La caccia a Robert Oscar Lopez, cresciuto con due mamme, “colpevole” di opporsi alle nozze gay
Non ha discriminato nessuno, eppure la deve pagare. È quel che è capitato a Robert Oscar Lopez, professore di Letteratura americana alla California State University di Northridge, “colpevole” di opporsi al matrimonio omosessuale, in base alla sua esperienza di figlio cresciuto da madre lesbica. I lettori di Tempi conoscono Lopez: l’abbiamo intervistato più volte, ha partecipato a un incontro organizzato dalla Fondazione Tempi a Milano, abbiamo diffuso in Italia una sua lettera a Dolce e Gabbana ai tempi della celebre querelle con Elton John. Lopez ha sempre ribadito che «i miei nemici sono le lobby, non gli omosessuali. Sono gli attivisti che diffondono l’ideologia gender, quelli che si sono infilati nella testa di mia madre confermandola in ciò che ha fatto».
QUALI ATTACCHI AI GAY? Oggi sul Foglio, Matteo Matzuzzi ricostruisce la serie di angherie che il professore ha dovuto subire a causa delle sue posizioni pubbliche. Già quando pubblicò un saggio sulla rivista Public Discourse, la casella di posta dei professori e dirigenti del campus fu inondata di email in cui si protestava per i suoi «attacchi ai gay». Già allora Lopez si era difeso, chiarendo che «non avevo detto nulla sul matrimonio tra persone dello stesso sesso o sull’adozione da parte degli omosessuali. Semmai, mi ero limitato a sostenere le leggi sul matrimonio tradizionale. In quella circostanza avevo solo parlato della mia esperienza».
[pubblicita_articolo allineam=”destra”]L’INDIRIZZO E IL NUMERO DI TELEFONO. La casella di Lopez fu posta sotto osservazione, fu tentato di impedirgli di tenere conferenze nell’ateneo. L’episodio più grave accadde un anno fa, quando, racconta il Foglio, «Human Rights Campaign mise online un video di un minuto preceduto dalla sua foto in stile “wanted”: si rendeva noto l’indirizzo di casa di Lopez, il suo contatto e-mail, il numero di telefono privato. Quando la vicenda sembrava essersi chiusa, ecco aprirsi un secondo fronte, quasi fosse una sorta di tela di Penelope destinata a non vedere mai la fine. Questa volta, a finire nel mirino di diversi gruppi lgbt è stata la conferenza “I legami che contano”, tenuta dal docente di letteratura americana alla Reagan Library, quaranta minuti d’auto dal campus universitario di Northridge. Appuntamenti cui gli studenti sono invitati ma non costretti a partecipare. Non appena Lopez ebbe terminato il suo intervento, una studentessa lo denunciava ai superiori della California State University. La giovane era rimasta sconvolta, “in lacrime” per aver udito parole che “avrebbero potuto causare un trauma ai gay e alle lesbiche”».
LA NUOVA ACCUSA. Lopez fu messo sotto indagine, costretto a interrogatori e a presentare prove a sua discolpa onde evitare il licenziamento per «discriminazione». Prove che Lopez ha presentato dimostrando che in quella conferenza nemmeno uno dei relatori aveva parlato di vicende omosessuali. Eppure il 16 ottobre il professore ha ricevuto il rapporto dell’indagine. La cosa assurda è questa: Lopez non è più accusato di «discriminazione», ma di non aver concesso un premio a quella studentessa che lo aveva accusato.
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Non ha mai detto nulla contro le famiglie omogenitoriali? Fandonie. Questo va in giro citando Regnerus e Marks!
Regnerus, che a suon di 700.000$ da un istituto religioso (Witherspoon) ha confezionato una ricerca fasulla senza raccogliere alcun dato ma usando una banca dati commerciale dove ha equiparato carcerati e prostitute a famiglie gay solo perchè avevano avuto almeno un rapporto omosessuale in vita loro (sic!)
Comunicato ufficiale del suo stesso Dipartimento:
“Il dottor Regnerus ha il diritto di effettuare le proprie ricerche e di esprimere il suo punto di vista. In ogni caso, le idee di Regnerus sono personali e non riflettono la posizione del Dipartimento di Sociologia della University of Texas di Austin. Né riflettono la posizione dell’American Sociological Association, la quale afferma che le conclusioni tratte dal suo studio sui genitori omosessuali sono FONDAMENTALMENTE VIZIATE sia dal punto di vista metodologico che intellettuale; afferma inoltre che la ricerca viene citata in modo inappropriato nel tentativo di colpire i diritti civili e le famiglie omogenitoriali.”
Regnerus, ha cercato di presentare il suo “studio” anche per convincere una Corte Federale delle differenze che avrebbe trovato. Risultato? Il giudice gli ha risposto “il suo lavoro non merita alcuna considerazione”.
Così è anche accaduto che due ricercatori capaci si sono detti “ma se rifacessimo lo studio come si deve, con gli stessi dati?”.
Simon Cheng (Università del Connecticut) e Brian Powell (Indiana University), hanno pubblicato sulla stessa rivista in cui Regnerus pubblicò suo studio originale: Social Science Research. Regnerus ha classificato erroneamente un numero significativo di bambini come cresciuti in famiglie omosessuali. Sulla base di una nuova valutazione dei dati, si conclude che le differenze tra bambini cresciuti da genitori dello stesso sesso sposati e genitori di sesso opposto sono minime. Cheng, Simon, and Brian Powell. “Measurement, methods, and divergent patterns: Reassessing the effects of same-sex parents.” Social science research 52 (2015): 615-626.
Queste sono le cose che quest’uomo predica. Mi dispiace se lui ha avuto una famiglia disastrata, ma lo stesso si può dire per quelle delle madri assassine, e di molti altri nuclei familiari in difficoltà. Gli omosessuali non sono nè meglio nè peggio di altri, come emerge da più di 80 studi autorevoli raccolti nel What We Know Blog della prestigiosa Columbia University.
Chi falsa i dati, chi manipola gli studi (come Regnerus, ma pure Sullins, Cameron e Marks, ne ho in abbondanza per ciascuno) devono essere condannati ed espulsi dalla comunità scientifica, che non può accettare di essere inquinata da tali pseudo-studiosi animati da ideologie e rancori personali, millantatori che offendono la scienza con la loro disonestà, mentre la comunità scientifica si basa sulla fiducia e sull’onesta intellettuale dei suoi membri, come requisito fondamentale.
Cara “micheleL”, come stai ?
Non ti si leggeva più da almeno 48h e cominciavo a preoccuparmi seriamente.
Hai avuto un controllo medico ?
Spero che si siano resi conto dello stato in cui versi e non ti abbandonino a te stessa.
Se ti supportassero in qualche modo, potresti persino smettere di molestare con tutti i tuoi nick molesti, ma magari sono contenti che non molesti il personale sanitario !
Cambiare settore, di ricerche e copia e incolla in internet ,ci hai mai pensato ?
Non è che puoi fare ricerche in internet solo sui soliti temi su cui hai raccolto figuracce a non finire: sai su quanti altri argomenti potresti far ricerche su ricerche?
Io ti consiglio temi non trattati da tempi.it ! 🙂
Mannaggia, se tu avessi un centesimo del senso del ridicolo della testardaggine che hai ! 🙂
Se avessi una briciola appena di senso del ridicolo non ritireresti fuori i tuoi 80studi80 che sono stati sbugiardati in lungo e in largo.
Poverina.
Ah, mi raccomando, cara, non rispondermi coi nick trucidi !
Finora, ha funzionato : se te lo chiedo , non lo fai.
In fondo sei una personcina ammodo ! 🙂
Gli studi raccolti sul What We Know Blog della Columbia University, e altri che si trovano in letteratura, non sono mai stati sbugiardati da nessuno.
Quelli che cita Lopez lo sono stati, sbugiardati, e io -al contrario di lei- le prove le ho, le mostro e le ho mostrate.
E’ abominevole come l’ideologia gender riduce le persone le schiavizza a tal punto da non riconoscere più la realtà, poi le lobby usano questi schiavi (vedi la ragazza che piange) per continuare a fomentare la loro menzogna che cercano in tutti i modi di far passare come verità sulla persona.
E’ proprio abominevole
La nazi-lobby arcobaleno le sta provando tutte, e il bello e’ che pensa di cambiare la realtà a suon di RIRO e di minacce varie: e’ la famosa via orwelliana al “Loveislove”, dove tutti sono uguali, ma gli arcobalenati sono un po’ più uguali degli altri, e quindi vantano pretese che altri dovrebbero assecondare senza batter ciglio. Ne parleremo al prossimo RIRO Pride.