Sugli abusi la Cei non faccia lo stesso errore della Chiesa francese e tedesca
C’è da augurarsi che la Chiesa italiana non faccia lo stesso clamoroso errore di quella francese e tedesca. Che senso hanno i dossier sulla pedofilia che non hanno altro effetto se non quello di inquinare i pozzi?
Del rapporto Sauvé, vi abbiamo già detto. Per la Chiesa francese si è trattato di un enorme autogol che non l’ha fatta apparire né più trasparente né più attenta al fenomeno: ha solo dato in pasto ai lupi quello che i lupi volevano. Tant’è vero che ci si è spinti fino a chiedere l’abolizione del segreto confessionale.
Una gang di pedofili
I punti problematici del lavoro della commissione Ciase sono molti: i numeri sono solo stime, le testimonianze sono state raccolte tramite interviste o con sondaggi online, spesso si tratta di casi molto antichi. Il risultato mediatico di fronte a un lavoro così poco scientifico qual è stato? La Chiesa francese è fatta passare, nel suo complesso, come una gang di pedofili.
Il paradosso, poi, è che sono stati gli stessi esponenti di punta del clero francese a battersi il petto, a proporre faraonici risarcimenti tramite la vendita degli immobili ecclesiastici, a far passare l’idea che errori e violenze personali fossero da imputare “sistemicamente” alla Chiesa tutta.
Discussione chiusa
Non si tratta di coprire la pedofilia o di giustificare i pedofili. Si tratta di dire le cose come stanno. Come ha spiegato a Tempi il filosofo Pierre Manent, tra i membri della contro-commissione francese che ha fatto le pulci al rapporto Sauvé, «l’effetto di una simile cifra (i 330 mila casi denunciati, ndr) è di chiudere la discussione».
Cioè, appunto, di non risolvere il problema, ma di concentrarsi solo sulla richiesta alla Chiesa di fare ammenda (economica e morale), senza vedere quanto in questi anni è stato fatto su questo fronte (lo stesso lo si può dire di altri ambienti? Ha ragione Davide Rondoni a scrivere che nella nostra società c’è «una pedofilia dilagante, culturale, tipica delle società pagane»).
Indipendenti ma non imparziali
Idem per il caso di Monaco, dove la commissione ha redatto un rapporto sui casi di pedofilia che ha tirato in ballo persino papa Ratzinger. Anche qui il risultato è lo stesso: clamore mediatico, richiesta di risarcimenti, gogna per il Papa emerito, proprio colui che, più di ogni altro, ha combattuto il fenomeno (e anche la precisazione di ieri non cambia la sostanza della questione).
Dunque la domanda è: che vantaggio hanno le Chiese a far preparare questi documenti? Dicono che sono stati redatti da commissioni indipendenti. Può essere, ma visti i lavori presentati, si capisce che tali commissioni non sono imparziali.
Dopo quella francese e quella tedesca, ora anche la Chiesa portoghese, tramite la Cep, sta facendo preparare un’indagine. Quale volete che sia il risultato?
Le pressioni sulla Cei
La verità è che non c’è solo la pressione mondana, ma anche una pressione interna alla Chiesa affinché questi rapporti minino i fondamenti della morale cristiana. Lo ha spiegato molto bene monsignor Massimo Camisasca al Corriere, parlando dell’indagine tedesca: «L’unica ragione mi sembra l’insofferenza dei settori liberal della Chiesa e della società». Cioè «coloro che si rispecchiano nelle derive del sinodo tedesco. Coloro che non hanno mai accettato il pontificato di Benedetto XVI, la sua umiltà, la sua chiarezza, la sua teologia profondamente aperta e nello stesso tempo radicata nella tradizione, l’acutezza della sua lettura del presente, la sua battaglia contro la riduzione della ragione, la sottolineatura del valore sociale della fede, l’apertura del diritto a un fondamento etico e veritativo».
Prepariamoci. Come scritto anche da Repubblica, il cerchio si sta stringendo intorno alla Cei, di cui a maggio cambierà il presidente. Già diverse voci si sono levate affinché i vescovi italiani seguano l’esempio di francesi, tedeschi e portoghesi. Per ora hanno resistito a simili richieste, ma tutto fa presagire che lo tsunami si stia avvicinando.
Foto Ansa
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