
Le macerie, i morti e i miracoli: l’Emilia terremotata riparte dal Matching, che «aiuta più dello Stato»
Un popolo di lavoratori si rialza dalle macerie che il sisma dello scorso maggio ha lasciato in Emilia dopo avere colpito l’intera zona della bassa modenese e mantovana. A testimoniarlo è lo stand Imprese gemelle all’edizione annuale del Matching di Milano, dove tante aziende fanno network all’interno dell’iniziativa realizzata dalla Compagnia delle Opere. Chi ha un’azienda che ancora stenta a ripartire dopo il terremoto può affiliarsi a una società simile per servizi e prodotti e da questa ricevere aiuto. Si tratta di una rete di rapporti che «aiuta ben più dello Stato», come dice Paolo Preti, managing director di Meta, azienda di meccanica di precisione.
I MORTI E GLI AMICI. A San Felice sul Panaro, uno dei comuni più danneggiati dal sisma, sorge il capannone di Meta, ditta a conduzione semi-familiare. Trentacinque lavoratori, 18 torni e una sezione per la fresatura. Quando il terremoto scuote la terra almeno metà dell’infrastruttura crolla. Muoiono tre persone: due dipendenti e un ingegnere che lavorava per ottenere l’agibilità definitiva dell’impianto. Quindici torni sono inutilizzabili. «Il 20 maggio ci siamo fermati – racconta Paolo Preti a tempi.it – per riprendere subito la settimana successiva. Abbiamo preso in affitto un capannone a Villavara di Bomporto – a 20 chilometri da San Felice – ma non era a norma e abbiamo dovuto aspettare ancora. Intanto, alcune aziende concorrenti e amiche ospitavano i nostri dipendenti e ci lasciavano i macchinari per ultimare le richieste inevase».
LO STATO NON AIUTA. Così è iniziata a passo felpato la ripresa. Da un trauma è nata una storia di solidarietà semplice e concreta: «Abbiamo ricevuto più aiuto dai nostri fornitori – con dilazioni sul pagamento – e dai nostri clienti – che saldavano subito il conto – che dallo Stato, completamente disinteressato alla nostra vicenda». Una mano tesa che però non ha evitato alcune giustificate defezioni: «Dopo il terremoto – prosegue Preti – alcuni dipendenti, per paura, si sono licenziati e trasferiti».
PRIMO MIRACOLO: «TUTTI VIVI». Loris Sola, export area manager di Menu, industria di specialità alimentari «di altissimo livello», è seduto a un tavolo dello stand Imprese gemelle. «Sono riuscito a fuggire dal mio ufficio prima che una libreria mi cadesse addosso – dice a tempi.it – ed è già un miracolo che nessuno dei 350 dipendenti si sia fatto male». Ma adesso ci sono 35 milioni di danni da assorbire. «Abbiamo quasi finito – procede Sola -, siamo un’azienda privata molto solida ed eravamo assicurati. Avevamo messo da parte denaro fresco che il titolare ha immediatamente reinvestito». Dallo Stato è arrivato qualcosa? «Ancora nulla».
IL SECONDO: «PRODOTTI IN SALVO». L’azienda Menu di Cavezzo è crollata il 29 maggio. Più dell’80 per cento della struttura era irrimediabilmente danneggiata. A seguito del sisma, sono cambiate le leggi per la costruzione di strutture antisismiche e l’azienda è stata costretta a buttar giù tutto e ricostruire a proprie spese. Per questo, essendo interrotta la produzione, molti dipendenti sono stati messi in cassa integrazione cautelare. «Nel magazzino della ditta, dopo il terremoto, si sono salvati 15 mila bancali di prodotti, che abbiamo potuto commerciare per sei mesi». Secondo miracolo.
IL TERZO: «RIENTRATI NEI BILANCI». «Data la situazione italiana, abbiamo deciso di puntare sulle esportazioni – prosegue Sola –. La nostra azienda è conosciuta dai maggiori executive chef di tutto il mondo, e vantiamo un fatturato di 75 milioni di euro l’anno, di cui 50 dal mercato domestico e 25 da quello estero». Ma non è stato necessario delocalizzare: «Abbiamo trasferito i nostri uffici nei container, abbiamo proseguito con alcune delle nostre attività e, nonostante il terremoto, siamo rientrati nei bilanci. E questo è il terzo miracolo».
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