anno non ci sono più.
Quanto ha inciso questo cambio di notizie? Conta qualcosa che sia terminata l’epoca di Berlusconi, e con essa dell’anti-berlusconismo?
Sì, la differenza tra le notizie di un anno fa ha avuto il suo peso. Certo, l’avvicendamento di governo ha influito: l’attenzione che c’è ora per le vicende politiche è minore rispetto a quando c’era Berlusconi. Non è l’unica ragione, ma certo ha contribuito molto. Specie alcune testate come Repubblica o Il Fatto Quotidiano hanno dedicato molta enfasi alla figura dell’ex premier: se viene meno questa attenzione, ci sono anche meno notizie da leggere.
I dati rilevano invece una crescita dei cosiddetti superblog, o delle testate all digital, come Lettera 43 o Il Post. E numeri importanti li sta facendo anche Linkiesta.
Questi siti hanno il vantaggio di essere giovani, nati da poco. Sono partiti subito con un progetto chiaro di diffusione e interazione tramite l’uso dei social network. In più sono nuovi, quindi cominciano con numeri piccoli, e crescono costantemente. Il loro è un incremento naturale: alto in termini percentuali, ma piccolo in valori assoluti. Non hanno grande pubblicità, ne enormi potenzialità, dato che spesso hanno alle spalle redazioni piccole, e non sono neanche collegati a gruppi editoriali che possano sostenerli: si diffondono quindi solo grazie al passaparola e alla diffusione tramite i social network. Attenzione, non bisogna pensare che ci sia stato un travaso di lettori: gli utenti dai siti grandi non sono passati a quelli più piccoli. È semplicemente calato l’interesse del pubblico. A riprova di ciò, c’è il fatto che son diminuite di più le pagine viste del numero di utenti, il che significa che scende molto di più la quantità di pagine interessanti da leggere piuttosto che il numero di italiani on line.
In conclusione, che tipo di informazione cerca la gente su internet?
Le persone che usano internet sono sempre di più le persone di tutti i giorni. Non è più una cosa solo per giovani o per smanettoni. Quindi la gente cerca gli stessi argomenti che cerca sugli altri mezzi: se, ad esempio, sui giornali regionali ciò che attira di più è la cronaca nera, anche su internet si riproporrà il medesimo fenomeno. Se a livello nazionale il calcio è lo sport più seguito, idem sul web. Però va detto che i grandi giornali on line hanno una costante propensione alla breaking news, a volte anche solo modificando le notizie con minimi particolari. Questo è un pregio valorizzato dagli utenti. Ma attenzione a non trascurare il “long form journalism”, di cui c’è altrettanto bisogno. Prendiamo ad esempio il magazine statunitense Slate.com: da qualche anno ha iniziato a produrre meno notizie, ma più lunghe ed approfondite. Il risultato è stato un aumento di visitatori, al pari delle pagine guardate e del tempo trascorso dagli utenti sul sito.
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