Fuggito in Kurdistan davanti alla conquista di Mosul da parte dello Stato islamico, padre Najeeb Michaeel ormai lavora da mesi per preservare centinaia di antichi manoscritti e circa 50 mila volumi, digitalizzandoli uno a uno.
CUSTODI DA 265 ANNI. Quando in estate il frate del convento dei domenicani di Mosul, presente in Iraq dal 1750, e i suoi confratelli si sono trovati a dover affrontare la minaccia fondamentalista, non hanno voluto scappare senza prima pensare a come salvare il patrimonio culturale che custodivano da 265 anni. Così, una mattina dello scorso luglio, quando ormai l’Isis aveva occupato la seconda città più importante dell’Iraq, esiliando i cristiani, padre Michaeel ha raccolto circa 1.300 fra manoscritti e libri cristiani, islamici, di musica, grammatica e scientifici, del periodo fra il XIV e il XIX secolo, e li ha caricati su due grossi camion diretti verso una località segreta a Erbil, in Kurdistan. «Siamo riusciti a passare tre checkpoint senza alcun problema», ha raccontato il frate alla National Public Radio: «È la Vergine Maria che ci ha protetto».
«RISCHIO DISTRUZIONE». Provvidenzialmente padre Michaeel, nativo iracheno, aveva studiato negli Stati Uniti fondando nel 1990 un centro per la digitalizzazione di manoscritti orientali, motivo per cui ora può lavorare per salvaguardare il patrimonio culturale. A lui si è unito anche un altro benedettino, Columba Stewart, direttore esecutivo dell’Hill Museum e della Manuscript Library.
Insieme a loro lavora padre Laurent Lemoine, secondo il quale cultura e tradizioni secolari del cristianesimo, che in Iraq risalgono a duemila anni fa, sono importanti da salvare tanto quanto la vita delle persone: «Stiamo cercando di salvare questi manufatti culturali, dato che nel Nord dell’Iraq sembra che tutto sia sulla strada della distruzione: la gente ovviamente, ma anche il nostro patrimonio culturale. I manufatti hanno rischiato di essere distrutti più volte». Sarebbe una vera tragedia per tutti gli abitanti dell’Iraq la scomparsa del «cristianesimo, che sta per essere spazzato via».
«VOGLIO STARE CON LA MIA GENTE». Padre Michaeel ha scelto di rimanere in Iraq per preservare la storia del cristianesimo ma anche per confortare la popolazione: «Credo che sia meglio per me stare con la mia gente, nel mio paese. Voglio stare lì per aiutare le persone, soprattutto i disabili, i senza tetto e le famiglie che sono in difficoltà, non solo con le cose materiali, ma anche per offrire loro il senso, il potere e la fede. Ci sosteniamo l’un l’altro, camminando insieme, cadendo insieme».
In un’intervista all’Istituto ecumenico Collegeville, quando l’Isis non aveva ancora raggiunto il convento, il frate parlò della sua situazione e di quella dei suoi confratelli così: «Prendiamo la Croce, prendiamo la Chiesa e le sosteniamo. Noi soffriamo e moriamo come martiri. La situazione è brutta. Ma noi abbiamo la speranza. Non è molto facile per noi dire che saremo salvi, ma la nostra fede è qui ed è forte».