L’Indonesia, sempre più estremista, introduce il reato di apostasia

Di Leone Grotti
07 Dicembre 2022
Formalmente laico, il paese con la più grande comunità musulmana del mondo scivola verso l'estremismo. Il nuovo codice penale è allarmante
Una donna viene punita con una serie di frustate in Indonesia per reati contro la moralità pubblica

La svolta conservatrice dell’Indonesia è una pessima notizia per tutto il mondo, ma a farne le spese nel paese saranno innanzitutto le minoranze religiose. Da molti anni lo Stato (formalmente laico), che ospita la comunità musulmana più grande del mondo, voleva sostituire il codice penale di derivazione olandese per affrancarsi, anche dal punto di vista legislativo, dall’epoca del colonialismo. Ma gli emendamenti approvati ieri dal Parlamento rappresentano un duro colpo per la laicità del paese.

Vietati i rapporti sessuali fuori dal matrimonio

L’aspetto su cui tutti i giornali si sono concentrati è ovviamente quello più pruriginoso. Il nuovo codice penale vieta ogni interazione sessuale al di fuori del matrimonio e persino la semplice coabitazione tra persone non sposate.

Se fino ad ora era punito l’adulterio, ogni rapporto sessuale al di fuori del matrimonio sarà ora punito con pene che vanno fino a un anno di carcere, mentre la coabitazione con una persona dell’altro sesso potrà portare a sei mesi di prigione. I parlamentari hanno stabilito che soltanto il coniuge, i genitori o i figli della persona interessata potranno sporgere denuncia.

Aceh a tutta Sharia

Nonostante il viceministro della Giustizia, Edward Omar Sharif Hiariej, abbia garantito che la polizia non perderà tempo a condurre “raid sessuali”, l’intrusione dello Stato nella vita personale degli indonesiani è un segnale preoccupante.

Soprattutto perché le leggi e le disposizioni in materia di moralità pubblica potranno essere inasprite dai governi locali. È il caso dell’amministrazione della provincia di Aceh, dove vige la sharia, e dove due persone di sesso diverso non sposate non possono neanche uscire a mangiare assieme.

Attacco alla libertà di espressione

Le nuove leggi minano anche la libertà di espressione. Attaccare la dignità del presidente o del vicepresidente diventa un reato punibile fino a quattro anni di carcere, insultare il governo ne prevede fino a tre. Sei anni di carcere anche per chi diffonde «fake news», qualunque cosa esse siano, che portino a disordini di piazza. Per manifestare in luogo pubblico, infine, servirà un permesso preventivo.

E ancora, diffondere un’ideologia o una filosofia in contrasto con quella nazionale, “Pancasila”, diventa un reato punito fino a 10 anni di carcere. A essere sanzionata non sarà solo la diffusione di comunismo, marxismo o leninismo, ma (e qui l’articolo dedicato è vaghissimo) di qualunque “ideologia”.

La “Pancasila” comprende i cinque principi formulati dal leader nazionalista indonesiano Sukarno ed esposti per la prima volta nel 1945 davanti alla commissione incaricata di redigere la nuova Costituzione indonesiana. I cinque principi sono: nazionalismo, umanesimo, democrazia, prosperità sociale e fede nell’unico Dio.

L’Indonesia introduce il reato di apostasia

Uno degli aspetti più preoccupanti degli emendamenti al codice penale è quello che riguarda la legge sulla blasfemia, già oggi utilizzata per limitare i diritti dei cristiani e delle minoranze religiose. In base al nuovo articolo 302 del codice penale, chiunque incita all’ostilità, alla violenza o alla discriminazione contro una religione può essere punito fino a cinque anni di carcere.

L’articolo 303 estende la pena anche a chi utilizza internet per esprimere le proprie opinioni “blasfeme”. Il rischio, evidente, è che qualunque critica alla religione venga punita. Inoltre, l’articolo 304 punisce chiunque spinga una persona a cambiare religione «attraverso l’incitamento o le minacce».

Già oggi i cristiani vengono presi di mira ogni qualvolta un musulmano decide di convertirsi. L’introduzione, di fatto, del reato di apostasia non potrà che rendere la situazione ancora più pericolosa per le minoranze.

Cristiani (e non solo) in pericolo

Ogni anno in Indonesia, dove circa il 90 per cento dei 276 milioni di abitanti è di fede musulmana, vengono chiuse decine di chiese sotto la pressione dei gruppi estremisti islamici. Non mancano episodi eclatanti di violenza. L’ultimo grande attentato risale al marzo 2021, quando durante la Domenica delle Palme due kamikaze si lanciarono contro la cattedrale cattolica di Makassar, nell’isola di Sulawesi, ferendo venti fedeli.

Al di là degli attentati, è proprio la progressiva estremizzazione della società a preoccupare le minoranze. Emblematico il caso di Basuki “Ahok” Tjahaja Purnama, cristiano e governatore uscente di Jakarta, condannato nel 2017 a due anni di carcere per false accuse di blasfemia.

Le accuse, mossegli solo perché disse che il Corano non impediva affatto a un musulmano di votare un politico cristiano, gli fecero perdere le elezioni. La nuova legge sulla blasfemia non farà che peggiorare una situazione già molto complicata. Al di là dei dettagli pruriginosi su cui si concentrano i media, gli emendamenti al codice penale confermano che l’Indonesia sta progressivamente perdendo il suo carattere laico per virare verso l’estremismo islamico. E questo rappresenta un pericolo per tutti.

@LeoneGrotti

Foto Ansa

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