
La curiosità dei Magi che li spinse a cercare il cielo sotto terra

Cristo non soltanto era nato allo stesso livello dell’umanità, ma anche più in basso. Il primo atto del dramma divino non solo non fu recitato su nessun palco posto al di sopra degli spettatori, ma in un oscuro palco col sipario calato, sottratto alla vista di chicchessia. Forse sarebbe stato miglior espediente quello caratteristico di qualche confraternita medievale, quando si trasportava per le strade un palcoscenico a tre ordini: il cielo, la terra e il sottoterra. Ma nel Mistero di Betlemme era il cielo che stava sotto la terra.
In questo solo c’è un tratto di spirito rivoluzionario, come di un mondo capovolto. Sarebbe vano tentare di dire cosa adeguata, o nuova, sul cambiamento operato da tale concezione di una daità nata come un essere reietto e fuori legge. È profondamente vero affermare che da quel momento non potevano esserci più schiavi. […]
I pastori avevano trovato il loro Pastore. Il luogo che i pastori trovarono non era un’accademia, o una repubblica astratta; non era un luogo di miti allegorizzati o disseccati o spiegati; era un luogo di sogni avverati. Da allora nessuna mitologia è stata più inventata nel mondo. La mitologia è una ricerca. […]
La mitologia aveva molti peccati, ma non aveva avuto torto nell’essere carnale come l’Incarnazione; con qualche cosa dell’antica voce che aveva suonato attraverso il roveto, poteva gridare ancora: «Noi abbiamo visto, egli ci ha visto, un Dio visibile». Così gli antichi pastori avranno danzato vincendo in allegrezza i filosofi, e i loro piedi saranno stati belli a vedersi sulle montagne. Ma anche i filosofi avevano udito.
È ancora una strana e vecchia storia quella del modo in cui essi pervennero dalle terre orientali, coronati di maestà regale e vestiti del mistero dei Magi. Quella verità, che è la tradizione, li ha saggiamente ricordati, quasi come entità sconosciute, misteriosi come i loro misteriosi e melodiosi nomi: Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. Ma venne con loro tutto quel mondo sapiente che aveva osservato le stelle in Caldea e il sole in Persia; e noi non abbiamo torto se vediamo in loro quella curiosità che smuove tutti i sapienti. Starebbero a rappresentare lo stesso ideale umano, se i loro nomi fossero realmente quelli di Confucio o di Pitagora o di Platone. Essi non cercavano fiabe ma verità, e poiché la loro sete di verità era per se stessa sete di Dio, anch’essi hanno avuto il loro premio.
Tratto da “Dio nella caverna” in L’uomo eterno
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