Lo Stato non paga i lavori post alluvione e il sindaco di Leivi mette in vendita il municipio
Quando lo scorso 11 novembre un improvviso, violento, temporale si è abbattuto su Leivi – piccolo comune di 2.500 abitanti sulle colline alle spalle di Chiavari (Ge) – il terreno all’improvviso è franato, le acque hanno travolto varie case fino ad uccidere due persone. Dopo quelle drammatiche ore, Leivi ha cercato di rimettersi in sesto. «Abbiamo fatto tutti i lavori di messa in sicurezza, o almeno abbiamo fatto tutti quelli più urgenti – spiega a tempi.it il sindaco Vittorio Centanaro, eletto con una lista civica –. Le aziende hanno consegnato i lavori con puntualità. Solo che per pagarle, adesso, non abbiamo i soldi». Così l’idea di una provocazione forte: «Siamo costretti a mettere in vendita il municipio. Ho già chiesto un preventivo ad alcuni agenti immobiliari».
Sindaco, anzitutto qual è l’entità dei danni subìti per la frana del 2014?
Leivi è un comune in un contesto bellissimo, sulle colline dell’appennino ligure, fatto di case sparpagliate tra gli uliveti. L’11 novembre 2014 una bomba d’acqua si è abbattuta su questo comune provocando gravi danni: ci sono state 25 famiglie evacuate, per un totale di 50 persone costrette a vivere per parecchio tempo fuori dalle loro case. Alcune di queste famiglie ancora non sono potute rientrare in casa propria, ufficialmente perché in attesa che le dimore siano dichiarate agibili. Leivi ha subìto complessivamente danni per una decina di milioni di euro. Consapevoli che non si sarebbero mai potuti trovare i fondi per coprire tutte queste spese, come Comune siamo riusciti a comporre almeno i danni più grossi per una spesa di 2,3 milioni di euro di somma urgenza, cioè per lavori di messa in sicurezza, che in questi mesi sono già stati eseguiti. La copertura economica che lo Stato ci ha messo a disposizione per questa spesa è stata di 1,5 milioni di euro. Per coprire la differenza di 800 mila euro avevamo chiesto di poter sforare dal patto di stabilità. Il ministero ci ha risposto che possiamo sforare solo per 16 mila euro. Una cifra ridicola. Io rispetto profondamente il nostro paese, la nostra costituzione, ma è ora che certe politiche romane cambino profondamente.
E adesso come farà?
Devo pagare tutte le ditte che hanno eseguito i lavori. Si tratta di ditte serie, che hanno lavorato intensamente, a volte persino la domenica, per rispettare l’urgenza dei lavori e della consegna. Esiste una norma nazionale, che prevede che dall’inizio del 2015 i pagamenti della pubblica amministrazione avvengano entro trenta giorni dalla presentazione della fattura elettronica. E io come posso fare, se i fondi ancora non sono arrivati, e se il ministero mi ha concesso solo 16 mila euro? Se domani ricevessi un’intimazione di pagamento da parte di una di queste aziende, non saprei come fare. Non voglio che queste ditte si trovino per colpa del Comune in difficoltà nel pagare i dipendenti o i fornitori. In media qui a Leivi hanno lavorato venti dipendenti a ditta. È giusto che lo Stato paghi in tempi corretti e non metta in rischio l’occupazione di tutte queste persone. Le ditte a cui ci siamo rivolte sono state serissime, e ora stanno giustamente facendo pressioni perché il Comune saldi il debito. Vorrei sottolineare anche che queste aziende hanno accettato di rimodulare persino gli interventi, proprio per venirci economicamente incontro e offrire dei preventivi vantaggiosi. La loro serietà impone il pagamento.
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]Dunque?
Metto in vendita il palazzo comunale, una palazzina in collina vista mare, che probabilmente ha il valore di un milione d’euro. Ho chiesto una stima orientativa da parte di agenti immobiliari.
E gli uffici comunali, scusi, dove li metterà?
Problemi secondari, potremmo allestirli in una palestra di proprietà del Comune. Si potrebbe pensare di trovare altre situazioni meno appetibili da un punto di vista architettonico, ma più economiche della palazzina attuale. A mali estremi estremi rimedi.
Dopo la sua decisione, da Roma o da Genova qualche autorità si è fatta sentire?
Ho chiesto un incontro al premier, insieme a Carlo Bagnasco, sindaco di Rapallo e credo che lo avremo presto. Ho inviato a Matteo Renzi proprio oggi una lettera dettagliata, mettendo in copia il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, il capo della protezione civile Fabrizio Curcio e il presidente della regione Liguria. In questi giorni, ho già ricevuto una telefonata da Curcio: mi ha detto che si è insediato nel nuovo incarico da poco e ha promesso che si sarebbe attivato il prima possibile per avere almeno lo sblocco del 50 per cento dei fondi. Sicuramente la sua chiamata è stata accellerata dai mezzi di informazione che hanno dato notizia della mia provocazione, però spero che tutto non si fermi. Il punto non è portare avanti interessi di piccole comunità, della sola Leivi rispetto ad altri centri, ma è che va modificata radicalmente una certa burocrazia troppo lenta, che non funziona e non tiene in considerazione il bene comune dei cittadini.
Foto Ansa
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1 commento
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La storia dello Stato che non paga i creditori la conoscevo già, so di altre storie simili (e se paga, lo fa alle calende greche…e in un momento di crisi!)
Quando lo Stato non dà il buon esempio, quando vuole fare il bello e il buono aiutando tutti ( dimenticandosi dei suoi che tra l’altro sono contribuenti), quando il bene comune dei cittadini viene dopo le ideologie (quanto è costato inserire il gender nelle scuole come nuova ” materia” di studio?), quando lo Stato si dimentica delle famiglie e fa finta di non accorgersi delle nascite zero…..è uno Stato in fallimento, se non è già fallito. Se è vero che “lo Stato siamo noi”, siam messi proprio male