Lobby inglesi alla carica: «Il suicidio assistito deve diventare legale»
Aiutare i malati terminali a morire dovrebbe diventare legale. È questa la sostanza dei risultati della Commissione indipendente sul suicidio assistito che nei prossimi giorni verranno resi pubblici. La commissione, guidata dall’ex Gran cancelliere Lord Falconer, secondo le indiscrezioni che circolano nel Regno Unito, criticherà l’attuale legge che prevede pene fino a 14 anni di carcere per chi aiuta una persona a morire. La Commissione, fondata da due sostenitori della legalizzazione del suicidio assistito, non ha lo scopo di cambiare subito la legge ma sicuramente di fare pressione sull’opinione pubblica perché costringa il Parlamento a prendere in considerazione l’ipotesi di cambiare la legge attualmente in vigore.
La commissione, il cui rapporto riaccenderà la discussione nel Regno Unito intorno al tema dell’eutanasia, è stata criticata da molte istituzioni, come la British medical association, che hanno messo in discussione la sua presunta “indipendenza” e “imparzialità”. «Nove dei dodici membri sono molto conosciuti all’interno delle lobby a favore della legalizzazione del suicidio assistito e gli altri tre non sono di principio contrari all’eutanasia» spiega Lord David Alton, membro permanente della Camera dei Lord inglese e membro del Comitato bioetico della Conferenza episcopale inglese. Quello di smontare l’attuale legge in vigore non è un tentativo nuovo da parte dei sostenitori delle lobby pro eutanasia. Negli ultimi anni, per due volte la Camera dei Lord ha respinto (148 voti contro 100 e 191 contro 141) la proposta di legalizzare il suicidio assistito. Anche in Scozia, la Margo Macdonald’s Bill nel 2010 è stata sconfitta 85 voti contro 16.
Secondo Lord Falconer, «le persone che vogliono morire vengono costantemente deluse da un sistema che non offre loro alcuna protezione, mentre lascia i loro parenti a rischio di condanne penali». La legge attuale, continua, «favorisce solo i malati terminali ricchi che possono permettersi di vedere i loro ultimi desideri realizzati», andando in Svizzera nella famigerate cliniche Exit e Dignitas, che pratica l’eutanasia legalmente. Secondo la scrittrice e studiosa Ann Farmer, invece, «sarebbero proprio i poveri, che sperimentano le difficoltà più grandi per accedere alle cure di cui hanno bisogno, ad essere danneggiati da una legge che legalizza l’eliminazione delle persone più vulnerabili. È il Welfare State che vede i malati terminali come dispendiosi, perché da loro non riceve introiti, ma solo spese da sostenere per curarli. Sarebbe proprio il paziente coscienzioso che, temendo di diventare solo un peso, opterebbe per il suicidio assistito».
In verità, conclude Ann Farmer, «una volta che una società accetta come ragionevole che alcune persone preferiscano “morire quando vogliono”, invece che “affrontare un periodo dove la propria indipendenza è ridotta nella fase terminale di una malattia”, la diretta conseguenza è l’uccisione dei malati tout court». Un’ipotesi neanche così remota, visto che prima di Natale, in Olanda, il governo ha annunciato che unità mobili per l’uccisione delle persone “a domicilio” potrebbero essere introdotte nel 2012. In Olanda, 1.000 delle 4 mila persone che muoiono ogni anno a causa dell’eutanasia, vengono uccise senza il loro consenso. Ma, come spiega Lord Alton, «non contento, il governo si è lamentato che l’80% delle persone che soffrono di demenza e malattie mentali non vengono toccati dalle leggi sull’eutanasia. Le unità mobili diventano necessarie perché molti medici di base si rifiutano di amministrare ai loro pazienti medicine mortali». Non esattamente un bel modo di “morire con dignità”.
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