La preghiera del mattino
L’isolamento internazionale della Meloni non è più nemmeno una tesi: è una fissazione
Su Formiche Stefano Bonaccini dice: «Come è formulata la legge creerebbe diverse disparità nel Mezzogiorno ed è anche per questo che sulla proposta di Calderoli ci sono diversi problemi anche in maggioranza. La nostra proposta era totalmente diversa, a partire dalla condivisione e dalla centralità che sarebbe stata conferita ai Comuni che invece questa proposta relega a un ruolo di secondo piano. Oltre al fatto che, essendo il diritto allo studio e alla salute imprescindibili, non vanno toccati. Sul versante scolastico, il rischio di “regionalizzare” il sistema è troppo alto. E non sarebbe affatto una prospettiva auspicabile. Siamo pronti a una grande mobilitazione per fermare questa operazione».
Un certo posizionamento di Bonaccini è comprensibile: è in corso una campagna congressuale dentro un Pd completamente allo sbando, con persino “acquisti di pacchetti di tessere” in alcune zone dell’Italia. Lo spazio per una riflessione critica non esiste quasi. Basta considerare come ci si sbarazza del passato (dal jobs act al 41 bis per i terroristi) con uno slogan e un’alzata di spalle. Non so se su questa strada il presidente dell’Emilia-Romagna riuscirà a battere Elly Schlein. E se eventualmente dopo avrà lo spazio per una politica nella forma non propagandistica e nella sostanza non subalterna al rigido conservatorismo di un certo establishment italiano e ad un sistema di articolate influenze internazionali. La realtà comunque è che, nonostante le prediche del costituzionalista Roberto Benigni, ordinamenti fondamentali del nostro Stato sono in crisi, il nostro sistema dell’istruzione è in crisi, anche quella tipica qualità italiana dei nostri Comuni risente di queste crisi. E la via di uscita da questo stato di cose non è quella di ripetere come un mantra una serie di banalità.
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Su Strisciarossa Carlo Feninghi scrive: «In realtà il testo della lettera, firmata dai rappresentanti di Danimarca, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia, Grecia, Malta e Austria, è piuttosto criptico e anche gli obiettivi politici dell’iniziativa non sono proprio chiarissimi. Dopo aver sostenuto che “l’attuale sistema di asilo è rotto e avvantaggia soprattutto i cinici trafficanti di esseri umani che approfittano della sfortuna di donne, uomini e bambini”, la lettera sollecita le istituzioni di Bruxelles a “presentare un approccio europeo completo per tutte le rotte migratorie”. Il riferimento a “tutte” le rotte migratorie, quindi anche quelle del Mediterraneo orientale e la cosiddetta rotta balcanica, sembra essere implicitamente polemico contro l’approccio dell’attuale governo italiano che è volto a chiedere soluzioni europee per fronteggiare le difficoltà create soprattutto dall’immigrazione attraverso il Mediterraneo centrale. Il reclamato nuovo approccio di Bruxelles “dovrebbe mirare ad affrontare i fattori di attrazione (sic) anche attraverso i necessari adeguamenti giuridici e tecnici”. L’attuale politica dell’asilo, insomma, secondo gli otto governi sarebbe un fattore di attrazione e perciò andrebbe inasprita. Non sfuggirà l’analogia affermata tra l’accusa alla (presunta) liberalità della politica europea verso i migranti e quella che la destra italiana rivolge alle Ong di essere, anch’esse, “fattore di attrazione” per gli emigranti che prendono il mare verso l’Europa. Uno stravolgimento della realtà dei fatti sul quale si fonda l’assurda guerra alle navi delle Ong dichiarata dal governo Meloni».
L’antimelonismo è uno sporco e duro lavoro, ma chi lo ha scelto non si risparmia, e così un appello di otto Stati europei a controllare le migrazioni viene presentato come la prova di un grave isolamento di Roma. Boh. Mi viene in mente un mio vecchio e caro amico che spiegava come fosse peggio la fissazione della malattia.
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Su Huffington Post Italia Claudio Paudice scrive: «Stando alle dichiarazioni ufficiali, il viaggio franco-tedesco a Washington per convincere gli Stati Uniti a rivedere il loro vasto piano da 370 miliardi che rischia di far scattare una corsa ai sussidi pubblici tra le due sponde dell’Atlantico è stato, alla fine, un mezzo fiasco. Per l’Italia, esclusa dall’incontro ufficiale tra i rappresentanti dell’economia statunitense e quelli delle due maggiori economie europee – come pure dal vertice tra Scholz, Macron e Zelensky – nemmeno mezzo».
È frenetico, soprattutto tra chi è più esposto a sistemi d’influenza internazionale e nei luoghi dell’eterno potere nazionale che non vuole essere in alcun modo contendibile, l’impegno a sottolineare l’isolamento internazionale di Giorgia Meloni. Certo le mosse di oggi di Emmanuel Macron e Olaf Scholz sembrano ricalcate sui sorrisini di Nicolas Sarkozy e Angela Merkel antiberlusconiani del 2011. Però, come spiega lo stesso Paudice, non ci sono più gli Stati Uniti di Barack Obama e Hillary Clinton decisivi nell’isolare il governo Berlusconi e nel preparare l’operazione libica anti Eni. Il risentimento per il colpo dato al ruolo dell’Unione Europea con il viaggio in solitaria dei ministri economici di Francia e Germania non è solo italiano. La politica di contrasto dell’immigrazione selvaggia non è solo italiana. In Africa e Medio Oriente, Roma è sentita come un punto di riferimento credibile. Volodymyr Zelensky sa di poter contare sulla Meloni ed è ben informato che le manovre per non farlo apparire a Sanremo (che hanno visto anche la straordinaria partecipazione di Carlo Calenda) erano rivolte più contro il presidente del Consiglio in carica che contro di lui. Riflettendo su questi e altri analoghi fatti consiglierei a chi ha scelto la bandiera dell’isolamento internazionale di “Io, sono Giorgia” per dare un colpo mortale al governo in carica, di considerare come chi ripete lo schema “vincente” della guerra “precedente”, solitamente è sconfitto.
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Su Dagospia si riporta dal profilo Facebook di Selvaggia Lucarelli: «Quando mi hanno detto – molto prima che lo dichiarasse – che il monologo Chiara Ferragni se lo sarebbe scritta da sola (cioè col suo manager, che poi è la stessa cosa), ho avuto la conferma di quello che ho sempre pensato di lei: ha un orizzonte emotivo, professionale e culturale che non va oltre le sue ciabatte Gucci. Non conoscendo nulla del mondo, non avendo interessi o curiosità che non siano se stessa e l’immagine di se stessa che arriva agli altri, non è abbastanza modesta e consapevole da comprendere i suoi limiti e i margini di miglioramento».
Non mi capita molto spesso di essere d’accordo con la pur simpatica Lucarelli, in questo caso però lo sono ampiamente. E mi passa per la testa anche un commento (istruttivo sebbene espressione di un’era ormai archeologica, quella dello stalinismo) di Palmiro Togliatti: fuori i pagliacci dal campo di battaglia.
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