
Dieci giorni dopo l’orribile delitto cominciano ad essere meno frammentarie le informazioni intorno all’assassinio di Samaru Madkami, il 14enne cristiano pentecostale ucciso nelle notte fra il 4 e il 5 giugno scorsi da una banda di estremisti religiosi indù nei pressi del villaggio di Kenduguda nello stato dell’Odisha (Orissa fino al 2011) in India. Samaru era stato trascinato fuori di casa, come pure due suoi cugini, anche loro cristiani e anche loro prelevati dalle loro case, alle 11 di notte del 4 giugno. I tre erano stati condotti nel folto della giungla da un piccola folla di residenti del villaggio e di estremisti indù di altre località della stessa regione per quello che doveva essere un incontro di chiarimento: nella zona erano morti negli ultimi tre mesi 17 giovani uomini per una malattia non identificata, e i cristiani erano accusati di avere causato il morbo con atti di stregoneria. Quando i tre ragazzi si sono resi conto che la riunione si sarebbe conclusa col loro linciaggio, si sono dati alla fuga, ma il più giovane di loro, Samaru, non ce l’ha fatta a sfuggire ai suoi aggressori, che l’hanno massacrato a colpi di pietra e sgozzato; dopodiché il suo cadavere è stato mutilato e sepolto nel folto della foresta. Grazie all’allarme dato dai due sopravvissuti e alla denuncia della scomparsa di Umaru fatta da un suo fratello, il giorno dopo la polizia ha effettuato una serie di arresti, e alcuni dei fermati hanno ammesso le loro responsabilità e indicato il luogo dove i resti di Samaru erano stati seppelliti.
L’assalto ai tre cristiani e l’uccisione del 14enne si inseriscono in uno schema di aggressioni ai cristiani della zona che va avanti da mesi. Nello stato dell’Odisha si sono registrati 22 casi di persecuzione anticristiana nel corso del 2019 con una vittima, e 8 casi nel 2020 compreso l’ultimo nel quale è rimasto ucciso Samaru Madkami. Nel solo distretto di Malkangiri, dove si trova il villaggio di Kenduguda, nei tre anni precedenti il 2020 l’organizzazione Persecution Relief ha censito 14 omicidi a sfondo settario contro residenti cristiani. Nel solo mese di maggio in tre diversi incidenti fanatici religiosi hanno rinchiuso cristiani del villaggio in sacchi di iuta e hanno minacciato di farli annegare in un fiume vicino; in un’altra occasione alcuni estremisti hanno cercato di dare fuoco a due cristiani che sono sfuggiti al tentativo. Nel 2008 l’allora Orissa era stato la scena di una serie di raid contro comunità cristiane che avevano causato 90 morti e la distruzione di centinaia di luoghi di culto. Nel 1999 il pastore evangelico australiano Graham Stains e i suoi due figli maschi di 10 e 6 anni Philip e Timothy erano stati bruciati vivi dentro alla loro auto da una gang di estremisti indù a Manoharpur, sempre nell’Orissa. I cristiani vengono normalmente accusati di aver rinunciato alla religione indù per denaro o di avere comprato con denaro la conversione di persone particolarmente povere, spesso appartenenti alle etnie tribali. Nonostante la catena ininterrotta di persecuzioni e omicidi, il numero dei cristiani è andato costantemente crescendo nel tempo nell’Odisha: la conversione della famiglia di Samaru Madkami risale a tre anni fa.
Ha detto il pastore Bijay Pusuru della Bethel Church, la Chiesa pentecostale a cui era affiliato Samaru: «I cristiani in questo villaggio hanno subìto molte minacce e sono continuamente perseguitati da fanatici religiosi. Samaru era già stato aggredito nel febbraio scorso. Ho presentato quattro denunce alla stazione di polizia del distretto di Malkangiri per questi attacchi». «Samaru era un cristiano appassionato», ha detto fra le lacrime il pastore Bijay. «Sempre condivideva la Bibbia coi giovani e i bambini del villaggio. In un’occasione mi aveva detto: “Se succede qualcosa a te, pastore, non avrò paura; mi farò carico io del tuo lavoro di pastore e servirò il Signore!”». Samaru era orfano di madre dalla prima infanzia.
Secondo Persecution Relief, un’iniziativa interdenominazionale a dominante protestante per la libertà religiosa dei cristiani in India, fra il gennaio 2016 e il marzo 2020 si sono registrati 1.961 crimini di odio contro i cristiani su tutto il territorio indiano; nel primo quarto del 2020 si sono registrati 187 casi. Nel 2019 l’organizzazione ha censito 199 casi di minacce e intimidazioni contro cristiani, 104 attacchi a edifici religiosi, 85 incidenti con violenze fisiche. Confrontando il primo trimestre del 2016 col primo trimestre del 2020, è stato rilevato un aumento degli attacchi del 128 per cento.