
L’efferato omicidio di Mona Heydari, la ragazza iraniana di appena 17 anni, madre di un figlio di tre, decapitata dal marito e cugino Sajjad Heydari, nella città di Ahvaz (Iran sudorientale), ha riportato alla luce le condizioni drammatiche in cui sono costrette a vivere le donne nella Repubblica islamica. Il caso ha scioccato l’opinione pubblica locale e internazionale, riportando a galla una pratica, quella degli omicidi di onore, difesa da buona parte delle frange più conservatrici dell’Iran.
Costretta al matrimonio a 14 anni
Il caso della giovane è emerso alcuni giorni fa, quando il sito web Rokna ha pubblicato un video che mostrava il marito della donna, Sajjad Heydari, che camminava per le strade di Ahvaz brandendo la testa della moglie. Il sito è stato immediatamente chiuso dalle autorità iraniane che hanno anche provveduto all’arresto del marito e del fratello della donna.
In base a quanto si apprende dai media iraniani, la giovane era stata promessa in sposa all’età di 12 anni al cugino, che aveva poi sposato a 14 anni. In Iran infatti l’età legale per il matrimonio è 13 anni. Citata dal sito Iran International, Atefeh Barvayeh, direttrice della Reyhaneh Women’s Voices Association, ha sottolineato che un recente studio ha rilevato che almeno 60 donne sono state uccise in delitti d’onore nella provincia del Khuzestan negli ultimi due anni, ma con gli episodi non denunciati i casi sarebbero molto più alti.
La protesta degli attivisti in Iran
Il raccapricciante omicidio ha sconvolto la nazione e ha rinnovato il dibattito sulla diffusa violenza contro le donne e la mancanza di protezione legale. Secondo quanto riferito, Mona Heydari era fuggita in Turchia mesi prima della sua uccisione per vivere con un uomo siriano che aveva conosciuto online. La giovane sarebbe stata rintracciata in Turchia grazie all’aiuto dell’Interpol. Infatti, secondo i resoconti dei media iraniani, il padre aveva sporto denuncia alla polizia iraniana, che gli ha poi fornito l’indirizzo, ottenuto tramite l’Interpol. Si dice che il padre si sia recato nel paese con un traduttore e tutti i documenti necessari per riportarla in Iran, dove è stata uccisa per «vendicare l’onore della famiglia».
Il caso di Mona Heydari giunge a meno di due anni da quello della 14enne Romina Ashrafi, decapitata dal padre nella provincia di Gilan dopo che aveva tentato di fuggire con il fidanzato di 35 anni. Il padre di Ashrafi, che prima di ucciderla aveva consultato un avvocato per sapere quale punizione avrebbe potuto affrontare per il crimine, è stato successivamente condannato a otto anni di carcere. Il sindacato iraniano degli insegnanti ha incolpato il governo di Teheran per l’omicidio di Mona Heydari, parlando di «crollo della società iraniana».
Le colpe del sistema legale islamico
Da anni in Iran attivisti e politici riformisti criticano il sistema legale islamico, nonché la cultura e le tradizioni patriarcali del paese, per aver promosso un ambiente che consente tali efferati omicidi. In una dichiarazione rilasciata all’agenzia di stampa iraniana Ilna, la deputata Elham Azad, responsabile del gruppo parlamentare dell’Unione interparlamentare (Ipu) dell’Iran, ha affermato che «non esiste una legge con una garanzia esecutiva» per proteggere le donne dalla violenza in Iran. La deputata ha espresso la speranza che la legislazione in sospeso sulla protezione, la dignità e la sicurezza delle donne contro la violenza possa prevenire crimini così orribili in futuro.
Durante la presidenza del moderato Hassan Rohani, il governo ha tentato di modificare la legislazione attuale, approvando nel gennaio dello scorso anno un disegno di legge che criminalizza la violenza contro le donne, comprese le azioni o i comportamenti che provocano «danni fisici o mentali» alle donne. Il disegno di legge è però ancora in attesa di essere approvato dal Majlis, il parlamento iraniano, dominato dai conservatori, e difficilmente verrà appoggiato dall’attuale governo del presidente Ebrahim Raisi, esponente ultra-conservatore, già capo della magistratura iraniana e che durante gli anni bui seguiti alla Rivoluzione del 1979 era all’interno del comitato d’accusa che nel 1988 si rese responsabile dell’eliminazione di migliaia di oppositori politici portando a compimento il cosiddetto «Ordine dell’imam Khomeini».
Difendere le tante Heydari dell’Iran
L’ondata di indignazione in Iran per l’uccisione di Heydari, espressa soprattutto tramite i social media, ha spinto la vicepresidente iraniana per le donne e gli affari familiari, Aniseh Khazali, a scrivere un messaggio su Twitter nel quale ha affermato che il parlamento ha posto all’ordine del giorno una revisione urgente del disegno di legge dopo averne corretto le «carenze». La Khazali ha anche affermato che la magistratura è determinata a imporre la punizione più severa contro Sajjad Heydari e il suo complice, ma non ha fornito ulteriori dettagli.