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Lombardia, il grande covo

Non solo cosche. Tra ex sovietici, cinesi, jihadisti, il distretto bresciano rappresenta oggi l’Eldorado delle nuove mafie. La battaglia del pg Dell’Osso

Mariarosa Marchesano
14/04/2017 - 17:05
Interni
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Articolo tratto dal numero di Tempi in edicola (vai alla pagina degli abbonamenti) – Da oltre dieci anni, uno dei territori prediletti dalle “nuove mafie” è il distretto bresciano che comprende anche Bergamo, Mantova e Cremona. In pratica, un terzo della Lombardia in cui risiedono circa tre milioni di abitanti (contro i 10 milioni della regione). Stiamo parlando di un’area che rappresenta un’eccellenza dell’industria a livello internazionale, sede di tanti gruppi importanti che hanno fatto la storia del made in Italy nel mondo. In particolare, quella di Brescia è la prima provincia industriale d’Europa, la seconda in Lombardia in termini di prodotto interno lordo e la terza in Italia per il settore manifatturiero, dopo Milano e Torino. Proprio per questo, forse, c’è sempre stata una certa riluttanza a parlare apertamente del deterioramento in senso criminale di questo territorio.

Ma il livello di allerta sta crescendo e per la prima volta il “caso Brescia” viene alla ribalta in modo chiaro grazie alla dettagliata analisi di un magistrato antimafia con 40 anni di esperienza come Pierluigi Maria Dell’Osso, da tre anni procuratore generale presso la Corte d’Appello di Brescia. Nella sua relazione per l’anno giudiziario 2017, finora inedita, emerge che il versante orientale lombardo, proprio per la sua ricchezza economica e la fitta presenza di operatori finanziari, «ha esercitato ed è destinato ad esercitare una fortissima capacità attrattiva per i gruppi criminali stranieri, oltre che per le organizzazioni di stampo tradizionale, cioè ‘ndrangheta, camorra e mafia». In pratica, il panorama locale, già contagiato sin dagli anni Settanta dalle cosche provenienti da Campania, Calabria e Sicilia, è stato integrato, per così dire, dalle nuove mafie, in particolare quella russa e quella cinese, che esercitano la propria influenza «in modo anche più insistente rispetto ad altre aree del paese».

La Corte d’Appello di Brescia comprende quattro procure, una Direzione distrettuale antimafia (Dia) e una procura distrettuale minorile. Nel 2015 Dell’Osso ha costituito un pool investigativo che si occupa di reati ambientali e di traffico di rifiuti, con indagini anche sugli ambienti della finanza e del crimine organizzato. Da questo nucleo è nata una nuova sezione della Dia che, dopo le prime difficoltà organizzative, ha trovato una sede adeguata a palazzo Martinengo, tra i più prestigiosi edifici storici del centro di Brescia, offerto gratuitamente dalla giunta comunale. Un atto quest’ultimo che segna discontinuità rispetto a un passato in cui prevaleva la tendenza a sottovalutare il fenomeno della criminalità in Lombardia. «Fino a qualche decennio fa il territorio bresciano era percepito e ritenuto estraneo a consistenti, sistematiche, variegate attività criminali che fanno capo ad associazioni per delinquere di differenti matrici e di diverse nazionalità. Si trattava di valutazioni decisamente erronee…»: cosi il procuratore Dell’Osso arriva al cuore del problema. Potrebbe esistere una Gomorra del Nord, con dinamiche e modalità diverse da quella originale, ma forse anche più intraprendente e sofisticata.

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Il bresciano, più che essere dominato da una cupola mafiosa, appare letteralmente aggredito da una moltitudine di gruppi di diversa estrazione che riescono a mimetizzarsi nel territorio, spesso infiltrandosi in attività economiche sane ed esercitando così il proprio potere dal basso ed entrando in relazione con poteri pubblici.

Le rotte del riciclaggio
Tra le attività di matrice straniera prevalgono i russi, «mediante la costituzione in Italia di fittizie società unipersonali con indagini che hanno fatto emergere una fitta rete di conti correnti bancari dalle stesse accesi presso istituti di credito operanti a Brescia, all’interno di un sistema internazionale di riciclaggio di denaro proveniente dall’ex Urss». Gli investimenti da questi paesi sono soprattutto di carattere immobiliare e interessati all’area del lago di Garda.
Uno degli aspetti più interessanti dell’analisi è l’aumento dei rischi legati al terrorismo e alle sue interconnessioni con la criminalità. «Sulle rotte dei traffici internazionali, in particolare quelli relativi al riciclaggio, finiscono con l’intersecarsi vicende di terrorismo internazionale fondamentalista e jihadista. Su tale circostanza non si richiamerà mai a sufficienza l’attenzione, specie nella fase attuale, che vede l’Italia alle prese con la complessa realtà finanziaria del post Expo. Molti paesi interessati da gravi vicende di guerra o di guerriglia compaiono nel novero di quelli che hanno partecipato all’evento milanese».

Il riferimento all’Expo non è casuale visto che nel 2015 Dell’Osso è stato membro della task force sulla sicurezza costituita dalla prefettura di Milano. La sua idea è che esista una linea di continuità territoriale che non va sottovalutata nell’attività di prevenzione del crimine relativo al futuro delle aree. «Il distretto bresciano è ben lungi dall’essere stato solo marginalmente coinvolto nel grande evento, se solo si pensa alla valenza economica, bancaria, industriale, tecnologica della macro area Bergamo-Brescia, vicinissima al capoluogo lombardo».

@MRosariaMarche2

Foto Ansa

Tags: bresciacriminalitàestremismo islamicolombardiasicurezzaterrorismo
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