
Sulla Zuppa di Porro Corrado Ocone scrive: «Certo, il ministro ha usato un’espressione sbagliata e generatrice di non pochi equivoci come “sostituzione etnica”, ma, a parte la caduta stilistica e semantica, ha spiegato chiaramente cosa intendesse dire, quale fosse la sua idea. E cioè che non si può pensare di risolvere il problema demografico sostituendo semplicemente e automaticamente gli italiani che non nascono con immigrati provenienti da altri paesi senza un minimo di selezione e programmazione dei flussi. Ove la prima distinzione da fare è fra gli immigrati che entrano in Italia regolarmente e chi vi entra clandestinamente. I primi, infatti, lungi dall’essere un problema, possono addirittura costituire un fattore di crescita per una nazione, mentre i secondi finiscono per danneggiare se stessi e gli altri. Aprire indiscriminatamente a tutti e subito significa, infatti, da una parte, non poter garantire quel minimo di qualità della vita che chi ha lasciato il proprio paese era convinto di trovare in Italia, dall’altra, far perdere di identità al nostro paese. La regolazione dei flussi e la programmazione delle entrate permettono di formare, inserire nel nostro tessuto sociale e far diventare italiani un consistente gruppo di immigrati, facendo sì che essi ritrovino quella dignità perduta e che è stata ogni ora calpestata nei cosiddetti “centri di accoglienza” tanto cari alla sinistra. La quale, una volta che ha esaltato la presenza di un qualsiasi immigrato sul suolo patrio, se ne dimentica e lo abbandona letteralmente a se stesso e alle mafie. Cosa ci sia di “disgustoso” in questa visione del fenomeno, e cosa che minimamente assomigli a una ideologia suprematista, non è dato saperlo. Anzi, l’impressione è che i veri razzisti siano proprio coloro che a sinistra vogliono aprire a tutti solo per vincere una battaglia simbolica con la destra, non fregandosene troppo in fondo della sorte successiva di chi è entrato in Italia in modo illegale e poi è stato costretto a vivere una vita da sbandato e da “reietto”».
Ocone spiega bene quale è il senso della battaglia politica e culturale in campo sull’immigrazione. E insieme non manca di osservare le difficoltà lessicali di una destra che si sta definendo come partito conservatore ma che né può richiamarsi alle vecchie lingue “morte” della Prima Repubblica (e non è morta solo quella “missina”: anche quelle “comunista” e “democristiana”, per come erano articolate in Italia, hanno perso le loro radici) né ha a disposizione una “lingua nuova” che per essere efficace ha bisogno di un’elaborazione. Perché le idee, come spiegava bene don Benedetto, non sono “casicavalle appise”.
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Su Fanpage Annalisa Cangemi scrive: «“La verità è che la sinistra non vuole una cultura che stimoli il lavoro e la natalità, ma vuole che altri si facciano carico delle esigenze dell’Italia in termini di forza lavoro e di ricambio generazionale”, ha scritto sui social Roccella».
La Roccella è persona impegnata da tempo nell’elaborazione di idee conservatrici. Questo non basta per evitare che con un titolo su Fanpage la si accusi di essere una “complottista” che insegue trame internazionali per condizionare l’Italia. Il problema è che alcuni poveri di spirito non riescono a capire una battaglia culturale per definire i rapporti tra necessaria globalizzazione e necessaria valorizzazione delle civiltà prodotte dalla storia umana, e perciò chi non la pensa come loro diventa un “fascista” o un “complottista”.
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Sul Sussidiario Giulio Sapelli dice: «In Italia c’è finalmente un esecutivo espressione del voto popolare che se vuol difendere l’interesse nazionale, che va oltre la destra e la sinistra, deve continuare a prendere tempo, finché non si modificheranno i trattati, resistendo alle pressioni e non ratificando il Mes. Deve del resto far riflettere il fatto che anche con il governo Draghi non si è arrivati alla ratifica».
Ecco un altro intellettuale che unisce una forte convinzione “socialista” di fondo a una capacità di analisi da uomo libero e che dunque esamina scelte politiche come quella del Mes senza i veli dell’ideologismo, neanche quello eurofanatico che per tanti è un dogma non “analizzabile”.
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Sul sito di Tgcon 24 si scrive: «Elly Schlein è tornata a parlare del reddito di cittadinanza. “Non sappiamo nulla di ufficiale su quello che il governo intenderà fare con questo decreto lavoro. Si profila una sorta di spezzatino del reddito di cittadinanza”, ha detto la segretaria del Pd. “Noi ci siamo opposti a questa guerra del governo contro i poveri anziché contro la povertà”. Per la leader dem “ci vuole molta cautela e molta attenzione. Non può l’Italia fare a meno di uno strumento di sostegno ai redditi, con la povertà che è cresciuta”. Sul termovalorizzatore di Roma: “Scelta già fatta, credo che voteremo contro gli odg M5s e Avs”».
Anche la Schlein inizia a dover fare i conti con la politica e dunque, sull’onda del presidente della Toscana Eugenio Giani che ha elogiato lo spirito del fare di Matteo Salvini, ha chiesto un incontro con Giorgia Meloni per affrontare nell’interesse dell’Italia i nodi di attuazione del Pnrr. Però, quanto all’impostazione culturale dietro le sue scelte, appare anche più confusa di Francesco Lollobrigida: è per il reddito di cittadinanza o per uno sforzo teso a dar lavoro alle nuove generazioni? È per la maternità surrogata ma è anche consapevole dell’effetto “schiavismo” (donne che a pagamento per nove mesi affittano il loro corpo ad altri soggetti) che segna generalmente questa pratica? È per i termovalizzatori solo perché questa scelta è già stata fatta prima di lei? Ahimè! Anche nel suo caso la frase non può sostituire il pensiero.