Il ministro che vuole passare da Rifondazione comunista a Rifondazione pandemista

Di Emanuele Boffi
14 Maggio 2021
Emergenza Covid e lockdown come «possibilità» per la sinistra di «ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove». Sembra essere questo il retropensiero che trapela dal libro (ritirato) di Speranza
Roberto Speranza

Non l’ho detto, ma lo penso. Non lo dichiaro, ma lo scrivo. Esiste un modo per sapere quali sono i pensieri che guidano l’azione del ministro della Salute Roberto Speranza in questi tempi di Covid: acquistare via Amazon Francia il suo libro scritto-pubblicato-ritirato Perché guariremo. Dai giorni più duri a una nuova idea di salute (Feltrinelli).

Diciamolo subito, il volume non è un capolavoro letterario, la prosa vaga a metà tra il manuale motivazionale e il volantino della Cgil. Più che alla lettura, il libro s’adatta bene come fermaporta o a non far traballare il tavolo zoppo. 

Perché guariremo è un susseguirsi di «ce la faremo», «vinceremo», «resisteremo». Non è un libro scientifico: è una litania di esortazioni. Non è nemmeno un centone di retroscena o aneddoti inconfessabili, a meno che qualcuno non ritenga tali gli apologhi su Superman Arcuri, gli elogi dell’app Immuni («sono sorpreso dal fatto che leader come Giorgia Meloni e Matteo Salvini dichiarino che non scaricheranno la app»), i racconti sul taglio di capelli e i messaggi Whatsapp scambiati con gli assistenti Federica e Massimo. 

La verità è che quello di Speranza non è un libro sul virus, ma un libro sulla sinistra che usa il virus per imporre la sua agenda. Non siamo noi a dirlo, ma lui. Il 29 aprile, giorno in cui è stata votata (e respinta) la mozione di sfiducia nei suoi confronti, Speranza ha ribattuto alle accuse dell’opposizione con queste parole:

«In un grande paese non si fa politica su un’epidemia, la politica non è un gioco d’azzardo sulla pelle dei cittadini. Nessuno dovrebbe mai dimenticare che il nemico è il virus e che dovremmo essere più uniti che mai nel combatterlo, evitando di cadere nella tentazione di utilizzare la lotta alla pandemia per ragioni strumentali».

Perfetto. E chi è che teorizza di «utilizzare la lotta alla pandemia per ragioni strumentali»? Lui. Non lo diciamo noi, ma lui. Non lo scriviamo noi, ma lui. Il suo Perché guariremo è, infatti, un testo profondamente politico in cui si spiega che lo scoppio della pandemia è un assist alla rinascita della sinistra. L’ultimo capitolo si intitola proprio così: “Il ritorno della sinistra”. Il ministro lo mette nero su bianco:

«Sono convinto che abbiamo un’opportunità unica per radicare una nuova idea della sinistra».

Da dove nasce questa convinzione? Innanzitutto, spiega Speranza, dal constatare che il «neoliberismo», il mercato e la finanza hanno fallito. Cosa sia il neoliberismo e su quali danni abbia procurato la finanza alla sanità, Speranza sorvola. Per lui è evidente che è a causa di questo “strapotere” che il Sistema sanitario nazionale è andato a rotoli. Ci fossero alla guida del paese più statalisti e meno “neoliberisti”, la sanità sarebbe a disposizione di tutti e non solo dei «ricchi» (ora: a parte che in Italia negli ultimi 10 anni ha governato perlopiù la sinistra, chi lo spiega a Speranza che se i cittadini italiani spendono circa 40 miliardi all’anno in sanità privata, forse questo Ssn non è proprio il Bengodi da lui dipinto? E chi gli fa notare che l’unico sistema in Italia che permette ai “poveri” di curarsi negli ospedali dei “ricchi” è quello lombardo, che la sua sinistra demonizza?). 

Ma soprattutto: come facciamo a toglierci il dubbio che Speranza non sia stato guidato nelle sue scelte politiche dal retropensiero che, più durava la pandemia, più la sinistra avrebbe avuto occasione di dimostrare la bontà delle proprie ricette? E che più durava il lockdown più sarebbe stato chiaro a tutti che c’è bisogno di una «tutela sovraordinata dei diritti fondamentali che solo le istituzioni pubbliche possono garantire»? 

Scrive Speranza che è grazie al dilagare del Covid e alle misure imposte dal governo che «le persone lo hanno capito». E, dunque, «dopo tanti anni controvento», ora c’è «una nuova possibilità di ricostruire un’egemonia culturale su basi nuove. […] Adesso può sembrare utopia, ma credo che la strada sia già segnata ed è quella giusta. A noi tocca, su queste basi, rifondare il campo democratico e progressista». Da Rifondazione comunista a Rifondazione pandemista.

Foto Ansa

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