C’è una parola che in questi giorni ci piace molto e ci trova concordi (noi due, il cattolico e l’anarchico). È la parola “descrizione”. È bella perché è una parola che non ha pretese, che pone davanti ai tuoi occhi qualcosa e poi ti lascia libero di dire, di giudicare. È una parola che veicola qualcosa d’altro, una parola che ha come mission quella di mandare avanti qualcosa d’altro da sé. Settimana l’altra, a Padova durante un incontro (a proposito del quale, in omaggio alla sobrietà che per questa rubrica s’impone, eviteremo ogni iperbole) a due voci su Sant’Agostino ci è stato detto che un libro fondamentale come la De civitate Dei non “è filosofia o teologia ma la registrazione di ciò che è accaduto nel mondo”. Un libro tanto importante per molti di noi come il Senso religioso non è altro che la registrazione fedele e appassionata della condizione umana. E cosa sono i vangeli, se non la registrazione di un qualcosa accaduto in un preciso momento della storia e in un preciso luogo della terra? Per questo ci viene naturale suggerirvi la lettura di un libro straordinario (qui perdonateci l’iperbole) uscito non ieri e neppure l’altro ieri, ma quasi 60 anni fa. È la Vita di Gesù Cristo di Giuseppe Ricciotti. È un libro che ha avuto una vicenda strana. Quando uscì nel 1941, sembrò un testo fuori dalla storia tanto era estraneo ai trend vincenti della teologia. In quell’anno stesso usciva il testo fondamentale di Bultmann, il teologo che era arrivato alla demitizzazione radicale della verità storica delle scritture. L’abate Ricciotti, un umile sacerdote romano, cappellano durante la Grande guerra, non sembrava avere nessuna chance con quel suo lavoro, seppur monumentale e paziente. Che pretesa poteva mai avere uno storico delle origini della chiesa che sminuzzava ogni riga del vangelo, ne cercava i riscontri con assoluta onestà, avendo il coraggio di rinunciare ad ogni a-priori? E che possibilità di reggere il confronto con gente che elaborava con la forza del pensiero e avendo il vento della storia dalla propria parte? Eppure oggi nessuno legge più i testi di Bultmann, mentre quel libro da nulla, dal titolo così umilmente sobrio, viene ristampato per l’ennesima volta (da poco è uscito nei Supersaggi Oscar di Mondadori, a 16mila lire). La forza di questo libro sta solo in quella parola da cui siamo partiti: “descrizione”. Ricciotti descrive, per filo e per segno, quello che accadde tra Nazareth e Gerusalemme più o meno 2000 anni fa. Leggete le sue descrizioni dell’incontro di Giovanni e Andrea. Leggete le sue descrizioni della casa di Pietro di Cafarnao. Leggete, per restare nel nostro periodo liturgico, la descrizione dei giorni concitati della Passione. Sono pagine destinate a restarvi nel cuore. E non sono altro che semplice, lineare, precisa descrizione.
Reg. del Trib. di Milano n. 332 dell’11/6/1994
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Emanuele Boffi