Articolo tratto dall’Osservatore romano – Donne e bambini sgozzati o feriti gravemente con armi da taglio e decine di uomini rapiti. È questo il tragico bilancio di quanto accaduto nella notte tra lunedì e martedì nel campo profughi di Rejm Sleibi al confine tra Siria e Iraq. L’attacco è stato sferrato da militanti del cosiddetto stato islamico (Is). I miliziani provenivano dall’Iraq e hanno sorpreso le forze curde che pattugliano la zona vicina al fronte di guerra mentre era buio e imperversava una violenta tempesta di sabbia.
La notizia è stata diffusa da un operatore di «Un ponte per», organizzazione non governativa italiana che opera nella zona, secondo il quale i civili uccisi sarebbero non meno di trentasette. Secondo le fonti, l’attacco è avvenuto alle 2 circa di martedì mattina ed è stato sferrato prima contro un posto di blocco controllato dai curdi e poi contro un centro temporaneo di accoglienza di civili in fuga dalle zone nelle mani dei terroristi dell’Is nelle regioni siriana di Dayr az Zawr e irachena di Anbar.
Prima che arrivassero i rinforzi curdi per contrastare l’attacco, i militanti dell’Is sono riusciti a deportare in Iraq decine di uomini, di cui non si conosce il numero preciso né tantomeno la sorte. Nel corso degli scontri, aggiungono le fonti, sono stati presi di mira i civili, in particolare le donne e i bambini che sono stati attaccati con coltelli e con spade. Attualmente ci sono ancora trenta feriti negli ospedali locali e quindici persone sotto shock. Non si hanno invece dati certi sul numero di miliziani curdi e di jihadisti morti nell’attacco.
La strage si è verificata a ridosso del vertice tra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello turco, Recep Tayyip Erdoğan, che si sono incontrati a Sochi con diversi obiettivi tra i quali quello di stabilire un piano d’azione diplomatico proprio sulla Siria. I due capi di stato si sono detti d’accordo sulla creazione di cosiddette «zone a tensione ridotta», che potrebbero essere quattro, nelle quali dovrà essere evitato ogni scontro tra ribelli e governativi.
L’idea sarebbe partita dai diplomatici russi e inoltrata anche ad Astana, dove è in corso il quarto vertice sulla Siria, per sottoporla alle delegazioni turca e iraniana. La proposta sembra piacere ai negoziatori. L’inviato speciale del segretario generale delle Nazioni Unite per la Siria, Staffan de Mistura, ha parlato di «progressi seri», malgrado i ribelli abbiano abbandonato il tavolo negoziale a causa dei raid aerei governativi nelle zone da essi controllate.
In conferenza stampa, Putin ha precisato che, se la tregua verrà rispettata scrupolosamente, in queste zone cuscinetto saranno anche «vietati i voli aerei». Si tratterebbe quindi di una «no-fly zone» che rappresenterebbe una novità sostanziale. Lo stesso Erdoğan, prima dell’incontro, si era detto «sicuro» che i passi che Russia e Turchia compiranno insieme in futuro «cambieranno il destino di tutta la regione».
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