La verità sui “figli” del test del Dna

Di Caterina Giojelli
21 Dicembre 2018
Milioni di americani lo hanno già fatto e tantissimi regaleranno il kit per scoprire le proprie origini a Natale. Insieme alla più pericolosa delle bugie

Tre anni fa Jenny, una freelance del Connecticut, sposata e con figli ormai grandi, decise di fare un test del dna per divertimento. Andava matta per la genealogia, le storie di famiglia, sapeva dell’esistenza di questi test e pur trovandoli molto asettici e poco poetici si era incuriosita. Quando arrivarono i risultati non si sentì particolarmente emozionata: origini britanniche, scozzesi, un’infarinatura di geni scandinavi, «niente di esotico» aveva sorriso. Decise di ripetere il test un anno dopo, con un’altra azienda, convincendo uno dei suoi quattro fratelli a farlo con lei. E questa volta le si gelò il sangue. Accanto a una tabella che faticava a capire poteva leggere “rapporto stimato: fratellastro”. All’inizio Jenny incolpò il fratello di aver eseguito male il test, cercò di razionalizzare, ma la possibilità di aver creduto per cinquant’anni a una bugia la tormentava. Decifrati i risultati del test, decise di andare da una anziana cugina del padre, le disse che sarebbe stato divertente tentare il test, non voleva ingannarla, solo dissipare ogni dubbio. Sei mesi dopo ecco il responso, recapitato nella casella di posta elettronica. È notte, Jenny è sveglia, il marito le dorme accanto, il test mostra che a differenza del fratello lei non condivide il Dna dell’anziana: «Ho sentito solo il cuore spezzarsi».

«SPERAVO DI PORTARE IL SEGRETO NELLA TOMBA»

Curioso no? Nell’era dei bambini che vengono al mondo col dna modificato e delle infinite possibilità di procreazione, la genealogia è diventata il secondo più grande hobby negli Stati Uniti dopo il giardinaggio e la seconda attività su internet dopo la pornografia. Oggi in America i test sono disponibili per meno di 100 dollari, mentre una catena britannica li vende per 80 sterline. Lo scrive la Bbc raccontando la storia di Jenny e del «regalo di Natale che potrebbe distruggere la tua famiglia». La previsione è infatti che il kit per scoprire le proprie origini, che milioni di americani hanno già utilizzato, sarà uno dei doni più scartati sotto l’albero. Ma cosa succede davanti ai risultati?

Dopo quella notte, Jenny convince anche gli altri fratelli a sottoporsi al test. Poi un giorno, mentre siede a bere il the con la madre 86enne malata di cancro, la donna trova il coraggio di affrontare la questione. «Mia madre teneva in mano la tazza, se l’era portata alla bocca e stava per bere, ma si fermò e mi guardò, le sue mani iniziarono a tremare». Jenny azzarda anche il nome di un uomo che con la madre si era sempre mostrato affettuoso. Il padre che aveva cresciuto Jenny, ingegnere, era morto dieci anni prima e non sapeva nulla. «Speravo di portare il segreto nella tomba», le spiega la madre.

«ERA TUTTA UNA GRANDE BUGIA»

Qualche anno prima Bill Griffeth, famoso giornalista finanziario, aveva dato alle stampe un libro, The Stranger in My Genes, raccontando come la sua vita fosse stata sconvolta da un test del dna eseguito nel 2012: aveva scoperto che possedeva cromosomi diversi dal fratello e che suo padre biologico era morto 13 anni prima. «Non l’ho mai incontrato», racconta Bill a Jenny ricevendola nella sua casa in New Jersey. «Non gli ho mai stretto la mano, non l’ho mai abbracciato, non ho mai sentito il suono della sua voce, non l’ho mai visto camminare, non l’ho mai sentito ridere». Ricercare le sue origini era sempre stata per Bill un’ossessione da quando aveva scoperto che una dei suoi antenati era stata giustiziata durante i processi alle streghe di Salem. Quando – dopo aver visitato cimiteri, cattedrali, biblioteche e tribunali –, Bill fece il test del dna, provò «un senso di perdita travolgente», «era tutta una grande bugia».

«SIAMO UNO SPORCO, PICCOLO SEGRETO»

Scrive la Bbc che storie come quelle di Bill e Jenny sono tutt’altro che uniche: negli States i test genetici fai-da-te stanno trascinando migliaia di scheletri fuori dagli armadi. Catherine St Clair, funzionaria texana, ha ricevuto il kit come regalo dai fratelli per il suo 55esimo compleanno. Ma a differenza di Bill e Jenny, Catherine non aveva una madre, morta anni prima, a cui porre domande una volta ricevuti i risultati. Catherine ha creato un gruppo di auto-aiuto – Dna Npe (Not Parent Expected) Friends – per persone come lei, figli di adulterio, violenze, adozioni alla nascita, persone che da quando hanno scoperto la verità pensano a se stessi come a uno «sporco piccolo segreto», che oggi conta 4.100 aderenti. Una di loro, Betty Jo, davanti alla madre che negava tutto, si è spinta fino a inviare dei capelli del padre morto tre anni prima a un laboratorio per il test di paternità: l’analisi le ha confermato che condividevano lo 0 per cento di dna.

«TUA FIGLIA È INNOCENTE»

Anche Lawrence, convinto dalla figlia “appassionata di storia famigliare” a fare il test di paternità, ha scoperto di non essere il suo padre biologico. Sconvolto, voleva lasciare la famiglia, lasciare la moglie, che alla fine gli aveva confessato la relazione con un altro uomo, lasciare quella figlia non sua. Gli aprì gli occhi la madre, la nonna non biologica della ragazza: «Tua figlia è innocente, la ami, questo la biologia non può cambiarlo». Lawrence divorziò dalla moglie ma non lasciò i figli: quando il più piccolo accusò la sorella di avere causato il divorzio tra i suoi Lawrence la difese: «È stato ciò che ha fatto tua madre a portare a questo, non quello che ha fatto tua sorella nascendo». E, rivolto alla ragazza, le disse che non le avrebbe impedito di contattare il suo vero padre biologico. Dopotutto conosceva il nome, l’indirizzo, perfino il numero di telefono di quell’uomo. Ma la ragazza, con grande sollievo di Lawrence, rifiutò. E qui si arriva al nocciolo della questione.

TUTTO APPESO AL DNA

Oggi Bill ha ritrovato la tomba del suo padre biologico e una nipote che lo sta aiutando a colmare le lacune del suo albero genealogico. Catherine ha trovato parenti che non sapeva di avere. Jenny e Betty Jo sperano che tanti americani facciano il test: Jenny spera di rincontrare i suoi fratelli biologici, Betty Jo che qualche parente stretto del papà che non ha mai conosciuto scopra di avere in comune il dna con lei, aiutandola a capire da dove viene.

Alla figlia di Lawrence, invece, più della verità importa salvare il legame investito da quella verità. Cosa l’abbia spinta a chiedere al padre di fare un test di paternità non lo sappiamo. Sappiamo, questo sì, quali sono le domande che bollono nel sangue di chi, come BreeAnna, lesbica, nata da fecondazione eterologa, non ha potuto sottrarsi alla ricerca del donatore di sperma #1096, quattro cifre che identificano un padre mai conosciuto, la ricerca di un legame, perché «incontrarlo, forse, darebbe pace a tutte quelle domande che nemmeno io sono in grado di pensare».

I FIGLI DEL FREDDO E QUELLI DEI KIT

Sappiamo che i figli del freddo, della provetta, come Stephanie Raeymaekers, pur amando il proprio padre non biologico non possono fare a meno di sentirsi «come se mancasse un pezzo del puzzle» e di studiare le facce e i movimenti di chi incontra per chiedersi se quello è suo padre. «Chi è davvero? È vivo? È morto? Quanti fratelli e sorelle ho davvero? Ha fornito il suo sperma ad altri? Gli assomiglio? Mi pensa? So che non mi conosce, magari però pensa ai figli che sono stati concepiti con il suo sperma. L’ha fatto per soldi? Per aiutare gli altri?». Conosciamo le domande dei figli del mercato di ovociti, zigoti, embrioni, uteri, dove l’ancestrale bisogno di ognuno di noi di conoscere la propria radice per crescere, ogni legame, viene messo a tacere con una firma davanti al notaio.

Sappiamo anche che questo boom dei kit genetici fai da te andrebbe anche letto nell’ottica di quel pensiero così mainstream che vorrebbe farci consapevoli di una genealogia comune. Ma ogni parabola, anche quella più commerciale e antirazzista, quando atterra sull’origine della vita, impacchettandola come un dono sotto l’albero, dovrebbe farci riflettere sull’assioma che sta tenendo in piedi il mondo, l’unico a unire per uno strano destino i vari Bill, Jenny, Betty, Catherine e la figlia di Lawrence ai figli del freddo: e cioè che la scienza risponderebbe al bisogno di una famiglia. Davvero vogliamo regalarci per Natale la più pericolosa delle bugie?

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